La scissione parziale asimmetrica non è abuso del diritto
Con la risoluzione n. 98/E del 26 luglio 2017, l’Agenzia delle Entrate ha negato carattere abusivo all’operazione di scissione parziale asimmetrica non proporzionale seguita dalla cessione di beni ai soli soci che riceveranno partecipazioni nella società scissa.
Dopo aver ricordato i presupposti affinché un’operazione possa essere considerata abusiva, l’Agenzia delle Entrate afferma che, dal punto di vista delle imposte dirette, la fattispecie in argomento appare una scelta coerente con la disciplina dell’assegnazione agevolata dei beni ai soci e non finalizzata ad aggirare alcun principio dell’ordinamento né ad ottenere indebiti vantaggi fiscali.
D’altronde, la possibilità di assegnare beni soltanto ad alcuni soci, anziché alla totalità degli stessi, è stata prevista dalla circolare n. 26/E del 1° luglio 2016, in cui l’Agenzia aveva già precisato che “non costituisce causa ostativa l’attribuzione di beni agevolabili solo a taluni soci anziché alla generalità degli stessi”.
Pertanto, considerato che la scissione risponde alla necessità di riorganizzare l’assetto societario per concedere solo ai soli che resteranno nella società scissa di procedere all’assegnazione agevolata degli immobili, la scelta non appare in contrasto con la disciplina dell’abuso del diritto dettata dall’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2002) non avendo quale motivazione quella di sviare ratio di norme o principi dell’ordinamento.
Per quanto riguarda l’imposta di registro, l’Agenzia, non formulando alcuna osservazione, conferma implicitamente che l’operazione di scissione parziale asimmetrica non proporzionale non deve essere valutata sulla base dei principi dettati dall’articolo 10-bis dello Statuto, bensì sulla base dei criteri interpretativi forniti dall’articolo 20, Dpr 131/1986.
In definitiva, dunque, l’operazione in esame, in ordine alla possibile riqualificazione ai sensi dell’articolo 20, Dpr 131/1986, non presenta alcun aspetto di criticità, posto che l’operazione di scissione è espressamente disciplinata, nell’ambito dell’imposta di registro (articolo 4, lettera b, tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986) ed è assoggettata all’imposta nella misura fissa di 200 euro.