Fuorisalone 2018: Bellezza, Armonia, Poesia, Ironia a Milano
Che giornate! Stiamo parlando di quelle che Milano dedica al Salone del Mobile. Una gara senza esclusione di colpi di creatività, che vede impegnati, grazie alla passione che domina incontrastata, tutti coloro che a vario titolo sono presenti, dagli imprenditori, ai creativi, agli studenti, dagli studiosi ai visitatori stessi che non si risparmiano certo.
Fuorisalone 2018: i protagonisti
Protagonisti nel mondo del design qui hanno trovato sicuro rifugio una volta cacciati, in gran parte, dal mondo dell’arte contemporanea internazionale che si bea di volgarità, atrocità di ogni genere, sadismo e masochismo, fatti e immagini del più banale dei TG, che si susseguono in una continua atroce galleria degli orrori, un quotidiano che supera ogni e qualsivoglia “provocazione” del mondo dell’arte.. e planiamo serenamente nel mondo del design, dove lo spirito si ricrea.
Una costellazione di vernissage esclusivi e molto chic, ma anche girando liberamente, si è comunque circondati da armonia, bellezza e udite udite anche sense of humor, come ha dimostrato IDEA la mostra curata da Niklas Jacob da Superstudio, via Tortona.
A Brera Palazzo Cusani, che si scopre essere la sede del Comando Militare “Lombardia”, aperta eccezionalmente al pubblico, accoglie Dreaming Oasis di Lorena Tassetto, proseguendo si “inciampa’ nel luminoso spazio, è il caso di dirlo, di Foscarini o nei diversi spazi firmati Listone GIordano con installazioni in più punti della Città, come Milano Contract District con Marc Sadler, un tessuto a vista in preziosa fibra di betulla, da non perdere.
Cosi come sono da aggiungere al “pacchetto” Fuori Salone le installazioni alla Statale, la Regione Puglia e l’Umbria, e poco più il là Elica che segna lo spazio all’esterno con una possente installazione piramidale specchiante.
Fuorisalone 2018: grandi nomi e scouting si alternano in un rutilante stupefacente continuum
Milano diventa bellissima. E il bello è ormai scientificamente dimostrato fa bene alla salute, come ha ribadito il prof. Flavio Lirussi medico e docente all’Università di Padova ai recenti focus su questo tema, durante Artour-O il MUST a Firenze.
Non occorre comunque disturbare il mondo della scienza per rendersi conto della veridicità di questa riflessione. Per testarla è sufficiente infatti constatare la reazione che suscita in noi la violenza tanto più se usata ed esibita come strumento per fare arte, o banalmente il brutale o il brutto, il disarmonico, inteso quest’ultimo nel senso più radicale del termine.
Tutto in nome del sensazionalismo, scorciatoia per l’attenzione mediatica, abusato e battuto quotidianamente dai fatti della vita. È cosa ovvia che le reazioni di ciascuno si modulano proporzionalmente su ciò che vediamo. Una scena di violenza arriva a colpirci come un urto allo stomaco, al contrario un bel tramonto o il loggiato del Bernini a San Pietro o la Vergine delle Rocce ci accarezzano l’anima e le nostre amate endorfine si mettono a vorticare pazze di gioia. A meno di non essere amante dei riti tribali di iniziazione delle tribù, che sono rientrati in modo ufficiale grazie ai piercing e ai tatuaggi esagerati, mi è estraneo qualcuno che dipinga con il proprio sangue, ma il discorso si farebbe lungo.
Sta di fatto che la bellezza nell’arte, nonostante le mode seguano onde diverse, gode di ottima salute, è viva e vitale, se pure a partire dalla metà dell’Ottocento si sia fatto strada il concetto di rendere vani i parametri dell’arte classica. La diatriba è aperta e le risposte confuse.
Bellezza e Armonia si sono rifugiate intanto da anni, nel mondo del disegn, dove dall’umile cavatappi, alle saliere, Benvenuto Cellini ci guarda, alle specchiere, passando per tutto ciò che è funzionale alla necessità di un’abitazione, ambiscono ad essere espressioni di bellezza, come i sanitari di Agape in via Statuto o i parquet di Patrizia Urquiola o Marc Sadler per Listone Giordano.
Così torniamo a Milano, dove la fantasia si scatena dalle cucine ai pavimenti agli elementi di arredo e ci si sorprende a pensare a Gian Battista Marino che ci ritroviamo accanto a sussurrare:
-del-poeta-il-fin-la-meravigliachi-chi non-sa-far-stupir-vada-alla-striglia.
Seguendo i totem che scandiscono i luoghi del FuoriSalone, un anfitrione invisibile ci fa strada in un tourbillon di idee, di prototipi, di progetti audaci, da firme e forme da Mangiarotti a Cucinelli, Giò Ponti, Marco Bay, Osanna Visconti e Cristina Celestino su “Rinascimento artigianale”, e innumerevoli presenze con aziende come Effegibi, Gypsum, Tonnucci, An.Trax, SieMatic Monte Santo, la Torre delle Terre di Matteo Brioni, E-Stra, la Triennale con Light Son e Pieces of Venice, Fantin Amulets Ceramiche Refin, Tavoli T Table, ancora Fontanot, Dice – il nuovo sistema IOT di Marco Acerbi. Impossibile anche solo citarne i nomi.
Il mio consiglio? Lasciarsi andare e seguire l’onda essendo consapevoli di cavalcarne quantomeno una.
Lascio all’immaginazione cosa possa essere il Salone del Mobile a Rho, generatore negli anni di Fuori Salone.