The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains

The Pink Floyd Exhibition è la strabiliante mostra in corso al Museo MACRO di Roma, inaugurata lo scorso 19 gennaio e aperta fino al 1 luglio. Il MACRO ha avuto l’esclusiva di ospitare in Italia l’esposizione allestita da maggio a ottobre del 2017 al Victoria and Albert Museum di Londra.
La mostra nasce dall’idea di Storm Thorgerson, amico dei Pink Floyd e collaboratore di una vita, poi sviluppata e curata dal direttore creativo dei Pink Floyd Aubrey “Po” Powell (della partnership di design Hipgnosis), da Paula Webb Stainton, che ha lavorato a stretto contatto con i membri dei Pink Floyd tra cui Nick Mason (consulente della mostra per conto dei Pink Floyd), con la collaborazione ulteriore di Victoria Broackes, curatrice del Victoria and Albert Museum di Londra.
L’esposizione è un percorso in ordine cronologico nella storia di una delle band che ha segnato di più la scena musicale e culturale dagli anni ’70 in poi. È difficile pensare a qualcuno che oggi non conosca Another Brick in the Wall o che non abbia mai visto il prisma di The Dark Side of the Moon. Il mondo dei Pink Floyd merita una mostra semplicemente per il fatto che con loro non parliamo più solo di musica, ma di genesi di una simbologia che è attuale e alla quale siamo più o meno consciamente legati.
La mostra inizia dagli anni Sessanta, per l’esattezza dal 1965 ed inizia con dei ragazzi che si incontrano al Politecnico di Regent Street di Londra. Sono Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright. A loro si aggiunge ben presto un quarto elemento, Syd Barrett, prima voce e possiamo dire anche prima anima dei Pink Floyd. A Syd e alle sue influenze blues si deve il nome della band: due musicisti blues infatti, Pink Anderson e Floyd Council, sono all’origine del nome che Syd Barrett inventò per la band. The Piper at the Gates of Dawn è l’album di debutto del 1967.
Nel 1968 Syd Barrett abbandona il gruppo per via del suo stato mentale compromesso dal pesante uso di droghe, che lo hanno condotto a stati di alienazione e all’incapacità di tenere il passo con gli impegni live della band e con i ritmi stressanti. Al suo posto entra nella formazione l’amico David Gilmour. Da questo momento iniziano anni di fervida collaborazione a tre tra Roger Waters, David Gilmour e Richard Wright sia per quanto riguarda la voce solista che la composizione.
Del 1971 è l’album Meddle, contenente One of these Days e Echoes. Del 1972 è il Live a Pompei, un film concerto, diretto da Adrian Maben e pensato come film-concerto in chiave “Anti-Woodstock”. La cornice è quella dell’anfiteatro romano di Pompei, nella totale assenza di pubblico; l’idea era quella di far risuonare quell’assenza della stessa forza emotiva, di cui erano capaci le migliaia di persone di Woodstock. La suit Echoes è stata rimontata in due parti per aprire e chiudere il film.
Ma è il 1973 l’anno che rappresenta per i Pink Floyd il momento in cui essi ottengono la consacrazione come una delle band più di successo al mondo, uscendo dai confini britannici. Il 1973 è l’anno di The Dark side of the Moon, con la celeberrima copertina, ideata da Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis, raffigurante su sfondo nero un prisma colpito da un raggio di luce bianca, che si scompone nello spettro visibile della radiazione elettromagnetica. The Dark Side of the Moon contiene alcuni dei brani più conosciuti dei Pink Floyd quali Breathe, Money, Time e The Great Gig in the Sky. Si tratta di un album che è espressione di una molteplicità di temi, dalla follia all’isolamento, dalla tristezza all’alienazione.
La mostra ripercorre anno per anno la genesi dei brani più famosi, l’uscita degli album e le tappe dei tour che ne seguirono, tutto ciò attraverso video storici o video-interviste dei membri della band o di amici, collaboratori, grafici e creativi; l’insieme del materiale video e audio a disposizione del pubblico è utile per capire qualcosa in più della nascita di brani o album di successo. I Pink Floyd sono stati una band interessata alle innovazioni tecnologiche, sempre pronta alle sperimentazioni sonore; furono tra le prime band ad utilizzare i sintetizzatori EMS. Una sala della mostra è interamente dedicata ad approfondire gli strumenti e le tecnologie utilizzate per ottenere effetti sonori innovativi ed originali.
Nel 1975 è la volta di un’altra pietra miliare nella carriera dei Pink Floyd e nella storia della musica. Il brano Wish you were here nasce dalla perfetta collaborazione di David Gilmour e Roger Waters, come essi stessi spiegano in un’intervista congiunta. Un testo che ha come bersaglio critico il mondo dell’industria musicale e la sua natura a tratti crudele fatta di avidità, ambizione, successo e alienazione. Shine On You Crazy Diamond invece è un omaggio a Syd Barrett, che proprio durante le registrazioni aveva sorpreso la band negli studi di Abbey Road; irriconoscibile nell’aspetto, obeso, calvo e senza sopracciglia, fu riconosciuto a stento da David Gilmour. Dopo un pranzo insieme, scomparve così come era arrivato e non fu più mai visto dalla band. La famosa copertina è un’immagine della transitorietà tanto del mondo della musica, quanto della vita in generale: un uomo che prende fuoco mentre conclude un affare.
La mostra continua con una sala che si apre, vasta, lasciando esterrefatti. È la sala che annuncia due album importanti: Animals (1977) e The Wall (1979). Il tour di The Wall nel 1980-1981 fu uno spettacolo teatrale a tutti gli effetti, con giganteschi burattini e animazioni dell’artista Gerald Scarfe, oltre ad un muro che svettava sul palco e che veniva gradualmente distrutto e ricostruito durante la performance. La mostra consente di rivivere la scenografia e l’ambientazione del tour innanzitutto grazie alla parete che ripropone il famoso muro, che è anche la copertina dell’album The Wall. L’immagine di un muro che si erge tra la band e il pubblico è alla base dell’album. L’alienazione è simboleggiata dal muro che separa l’artista e il pubblico, e in generale da ogni muro che si alza laddove esistono delle barriere. Le fasi finali della registrazione di The Wall furono segnate dall’abbandono di Richard Wright, che tornò a suonare solo come turnista stipendiato.
Nella stessa sala possiamo vedere appeso al soffitto un gigantesco maiale gonfiabile. I Pink Floyd utilizzarono gli elementi gonfiabili durante i loro spettacoli e per le loro trovate pubblicitarie. Il Tour Animals vide l’impiego scenografico di animali gonfiabili, ideati dal duo creativo Mark Fisher e Jonathan Park, come il gigantesco maiale volante usato per promuovere l’album. Animals, The Wall e The Final Cut (1983) formano una trilogia, perché sono album i cui testi sono aspramente orientati ad una polemica politica contro il capitalismo e i dettami di una società conservatrice. L’immagine di questa invettiva è la foto del gigantesco maiale volante, che svetta tra le torri della Battersea Power Station, una centrale elettrica a carbone di Londra, un simbolo dell’industria britannica costruita negli anni ’30.
The final cut è anche un album di critica alla guerra e alla politica militare dei leader del mondo inclusi Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Si tratta dell’album che accoglie le canzoni più politiche e personali di Roger Waters; è infatti l’album che rappresenta il culmine dell’era Waters e che ne segna al tempo stesso la fine. Nel 1985 Waters infatti annuncia la sua separazione dai Pink Floyd.
I concerti della band in tutto il mondo diventarono delle vere e proprie sfide in termini di logistica e strumentazioni, soprattutto richiedendo una vera e propria équipe di professionisti ed esperti che comprendeva scenografi, registi, ingegneri, specialisti delle luci, grafici, fotografi, architetti e tecnici. La mostra ha il merito di mettere in luce la grandezza, così come la difficoltà e quindi la straordinarietà, delle performance che i Pink Floyd riuscivano a realizzare nei loro tour.
La penultima sala della mostra ospita le gigantesche teste di The Division Bell, l’album del 1994, a testimonianza della particolarità ma anche del carattere avveniristico delle esibizioni della band. The Division Bell è l’album del 1994 a cura di David Gilmour, Richard Wright, rientrato nella band l’anno precedente, e Nick Mason. È un album che segna la storia della band ed è l’ultimo album che verrà registrato in studio da lì ai successivi 20 anni.
L’ultima sala accoglie un video del 2 luglio 2005, in occasione del Live8 di Londra, un concerto a favore della campagna di alleggerimento del debito delle nazioni in via di sviluppo. Il video mostra Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright nella performance di Comfortably Numb, per la prima volta riuniti insieme su un palco dopo 24 anni, mettendo da parte i dissidi e i diverbi interni per una giusta causa.
La mostra è a dir poco strabiliante, è un percorso dalle origini al successo fino alla conclusione di una delle esperienze musicali più importanti di sempre. Un gruppo che ha segnato la storia della musica dai primi album all’insegna della psichedelia barrettiana al rock e alla critica politica, fino alla chiave intimistica degli ultimi album. C’è una vera e proprio simbologia dietro la storia dei Pink Floyd, c’è la storia di noi tutti. È una mostra non destinata esclusivamente ai grandi appassionati e ai fan. È una mostra aperta a tutti, perché c’è qualcosa che appartiene a ciascuno di noi.
Un sentito ringraziamento a chi ha permesso questa esposizione e al MACRO.
The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains
19 gennaio > 1 Luglio 2018
MACRO, Via Nizza 138
Biglietti
Intero € 18,00; ridotto € 16,00; studenti € 14,00
Orari
Dal lunedì alla domenica dalle 9.00 alle 21.00
L’ingresso è consentito fino alle ore 19.00
www.museomacro.it