Interruzione dei pregiudizi
Conversazione tra soggetti di età media, classica chiacchiera da bar o da cena in cui il numero delle persone è alquanto elevato, dunque risulta necessario mettersi in mostra in una qualche maniera, per non rischiare di finire schiacciati dalla massa. Una persona comincia chiedendo magari quale sia l’ultimo film visto (o l’ultimo libro letto o la nuova serie TV uscita su Netflix: insomma, ognuno scelga la sua versione) e se per caso ci scappa il titolo sbagliato, nominato da Tizio o Caio… si scatena il pandemonio.
Questo perché? I motivi potrebbero essere molteplici, ma ce n’è uno che spicca di più sugli altri e rimane il prepotente per eccellenza: siamo circondati dai pregiudizi, e non solo. Perché siamo anche tremendamente saccenti (o almeno, ci riteniamo tali) su una categoria sempre più ampia di argomenti e soprattutto non siamo più in grado di accettare i gusti degli altri. Li schieniamo come la peste, perché disallineati con i nostri per la loro semplicità o al contrario per la loro complessità.
Ostacolo in cui si inciampa facilmente, in quanto rientra in quegli atteggiamenti che stanno diventando la normalità: il rischio è grosso, ed è principalmente quello di perdersi determinati prodotti (soprattutto quando si parla di cultura generale) e anche di non essere più in grado di sostenere un confronto di idee, dalle quali si può spesso solo imparare.
Sulla Rai ad esempio ci sono tanti, tantissimi, troppi pregiudizi: qualcuno ricercato dalla rete stessa, altri altamente gratuiti. Come spesso accade, risulta necessario distinguere caso per caso: come si parla di Fiction Rai e dunque Montalbano, Don Matteo e chi più ne ha più ne metta, tanto anche si dice su altri programmi di intrattenimento.
Completamente diverso è invece il discorso legato ad alcuni film, di produzione RAI, che con il loro scopo divulgativo ed educativo, spesso riescono nel loro intento. Prendi per esempio un docufilm che racconta la storia e le azioni di un personaggio come Rocco Chinnici: si parla di un uomo, il quale entrò a fare parte della magistratura italiana nel 1952 e nel 1966 divenne giudice istruttore presso l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo.
La sua storia è nota ai più, in quanto fu lui il vero ideatore del pool antimafia, che vide coinvolti come suoi amici e collaboratori attivi Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
Rappresentare un personaggio del genere, quando di solito la storia del cinema e della tv italiana ha dato spesso più spazio a rappresentazioni incentrate sulle figure di Falcone e Borsellino, non era una missione semplice: prima di tutto, perché parlare di mafia in Italia è come riaprire una ferita che concretamente non si è mai chiusa, che si evolve ogni giorno e ci rende un Paese sempre più incline alle menzogne e ai sotterfugi. In secondo luogo, perché bisogna dare una forte credibilità ad un uomo come Chinnici attraverso lo schermo, cercando di farcelo conoscere in maniera intima, come padre e marito e come eroe del nostro Paese.
La scelta è ricaduta su Sergio Castellitto, attore/regista/produttore, che si è messo alla prova in una rappresentazione di questo tipo, riuscendo a dare un quadro completo di quello che era il personaggio, le sue azioni, il suo coraggio. “È così lieve il tuo bacio sulla fronte”, andato in onda su RAI 1 il 23 gennaio, è liberamente ispirato all’omonimo romanzo scritto dalla figlia primogenita di Rocco Chinnici, Caterina: interpretata da Cristiana dell’Anna (conosciuta attraverso il personaggio di Patrizia, nella serie tv Gomorra), che racconta del rapporto creatosi nel tempo con il padre, del legame profondo che si instaurò tra i due, partendo da “quel lieve bacio sulla fronte che ogni mattina mi dava, e che continuò a darmi anche da adulta, che rappresenta uno dei miei ricordi più belli”.
Di fronte ad una storia, raccontata tramite dialoghi di una vera realtà che ancora oggi ci rappresenta, attraverso un attore come Castellitto, i pregiudizi cadono giù per terra come sassi pesanti: ed è a quel punto che (forse) ci si rende conto che questi ultimi spesso siano più pesanti dei massi stessi, che concretamente rappresentino un peso gratuito che ci portiamo nella testa e che ci siamo infilati da soli.
Rebecca Cauda