La visita dallo psicologo? Forse basta un pagliaccio
Basta un poco di trucco e lo spavento è garantito: sarà per l’arrivo di Halloween o per la nebbia che avvolge il Nord Italia che fa tanto Silent Hill, ma sta di fatto che i pagliacci sono tornati.
Forse però sarebbe più corretto dire che questi ambigui personaggi concretamente non se ne sono mai andati: storicamente i clown hanno sempre rappresentato una sorta di divertimento per grandi e piccini, perché insieme goffi e buffi. Ma non è affatto così: potete girarla come vi pare e vi aggrada, ma quel trucco bianco come la cera di una candela che scopre e mette in risalto una bocca rossa come il sangue, è INQUIETANTE.
Punto e a capo, non c’è molto altro da commentare. Però poi ci sono quei personaggi che sono andati oltre e con il loro genio sono riusciti ad andare in profondità: con il suo genio e la sua ossessione/amore per quello che riguarda la natura umana CATTIVA, Stephen King ha scritto anni fa uno dei suoi romanzi più famosi, più letti e principalmente così attuali ancora oggi anche se ormai sono passati anni dalla sua prima pubblicazione. Stiamo parlando di “IT”: e definirlo un libro, una storia, vuol dire limitarlo e parecchio, perché qui si sta parlando di un vero e proprio manuale di psicologia.
Sette ragazzini, una piccola cittadina, un cattivo. Questo lo sfondo, che già di per se stesso basterebbe: ma l’abilità di uno scrittore, come King è e sempre sarà, diventa quella di trasformare quello sfondo in qualcosa di così variopinto e sfaccettato che (forse) risulta chiaro solo quando si portano a termine le 1300 pagine scritte con tanta passione.
Le paure, queste sconosciute? Al contrario, sono le nostre peggiori amiche: ognuno di noi le ha, che si abbiano 7/13/30/50 anni, si hanno, si provano, si testano, si odiano. Come Beverly dai capelli di fuoco che teme e si imbarazza all’arrivo del suo primo ciclo, come Ben che non vuole rinunciare al suo amato felpone, nonostante le temperature tropicali estive di Derry, per evitare che si vedano i rotoli della sua pancia o come tutte quelle persone che nonostante l’età adulta, hanno paura di esporsi esprimendo la propria opinione.
Ed è proprio di queste che si parla nel libro e di come prendano forma attraverso questa creatura che è davvero mostruosa, e raggiunge picchi di terrore così elevati proprio perché è mutante. Non ha una sua fisicità ben definita, ma cambia continuamente a seconda dei personaggi che incontra. Spesso non ha nemmeno una sua solidità, come nel caso di Beverly: per lei è una marea di sangue che sgorga dal lavandino del bagno e che può vedere solo lei insieme ai suoi amici. Il suo papà non può vedere questo abominio, ma questo perché per lui la figlia non potrà mai crescere, non deve crescere, quella è la sua paura quindi non potrà mai maturare da un punto di vista sessuale, nella sua mente di padre violento e apprensivo dovrà rimanere per sempre una bambina, senza forme e impulsi sessuali.
Quindi cosa fa di preciso Pennywise? Cosa ha fatto concretamente Stephen King con questo romanzo? Ci ha curati. Ebbene sì, perché ciascuno dei suoi protagonisti alla fine di questo tomo sono in grado di affrontare ciascuno i propri timori, anzi lui/lei li ha costretti ad prenderli di petto, a trovarseli davanti davvero e a poterli toccare con mano: questo susciterebbe in ogni individuo (come succede al Club dei Perdenti) una sensazione di schifo, di ribrezzo, di odio, di paura che ti scioglie le viscere e ti fa sudare freddo, ma che alla fine ti fa vincere su di esse. Quello che nella nostra vita reale potrebbe fare chi? Uno psicologo? Forse. Uno psichiatra? Magari. Un libro? Molto probabile, proprio perché si segue con passione le avventure o disavventure per meglio dire di questi dodicenni uno più particolare dell’altro, li si invidia perché loro hanno vinto contro IT, quindi hanno decretato il loro successo nei confronti delle paure.
Un romanzo che torna al cinema in una nuova versione, restaurata e nuovissima, forse più convincente della miniserie per la tv uscita negli anni ’90: quello che resta fermo e costante, oltre alla già citata e affermata bravura di Stephen King, è che questo libro dovrà essere letto e riletto in più momenti della vita di ciascuno di noi, magari proprio in quei momenti in cui le paure che avvolgono la nostra vita sembrano prendere il sopravvento sulla nostra persona.
Rebecca Cauda