FONDAZIONE GULBENKIAN | Cultura e Bellezza immerse nel verde

Se non fosse per il parco, che ha qualcosa di speciale, penserei d’essere al museo Lia, o addirittura al museo archeologico di Cuba, che ho ancora negli occhi per la ricchezza, o a Populonia.
No, sono a Lisbona, e precisamente al Museo della magnifica Fondazione Gulbenkian. Vedendo anche qui la profusione di reperti archeologici mi sorge spontanea una domanda… Ma quanto hanno prodotto i nostri avi? Le loro ” tracce” di incommensurabile bellezza non possono che essere comunque la punta di un iceberg rispetto al reale per le ovvie calamità, naturali o meno.
Come possono essere così numerose da riempire musei e fondazioni in tutto il mondo. Per non parlar poi dei fondi che in certi musei ho visto stracolmi di cassette della frutta accatastate, piene di ogni meraviglia. La popolazione che si dedicava a realizzarli era sicuramente una minoranza. Data l’abbondanza non riesco a capire… e se invece fosse stato un modo, volenti o nolenti, di vivere? Voglio dire, un fare comune considerato allora normalissimo.
Solo con una diffusione dei saperi molto ampia è forse spiegabile il fenomeno che è sotto gli occhi di tutti. Spero che qualcuno raccolga il mio spunto e possa aiutarmi ad approfondire il tema. Anche qui alla Fondazione sono esposti reperti assiri egizi etruschi cinesi giapponesi romani ottomani, notevoli per numero appunto, stato di conservazione e qualità.
Una volta di più faccio il pieno di bellezza e in questo caso lo devo al signor Calouste Gulbenkian, originario di Istanbul, londinese come studi, e molto grato a Lisbona che lo accolse 1942, salvandolo dagli orrori della guerra e permettendogli di sviluppare il suo impero.
Mi ha colpito il percorso mentale molto simile tra Calouste Gulbenkian e Amedeo Lia. Entrambi giunti al culmine di una vita ricca di soddisfazioni, durante la quale avevano raccolto testimonianze più o meno di tutte le civiltà conosciute, decisero che il frutto delle loro passioni fosse “a godimento delle genti”, come ci insegna l’eccelsa Elettrice Palatina Maria Luisa de’ Medici che salvò i tesori di Firenze. Entrambi erano molto colti ed appassionati e tennero sempre sotto controllo diretto le loro collezioni. Il percorso che qui vedo ripercorre è lo stesso del Museo Lia, dall’archeologia al Liberty. Si sarebbero capiti molto…
Per raggiungere il museo si deve Attraversare il parco, che è lo scrigno verde che circonda l’edificio e che è parte integrante della fondazione che coniuga arte e natura, le due grandi passioni di “Mister 5%” ( sulle estrazioni di petrolio a livello mondiale).
Il progetto del complesso che recentemente si è arricchito del Museo d’Arte Moderna, prevedeva anche l’Auditorium, oltre al Museo. Anche qui una serie di reperti archeologici sublimi, a cominciare da una statuette egizia di un colore tra il lapislazzulo e il turchese.
Questo non è che l’inizio di una passeggiata straordinaria tra le pagine di questo tomo di storia dell’arte che copre un arco di circa 5.000 anni : dall’archeologia appunto a Vittore Carpaccio, Francesco Guardi, Canaletto, William Turner, Édouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Claude Monet, John Singer Sargent, Rubens, Rembrandt Manet su su .fino al Liberty e Henry Moore. Il gusto di questo signore era raffinatissimo. Armonia, bellezza ed equilibrio sono elementi costantemente presenti… forse oggi farebbe fatica a trovare opere rispondenti a questa sua profonda esigenza.
La struttura si deve ai vincitori del concorso, siamo nel 1960, che vantò una giuria internazionale, tra cui l’arch. Franco Albini: vinse la terna composta da Alberto Pessoa, Pedro Cid e Rui d’Athouguia. Disposta su un solo piano per un’estensione 25.000 metri quadri, si ispira per certi versi a Frank Lloyd Wright e Mies Van de Rohe, ma é vissuta in piena autonomia.
All’interno del parco “Santa Gertrude” a Nord della Città i tre i volumi principali: Uffici e sede della fondazione, Museo e biblioteca annessa, e Auditorium, e il parco che richiese un progetto a parte, si deve a Goncalo Ribeiro Telles e Antonio Facco Viana Barreto e fu inaugurato ai primi anni sessanta.
Quest’ultimo, con i suoi 87.000 mq, è parte integrante e fondamentale dell’intero progetto, e offre una ricchezza e eterogeneità di elementi naturali, colori, profumi, specie animali. È stata posta estrema attenzione al dialogo tra l’interno, caldo e accogliente che nonostante la grandezza è a misura d’uomo, e l’esterno, e gli scorci che si aprono regalano davvero momenti di gioia.
Contrappunto rispettato, dieci anni dopo l’apertura del complesso Gulbenkian, dal Centro Artistico e Culturale, il CAM progettato e costruito tra il 1977 e il 1983 da Goncalo Ribeiro Telles e Antonio Facco Viana Barreto che prese corpo per dare spazio ad artisti portoghesi e internazionalizzare il discorso di diverse generazioni : Almanda Negreiros e Jorge Barradas, Joao Abel Manta, infine Artur Rosa, Manuela Jorge e Vitor Fortes, giovani emergenti.
A corollario della bellissima esperienza la fitta attività della Fondazione attenta alla musica, ai laboratori e ai bambini. Le mostre collaterali vivificano ulteriormente la collezione e last but not least un magnifico punto ristoro, all’altezza della situazione, che vale molto di più di tutti i luoghi mangerecci che stanno all’esterno.
Insomma un pianeta di arte e natura, unite dalla bellezza. Praticamente il massimo.