NEXT DOMINUS PROFILI | Giorgio Faletti a tutto tondo

Giorgio Faletti era la voglia di ridere, l’intelligenza, ma anche il dispetto, la malinconia, la presa in giro per sé, per gli altri, la fantasia, la curiosità, e le mani, bellissime, che sapevano muoversi sulla tastiera, tuffarsi nei barattoli di colore, posarsi sulla tela con abilità consumata.
Chi gli aveva insegnato pittura? Come faceva a saper equilibrare toni colori composizione, creare quei fondini particolari tanto da arrivare a quell’armonia che appartiene alla musica, lui con una laurea in legge.
«Parcheggi in piazza Alfieri, le vengo incontro sul corso». E sì, è proprio lui sotto un berrettino da marinaio. In studio il tuffo nei collages in bianco e nero, che sembrano scaturire da una sorgente, incantata… uno dopo l’altro emergevano i lavori che – diceva – gli davano la carica per scrivere.

«Questi li ho fatti a NY», sembrano musica dico io , «bene allora li chiamiamo NY Symphonies».




Perfetto. E di li è iniziata una storia incredibile. Giorgio con intelligenza e umiltà impensabili, due aspetti che vanno sempre di pari passo, è entrato ufficialmente nel mondo dei colori, ma così, a passi lievi. My Secret Life di Massimo Cotto a cui partecipa quasi per scherzo, Tea for three al Castello di Montaldo con Giua e Daniele Statera, poi approda ad ARTOUR-O il MUST a Firenze nel 2O1O, l’incontro con il conte Giuseppe Panza di Biumo che narrava la sua affascinante storia, l’approvazione dei suoi ‘colleghi’ prima di tutto e poi via via, uno dopo l’altro, dei personaggi di questo nostro mondo strano ed affascinante.
La prima volta a Firenze, ne seguiranno altre, con sua moglie Roberta, presentissima nonostante la sua professione come designer, è letteralmente circondato dai ragazzi che lui affascinava come sapeva affascinare il suo folto ed eterogeneo pubblico, con la stessa facilità con cui catturò per tre ore filate nell’Aula Magna di Architettura a Genova la platea degli studenti ipnotizzati dalla sua lezione di vita. Così il pubblico tra lo stupito e l’ammirato all’Ex Chiesa Evangelica ad Alassio per la prima grande mostra, presentata in contemporanea anche a Genova al Ducale, in occasione del suo compleanno e nacque la tradizione di festeggiarlo in questo modo il 25 novembre.

Alias, i titoli li sceglieva rigorosamente tutti lui e tutti erano azzeccatissimi.
La professionalità sprizzava da tutti i pori, la cura del dettaglio, la perenne insoddisfazione, un pezzo non poteva certo essere mai finito, «Picasso docet…» e la sua paura di non essere mai abbastanza bravo, di non essere all’altezza… e intanto preparava quei bassorilievi straordinari, un’intuizione magica che ha riportato in auge una tecnica storica dai nobili natali, che ha saputo rivitalizzare grazie a montagne di giocattoli di plastica che rastrellava in certi negozietti.

E i libri! Quando tutto sembrava filare sulle ali del vento veniva periodicamente risucchiato dal vortice impetuoso della scrittura che lo metteva sottotorchio, sottochiave addirittura e Faletti scompariva… Inghiottito. Ma doveva “ricaricare” le batterie, per questo tornava sempre tra i colori. Mi sembra di sentirlo, chiede sincerità: «Il mio più caro amico mi ha detto che se son anche bravo a dipingere è la volta che mi strozza».
Luca Beatrice lo vorrebbe al Circolo dei Lettori, le gallerie lo invitano, non c’è il tempo… c’è NY, il giro del mondo, l’appuntamento con ARTOUR-O, a Firenze, a Londra, sempre amato, e quello con il suo compleanno che voleva festeggiare sempre con una sua mostra, a Genova, o in altre città, Roma, Torino, Bologna, Londra, Montecarlo da Luisella Berrino e poi Venezia… E la storia continua, con il Premio Faletti, ad Asti, per il suo compleanno.