Andrea Margaritelli, una storia italiana | arte e impresa

«Ci si vive non ci si va». Così Andrea Margaritelli risponde alla mia curiosità di sapere a quando risaliva il suo battesimo nell’azienda di famiglia.
Colto, elegante, attento, consapevole, sensibile, ma anche solido, il sorriso disarmante, possiede il dono della puntualità, la virtù dei re, mi viene incontro all’uscita della superstrada. È quasi buio, ma alla fine del lungo viale d’accesso, perla del variegato “mondo Margaritelli “, si staglia villa Spinola, splendida sede della Fondazione Giordano. Tra poco sarò ufficialmente presentata al Bambin Gesù delle Mani, la cui storia affascinante è stata svelata solo recentemente dopo 501 anni di oblìo. Ormai è notte, ed Andrea mi fa strada tra le sale che via via si illuminano tutte, meno l’ultima. Le pesanti porte blindate di un enorme scrigno scivolano sui cardini, silenziose, e il luminoso volto del Bambino del Pinturicchio mi appare in tutta la sua magica bellezza. Siamo fuori dal tempo, un attimo infinito di felicità…
Son sempre più convinta che la bellezza sia la leva del mondo. Non sono sola a pensarlo evidentemente.
Ci ritroviamo poi a Firenze, per l’appuntamento immancabile con Artour-o il MUST, ancora a Barcellona e ora a Genova nella spettacolare Sala delle Grida, l’ex Borsa Valori, la sede scelta dall’Ordine degli Architetti per l’incontro con Andrea Margaritelli e la filosofia che sottende la società, una realtà assolutamente unica nel suo genere.
L’intervento termina con uno scroscio di applausi e ora siamo tu per tu. In poco più di mezz’ora il timoniere della Margaritelli S.p.A. (anche se lui rifiuta la definizione, ritenendosi solo uno dei mozzi..), un pianeta decisamente a sé nella variegata galassia del mondo dell’impresa, abbatte una quantità di luoghi comuni, di quelli difficili da individuare, più pericolosi perché subdoli, mimetizzati come sono da una patina di buon senso.
La Margaritelli ha radici antiche, profonde.
L’origine imprenditoriale risale al 1870. La partenza si deve al bisnonno Eugenio, ma è solo nel 1910 con il figlio Fernando che il legno, trasformato in carbone vegetale, diventa il “core business”. L’attività va a gonfie vele, grazie anche al Regio esercito italiano che assorbe una quota importante della produzione, ma i disastri della guerra colpiscono duro e per risorgere occorre un cambio di marcia, che recepisca il cambio di mentalità ormai prepotente.
Fernando, conscio della necessità di forze al passo con i tempi, a sessant’anni, era il 1949, stupendo familiari e astanti, consegna – letteralmente – nelle mani dei 3 figli le chiavi dell’azienda.
«Tocca a voi. É il vostro turno ora!» e con questo atto coraggioso e intelligente se ne va a bordo della sua fiammante Topolino, la mitica capostipite della 500, che richiede come unica merce di scambio perché, come spiega ai suoi figli, l’indipendenza è un valore non negoziabile. Si ritira in campagna intenzionato a fare il pensionato, ma c’è la vigna che ama. Al karma non si scappa, o più semplicemente buon sangue non mente, e nel giro di poco tempo, la sua passione per il vino, da amatoriale che era, diventerà il fulcro di un’attività imprenditoriale di tutto rispetto.
Come si evince facilmente, in Margaritelli S.p.A. non esistono i famosi traumi legati ai passaggi generazionali, anzi, si sono sempre affiancate due generazioni, che si danno linfa l’una con l’altra, esperienza e innovazione procedono a braccetto,
I figli sono ora al timone, Francesco, Giovanni e Giuseppe, il più piccolo, che rimarrà molto presto solo alla guida dell’azienda, devono gestire subito il primo cambiamento di rotta.
Un cambio obbligato perché il carbone vegetale, fonte fino ad allora della loro fortuna, sta perdendo importanti quote di mercato. Incalzano petrolio e gas da riscaldamento.
Bisogna affrontare la realtà, studiare nuove vie. Intravedono la salvezza nell’evidente necessità di ricostruire la rete dei collegamenti viari in Italia che la guerra ha lasciato stremata e con una rete ferroviaria tutta da rifare. La Margaritelli si propone come referente. Nel giro di soli pochi anni diventerà il fornitore di riferimento delle FFSS per le traversine in legno.
Il loro spirito imprenditoriale fatto di intuizione e realismo individua un nuovo filone produttivo. Ma c’è un problema: l’Italia, povera com’è di materie prime, non ha il legno di rovere della qualità necessaria per far fronte ai nuovi fabbisogni. Ma l’ostacolo, come spesso avviene, si rivela per certi versi provvidenziale, come ci dirà tra poco Andrea. La Margaritelli spa esce dalle en-passe alla grande, trasformando il problema in una nuova opportunità.
Il legno lo fornirà la Francia, che ancora oggi detiene foreste secolari gestite in maniera sostenibile grazie alla lungimiranza dei monaci cistercensi, prima, e del Re Sole, poi. Ma questa è un’altra storia, bellissima, ci sarà modo e tempo di raccontarla. Intanto nel 1962 viene fondata in Francia uno stabilimento per la gestione forestale e prima trasformazione, a tutt’oggi ineguagliato, e anzi questo know-how verrà poi esportato in altri Paesi, Italia compresa. «In Umbria – dice – abbiamo aperto un laboratorio di selvicoltura. Il grande Salgado non è il solo a ricreare foreste…».
L’azienda cosi riparte e si alimenta sempre con un occhio alla bellezza, dictat di famiglia : «Fare una cosa brutta o bella in fondo ha costi non troppo diversi, ma anche se ci fosse un piccolo pegno da pagare, val comunque sempre la pena farlo, dati i feedback impagabili che porta con sé».
Andrea fa sua questa “legge” di suo padre e suo nonno. Ne è convinto e anzi da buon imprenditore, uso com’è a individuare ogni possibile risorsa, è sinceramente stupito che in un Paese come il nostro, non venga sfruttato appieno un bene prezioso come la bellezza, nostro patrimonio impagabile. Ne possediamo in abbondanza, è a portata di mano ed è a nostra disposizione, gratuitamente fra l’altro.
Abbiamo lasciato l’azienda “correre sulle traversine”, per parecchi anni, si rinforza e cresce, ma i tempi cambiano e pure le traversine… La storia si ripete, si sta affacciando all’orizzonte una nuova grande crisi esiziale per l’azienda. Le FFSS decidono di privilegiare le traverse in cemento. La loro produzione vede ridursi d’improvviso il mercato, fin quasi a scomparire… Ancora una volta il gruppo sa che una soluzione c’è ma… occorre individuarla, come ci insegna Picasso.
Dopo diversi tentativi nei semilavorati, che non offrono gli sbocchi desiderati, ecco l’idea vincente: la produzione di pavimenti, la scelta più vicina a capitalizzare tutte l’esperienza pregressa e a rispettare il proprio innato orientamento alla qualità. Naturalmente in legno, e di eccellente fattura. Giuseppe, rimasto solo, per motivi molto dolorosi, alla guida della società, si fa un punto d’onore di studiare il legno in ogni suo aspetto, soprattutto quelli più vulnerabili. Intuisce che il suo prodotto dovrà eliminarli tutti.
Investe in ricerca e insieme a colui a cui poi dedicherà il nome della nuova linea, il professor Guglielmo Giordano, nell’84 brevetta Listone Giordano. È un successo straordinario! Nasce un prodotto che rivoluziona letteralmente il mercato delle pavimentazioni in legno e spalanca all’azienda le porte del mondo, accompagnata in questo viaggio dallo stesso patrimonio di valori, genialità e bellezza, che hanno reso celebre la cultura italiana.
Quali sono gli ingredienti di un simile successo?
«Mah non saprei, certo tante sono le componenti in gioco…».
L’amore per il bello, l’intuizione, quell’attimo di squarcio sul futuro che permette di intravedere nuove strade, la motivazione forte a perseguirle che deve contrastare spesso gli attacchi di scoraggiamento propri e degli altri, il pensiero laterale che apre nuovi visuali, il rispetto primario per le persone con le quali si condivide un percorso, l’umiltà di apprendere da chi ci ha preceduto, il valore contagioso dell’esempio, la curiosità. L’azienda che ha sempre vissuto la convivenza tra due generazioni ha saputo cogliere e incentivare la dinamica positiva in uno scambio continuo di innovazione e tradizione per il futuro proprio e degli altri.
«L’azienda è come una pianta – continua – un organismo vivo, ha bisogno di equilibrio, armonia, della giusta alternanza di sole e acqua, di fertile terreno e buoni nutrimenti. Solo così radici solide e sane possono dare linfa alle nuove foglie che portano freschezza e ricambio».
A Torgiano, terra di natura e bellezza, nel 2000 ha visto la luce la Fondazione Giordano, così come uno degli esempi più belli e coerenti con l’identità dell’impresa: un modernissimo magazzino automatizzato che sembra tutt’uno con la collina da cui nasce. Il progetto porta la firma di ABDR, uno dei grandi studi di architettura italiani.
«Non mi stanco di ripetere che è merito di mio padre, che oltre ad essere un grande aggregatore, avendo avuto sempre la capacità di attrarre attorno a sè personalità eccelse in ciascun campo di attività, non si stanca ancora oggi di ripetere che “il bello ripaga sempre quel piccolo impegno in più che è necessario per evitare il brutto”».

Dove sta scritto che un capannone industriale debba per forza sottrarre bellezza, anziché aggiungerla, ad un paesaggio? E continua ribadendo che si stupisce di come in Italia l’impresa non abbia ancora dato dimostrazione di saper attingere, come ci si aspetterebbe, dal proprio immenso patrimonio culturale che si trova lì, a portata di mano. Facendolo diventare, al pari di altri importanti fattori, un elemento strategico di differenza competitiva, rispetto alla concorrenza estera. La bellezza è un valore aggiunto di portata impagabile, è la dimostrazione della potenza di questo Paese. L’Italia non possedendo materie prime, dal legno al petrolio, ha affinato nei secoli i processi di trasformazione, questa è la vera inesauribile miniera d’oro che è insita nel nostro DNA.
«Non abbiamo grandi giacimenti minerari, ma siamo tra i primi paesi nella fabbricazione di macchinari industriali così come di automobili sportive che tutto il mondo ci invidia, siamo notoriamente poveri di idrocarburi, ma tuttavia il nostro polo chimico è un eccellenza riconosciuta, non abbiamo legni di alta qualità, ma primeggiamo nei settori dell’arredamento e design. Genialità e bellezza sono i valori aggiunti che da sempre sappiamo dare a materie prime che non abbiamo la fortuna di possedere. L’amore per il bello non conosce confini nè di tempo nè di spazio». Michelangelo, Pinturicchio e recentemente Canova sono i suoi storici compagni di viaggio, ma lo spirito del nostro tempo lo vede ugualmente coinvolto con Michele de Lucchi e Patricia Urquiola nel design, Danilo Rea nella musica jazz, Franco Repetto e Bruno Petronzi nell’arte contemporanea.
Tante sono le componenti in gioco, ma aver fatto della cultura l’identità d’impresa è sicuramente un’arma, peraltro l’unica a piacerci, assolutamente vincente. È ora di ripartire, è tardi. Alla Madonna del Piano, a Perugia dove arriverà a notte fonda, lo aspetta il Pinturicchio… il suo sorridente «arrivederci a Barcellona» e sale in macchina.
Tutto sotto controllo.
Andrea Margaritelli con Benedetta Tagliabue sono gli ARTOUR-O d’Argento della XXIV edizione, in 12 anni, di ARTOUR-O il MUST a Barcellona.
Gruppo Margaritelli
Margaritelli è oggi un grande Gruppo multibusiness che opera in diversi settori industriali. Un successo costruito intorno alla passione per l’innovazione tecnologica che da più di cent’anni si tramandano i componenti della famiglia Margaritelli.
É infatti il 1870 quando Eugenio Margaritelli si specializza nella produzione di utensili meccanici per l’agricoltura e le lavorazioni forestali. Un disegno di impresa costantemente orientato alla perfezione che da sempre privilegia la ricerca di soluzioni originali e l’esplorazione delle vie meno battute.