L’Accademia delle Arti del Disegno 450 anni… e il suo eccellente make up
Il Palazzo dell’Arte dei Beccai è uno dei tre sopravvissuti, dei 33 preesistenti allo scempio effettuato ai tempi di Firenze capitale. Eugenio Giani, grande appassionato della storia di Firenze, ha salutato così il folto pubblico presente alla giornata di festa per l’avvenuto restauro della trecentesca facciata del Palazzo.
L’allora residenza della magistratura dei Capitani addetti alla sorveglianza della costruzione della Chiesa di Orsanmichele, dopo innumerevoli passaggi di mano è sede ora della più antica Accademia d’Europa: l’Accademia delle Arti del Disegno.
La sua lunga storia, 450 anni, è affascinante ed emozionante come accennato dalla Presidente Cristina Acidini e sottolineato da Maria Federica Giuliani presidente della V Commissione Cultura di Firenze, invitata con gli altri relatori, Lia Pescatori della Soprintendenza e Monia Simonetti del Demanio che ne è proprietario, in occasione della sua “rinascita” architettonica.
L’eccellente restauro si deve ai tanti volontari accademici coinvolti e all’apporto indispensabile dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che ha avuto il convinto sostegno di Gabriele Gori, il Direttore generale. Presentarvi l’Accademia in poche righe è impresa ardua, ma un tentativo va fatto. Fondata nel gennaio 1563 da Cosimo I de’ Medici, voluta da protagonisti della storia dell’arte, quali Giorgio Vasari, Benvenuto Cellini, Alessandro Allori, Agnolo Bronzino e Bartolomeo Ammannati, fu il primo istituto pubblico finalizzato a creare mutualità tra gli artisti e un approccio metodico e funzionale all’apprendimento dell’arte.
L’Accademia è la storia dell’Arte. Michelangelo fu il primo ad esserne nominato membro, poi Benozzo Gozzoli, Donatello, Lorenzo Ghiberti, Leonardo da Vinci, Ludovico Cardi detto il Cigoli. Secondo gli statuti medioevali, gli artisti allora venivano ascritti all’Arte dei Medici e degli Speziali con cui avevano in comune la macinatura e la preparazione dei colori, mentre gli scultori e gli architetti figuravano tra i membri dell’Arte dei Maestri di Pietra e Legno. A Giorgio Vasari il merito di varare l’Accademia, una “Compagnia” nuova, emancipata dallo spirito artigianale e testimone del valore intellettuale degli artisti.
Siamo nel 1562. Vasari non ha internet, ma riusci ugualmente a creare una formidabile rete: il frate servita Zaccaria Faldolfi, il Bronzino, Francesco da Sangallo, Bartolomeo Ammannati, Vincenzo de’ Rossi, Michele di Ridolfo del Ghirlandaio e soprattutto il duca Cosimo I, “lo trovò tanto disposto ad aiutare e favorire questa impresa, quanto più non arebbe saputo desiderare”.
Prese forma il testo dei nuovi capitoli dell’Accademia e Compagnia dell’Arte del Disegno, disegno che – cito – altro non era “che una apparente espressione o dichiarazione del concetto che si ha nell’animo, e di quello che altri si è nella mente immaginato e fabbricato nell’idea”.
La prima riunione dell’Accademia e Compagnia dell’Arte del Disegno avvenne il 31 gennaio 1563, e sancì Cosimo I “principe e Signor Nostro e Capo di tutti”, mentre Michelangelo fu proclamato “Padre e Maestro di queste tre Arti” pittura, scultura e architettura.
Cosimo I, da accorto politico qual era, ne colse immediatamente le potenzialità che utilizzò nell’interesse del suo stato, mentre Vasari convinse il duca a farsi testimone del messaggio michelangiolesco, e di “onorare l’arte con l’arte, con invenzioni ed opere piene di spirito e di vaghezza, che escano dal sapere, dalla prontezza delle nostre mani e de’ nostri artefici”.
Già nel 1566, Andrea Palladio, Danese Cattaneo, Tiziano, Tintoretto e Giuseppe Salviati chiesero di farne parte, mentre nel 1567 Filippo II di Spagna, il più potente sovrano dell’epoca, sottopose il progetto dell’Escurial al parere degli artisti toscani. Fu dichiarata anche Università, fu quindi istituzionalizzata l’attività artistica, e resa di interesse pubblico. Dotata anche di un proprio tribunale autonomo, gestì tutte le “cause che s’agiteranno avanti al luogotenente et consoli di detta Accademia”. Esercitò il suo fresco potere, nel 1602, proibendo l’esportazione dei dipinti di Michelangelo ed altri grandi autori. Quindi acquisì anche la soprintendenza ai beni culturali del granducato e operò come tale in numerose occasioni: nel 1634 per il progetto di una nuova facciata al duomo di Firenze, e nel 1680 per evitare la perdita della Cappella Brancacci e degli affreschi di Masaccio nella basilica del Carmine.
Contestualmente, fino dai primi anni della sua attività, l’Accademia si fece carico di sostegni economici per i fanciulli poveri ma meritevoli d’età tra gli 11 e i 15 anni, ed ancora materiali gratuiti per gli accademici in modo da sovvenire e aiutare “quelle virtù che sono per la povertà impedite, per non havere il modo da poter fare l’opere”. Furono organizzati corsi e mostre degli allievi, degli artisti e dei collezionisti fiorentini.
Saltiamo al 1784. Pietro Leopoldo con un “umotuproprio” abolì l’Accademia del Disegno con la “giurisdizione che alla medesima spettava”, e istituì l’Accademia di Belle Arti in una nuova sede di Piazza San Marco dove vennero riunite “tutte le scuole appartenenti al Disegno, e all’Accademia che alle medesime dovrà presiedere” .
Fino all’Unità d’Italia, l’Accademia ebbe modo di assolvere alla tutela dei beni culturali della Toscana. Nel 1788, dopo aver ricomposto nella sua nuova sede la Cappella della Crocetta affrescata da Giovanni da San Giovanni, nel 1810 ebbe in carico ben 1.233 opere d’arte provenienti dai conventi soppressi dal governo napoleonico.
Una nuova rotta fu intrapresa nel 1850, dal granduca Leopoldo II che separò le Scuole Tecniche delle Arti e Manifatture per trasformarle in un autonomo Istituto Tecnico e nel 1860 fu fondata la Scuola di Declamazione separata dall’Accademia, e alla formazione di nuovo R. Istituto Musicale di Firenze. L’Accademia di Belle Arti rimase così composta soltanto dalla sua primagenia Classe delle Arti del Disegno.
Grazie ad un nuovo statuto ai primi del Novecento, “nello spirito dello Stato Fascista”, approvato dal ministro dell’eduzione nazionale del Regno d’Italia, Giuseppe Bottai, venne costituita dalle tre classi di architettura, pittura, scultura e incisione e sotto il ministero di Dario Antoniozzi. Le riconobbe un nuovo statuto con le cinque classi di pittura, scultura, architettura, storia dell’arte, discipline umanistiche e scienze.
Questa rapida carrellata dà solo un pallida idea di questa straordinaria istituzione. Consiglio vivamente gli interessati o meglio i curiosi, ad approfondirne i contenuti e a visitarla. Merita. Comunque si è adeguata ai tempi e al Vasari ha sosituito internet. La sua pagina è su fb!