Giovanni Balducci a Firenze, quando l’effimero passa alla storia
Nate per abbellire le nozze del granduca Ferdinando de’ Medici con Cristina di Lorena, le tele di Giovanni Balducci erano destinate a durare il tempo dei festeggiamenti, che si protrassero per due settimane. Lo sfarzo dovuto probabilmente a soffocare l’anomalia, se non peggio, delle nozze di un ex cardinale. Riemerse dall’oblio, sono ora al museo dell’Opera del Duomo di Firenze, afferma emozionata salutando il folto pubblico convenuto all’Accademia delle Arti Del Disegno, la presidente Cristina Acidini.
Giovanni Balducci fu allievo di Giorgio Vasari e dopo la formazione fiorentina si spostò a Napoli frequentata allora da Donatello e da Da Majano, incrociandosi con Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo, che si stava spostando invece a Roma .
Timothy Verdon, Ordinatore del Museo dell’Opera del Duomo, nella presentazione breve quanto profonda della figura del pittore: “Siamo nel 1589 che segna un periodo non abbastanza conosciuto, di transizione, ma di tecnica sopraffina ed eleganza spirituale “.
Si pensava che fossero andati perduti nel grande repulisti del 1642/43. Li hanno rinvenuti in uno stato pietoso, arrotolati marci logori, irrecuperabili. Il racconto di Verdon è davvero coinvolgente e ci illustra una Firenze con la sua corte splendida magistralmente dedita allo spettacolo, che creò lo spettacolo moderno, grazie all’invenzione degli effetti speciali scenici. Bruno Santi prosegue sottolineando i mille rischi che aggrediscono la conservazione di tutte le,opere e ancora di più queste tele di 6 metri per 2.50. Nate per le nozze tra due appartenenti alla famiglia Medici, che anche Cristina lo era quale nipote di Caterina, Regina di Francia, desta curiosità che i committenti abbiano scelto episodi dolorosi.
Un gruppo affiatato di lavoro quello che ha fatto capo ai restauratori, Andrea e Giacomo Granchi, artisti a loro volta, formato da una formidabile equipe di studiosi Bruno Santi, Maria Matilde Simari e Beatrice Agostini. Il risultato del prodigioso titanico restauro, illustrato poi meravigliosamente dai due maestri, che hanno usato tecniche inedite, fa ora bella mostra di sé al Museo dell’Opera del Duomo grazie alla cui apertura sono state restaurate ben 350 opere.