LEONARDO E I SUOI AFORISMI: le eterne leggi dell’anima
Al lume delle sue strane lampade ad olio, Leonardo pose mano a cose mirabolanti. Noi, a distanza di 500 anni, distratti e favoriti dall’immediatezza dei mezzi di comunicazione e degli strumenti di uso quotidiano, adagiati e indeboliti nella mollezza, ‘illuminati’ dall’ innaturale chiarore delle lampade alogene ma offuscati nel pensiero e nella coscienza, possiamo soltanto adoperarci a sopravvivere nella jungla del secolo.
Uomini del 2000 in un mondo di plastica, di luci al neon dagli effetti fantasmagorici ed obnubilanti, inchiodati sul libro apri-chiudi di un computer portatile, ci specchiamo nel suo display che ci rimanda il volto dell’uomo contemporaneo, del tutto simile nelle fattezze a quello dei nostri avi e similmente ricettacolo di tutti i vizi e virtù perenni nel tempo.
Leonardo forse affidava le sue riflessioni al calare della luce, mettendo sulla carta tutti quei pensieri che si agitavano nella sua mente vulcanica, occupato di giorno intorno alle sue macchine avveniristiche . Tra i suoi numerosi Codici, disegni, schizzi, studi, progetti, compaiono inframmezzati i suoi aforismi, che giungono fino a noi come immutabili lezioni di vita a tutt’oggi.
Di tali aforismi, certi rivelano vere e proprie intuizioni che vanno a riflettersi nei secoli futuri, altri dal semplice e saggio sapore proverbiale. Ne estrapoliamo soltanto alcuni, annotando qua e là tra parentesi dei nostri semplici e forse opinabili commenti.
“ D’ogni cosa la parte ritiene in sé la natura del tutto”. (anticipazione della natura dell’atomo, infinitesima parte della materia ?).
“ Il moto è causa d’ogni vita” ( anticipa le leggi della dinamica di Newton ?).
“Questo omo ha una somma pazzia, cioè che sempre stenta per non istentare, e la vita se li fugge sotto speranza di godere i beni con somma fatica acquistati” ( l’eterna paura di diventare poveri!).
“Nessuna azione naturale si po’ abreviare. Quelli che s’innamorano di pratica senza scienza son come il nocchiere, che entra in naviglio senza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada” ( un invito a qualche riflessione).
“Perché si vede più certa la cosa l’occhio ne’ sogni che colla immaginazione stando desto” ( precursore della psicanalisi !).
“Sì come ogni regno in sé diviso è disfatto, così ogni ingegno diviso in diversi studi si confonde e indebolisce”. ( sembra una contraddizione all’eclettismo di Leonardo, ma i suoi diversi studi appaiono collegati da una precisa interdisciplinarietà ).
“Chi non punisce il male, comanda che si facci” ( l’invocata “certezza della pena”, lacuna assai attuale del nostro sistema giudiziario ).
“La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede. Adunque queste due poesie, o vuoi dire due pitture”, hanno scambiati i sensi, per i quali esse dovrebbero penetrare all’intelletto”. ( concetto di interscambio delle espressioni artistiche, ripreso spesso tra i contemporanei; vedi ad es. lo scrittore-pittore Gunther Grass , il quale ebbe a dire “Un disegnatore scrittore è una persona che non cambia inchiostro”…..).
“Medicina è ripareggiamento de’disequalati elementi; malattia è discordanza d’elementi fusi nel vitale corpo” ( mancanza di equilibrio tra le varie funzioni degli organi e richiamo ai “chakra” energetici della dottrina orientale).
E alcuni altri:
“Chi non raffrena la volontà alle bestie s’accompagni”
“Nessuna cosa è che più c’inganni che il nostro giudizio”
“Reprendi l’amico tuo in segreto e laudalo in paleso”
“Studia prima la scienza, e poi seguita la pratica nata da essa scienzia”
“Di lieve cosa nascesi gran ruina”
“Chi nega la ragion delle cose, pubblica la sua ignoranza”
“Natura non rompe sua legge”
“De’ 5 sensi, vedere, udir, odorato, sono di poca proibizione, tatto e gusto no”
“Amor onni cosa vince”
Ci piace terminare questa breve immersione nel flusso segreto dei pensieri leonardeschi, che rivelano l’alter ego di un Genio, quello intriso della nostra stessa umanità. Riportiamo infine quella che appare un’autodifesa verso coloro che lo rimproveravano di non essere ‘uomo di lettere’, che a quei tempi voleva significare non aver studiato il latino ( pare che Leonardo, conscio di questa sua lacuna, abbia a un certo punto della sua vita iniziato lo studio della lingua dei padri):
“So bene che, per non essere io letterato,
che alcuno presuntuoso gli parrà
ragionevolmente potermi biasimare
coll’allegare io essere omo sanza lettere.
Gente stolta! Non sanno questi tali
ch’io potrei, sì come Mario rispose
contro a’ patrizi romani, io sì rispondere,
dicendo: “Quelli che dall’altrui fatiche sé
medesimi fanno ornati, le mie
a me medesimo non vogliono concedere”.
Or non sanno questi che le mie cose
son più da esser tratte dalla sperienza,
che d’altrui parola, la quale fu maestra
di chi bene scrisse, e così per maestra
la piglio e quella in tutti i casi allegherò.”
(Codice Atlantico a 119 v)
Ipse dixit… con l’esemplare modestia dei geni.
Angela Grazia Arcuri
Roma, 1 agosto 2012.