“ALMA-TADEMA e i pittori dell’800 inglese” al Chiostro del Bramante

“Io trovo nelle opere di questi pittori inglesi qualcuno dei temi che tocca le mie emozioni più profonde e i miei interessi fondamentali: la donna, la bellezza, l’erotismo, la famiglia e l’amore.”
Sono queste le parole con cui Pérez Simòn, collezionista e mecenate messicano, giustifica la sua passione per certe tele che in epoca vittoriana facevano da sfondo agli scritti di Wilde, Huysmans, D’Annunzio: parliamo dell’Aesthetic Movement. In Italia potremmo tradurlo con “Estetismo” o “Decadentismo” oppure, volendo restare nello specifico della corrente artistica, identificarlo col movimento Preraffaellita.
Il Chiostro del Bramante, fino al 5 giugno 2014, ospiterà le cinquanta opere appartenenti alla collezione di Simòn. I nomi di Rossetti, Waterhouse, Godward, Leighton, Moore e Alma-Tadema accompagnano il percorso attraverso sale intime, dalla luce soffusa ma non opprimente, in grado di restituire, seppure con qualche ombra, quell’ atmosfera primaverile che troviamo in tante tele di Alma-Tadema. Ma il vero leitmotiv di tutta la mostra è la figura del fiore: la peonia, il giglio, l’oleandro, l’asfodelo. Il simbolismo di ogni fiore ci regala il senso dei dipinti, un senso figurativo e narrativo sempre diverso che offre la chiave di lettura di ogni sala. Solo superficialmente un fiore è un dono romantico o un oggetto decorativo: molto più spesso, per i nostri autori, è un simbolo di lutto, di solitudine o al contrario di vita e di nascita, di dubbio e di pazzia. Soprattutto, è anello di congiunzione tra il mondo della Natura e quello della Donna.
Ogni fiore accompagna, esplicitamente o meno, le streghe, le dee, le madri o le amanti, le adolescenti, le femmes fatal e le principesse che troviamo immortalate in tutte le tele.
Che a fare da padrone siano le figure femminili non deve stupire: la vocazione dell’Estetismo inglese è decisamente muliebre. Le parole d’ordine sono bellezza, grazia, erotismo, classicismo.
Per rappresentare le infinite sfaccettature femminili potrebbero essere necessari infiniti luoghi ed epoche ma gli autori di questo movimento sembrano prediligerne alcune specifiche: scenografie medievali tendenti al gotico, spazi mitologici o shakespeariani, stoffe orientali e volti appartenenti a un’indefinita epoca passata.
È Alma-Tadema che osa spingersi ancora più indietro nel tempo con le sue tipiche ambientazioni greco-romane. Le donne fiaccamente appoggiate agli scalini di marmo, le conversazioni tra amanti fasciati di tuniche bianche, la quotidianità di un altro tempo fissata tanto spontaneamente da sembrare contemporanea. Alma-Tadema ci restituisce una grecità apollinea, priva del suo opposto nietzschiano. Per godere del dionisiaco dobbiamo aspettare l’ultima grande tela, Le nozze di Eliogabalo. Qui Alma-Tadema decide di rompere un incantesimo e lo fa dipingendo il lugubre aneddoto, raccontato nella Historia Augusta, secondo il quale l’imperatore Eliogabalo amava dare grandiose feste in cui alcuni dei convitati venivano letteralmente sepolti vivi sotto una pioggia di petali rosa.
Le atmosfere non devono ingannare. In queste tele il “delicato” e il “raffinato” trovano la loro opposizione nel “volgare”, non nel “tragico” o nel “terribile”.
Martina Perseli
18 marzo 2014