LE NINFEE DI MONET IN MOSTRA A VERONA E DAL 22 FEBBRAIO A VICENZA
Pochi luoghi furono indagati e dipinti con tanta assiduità e dedizione come lo stagno di Ginerny.
C’è chi è andato alla Gran Guardia di Verona a vederle nella mostra “Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento” e chi le aspetta nell’esposizione della stessa in Basilica Palladiana a Vicenza dal prossimo 22 febbraio. Nel frattempo le ninfee di Monet assumono il concetto del leopardiano “Sabato nel villaggio”, dispensano il piacere dell’attesa. Perché si può gioire di un’immagine ma anche del desiderio della stessa, in questo caso opportuno trattandosi d’immagini naturali che un sommo pennello ha trasmutano in immagini interiori.
Raramente un artista ci ha lasciato una testimonianza così toccante della propria ispirazione come fece Monet con Ginerny. Ispirazione ritrovabile e tangibile in quel suo giardino al quale dedicò tanti anni di cure e ritratti, impegnato in una sorta di sfida personale che lo vedeva alternativamente botanico e pittore. Nell’aprile del 1883 Monet affittò una proprietà con una grande casa rosa, un giardino e un frutteto a Giverny, a una sessantina di chilometri a nord-ovest di Parigi e vi s’installò con Alice Hoschedé, che sposerà in seconde nozze nel 1892, e i loro otto ragazzi, i sei della vedova Alice e i due che Claude ebbe dalla prima moglie Camille.
Al suo arrivo, il giardino era anonimo e scialbo per cui il maestro si mise subito al lavoro per riorganizzarne la planimetria e i colori; segò gli abeti rossi, rimosse le siepi di bosso, sistemò graticci per sostenere le clematidi, le rose rampicanti e la vite canadese, tracciò nuovi vialetti e seminò fiori che, nell’avvicendarsi delle stagioni, creavano mutevoli macchie colorate contrastanti con il verde del fogliame. “Scavo, pianto, sarchio io stesso; di sera i ragazzi annaffiano”. Sette anni dopo, il 19 novembre 1890 Monet acquistò la proprietà al prezzo di 22.000 franchi e nel 1893 la estese acquistando un altro terreno confinante per ampliare lo stagno già esistente e creare un giardino d’acqua. Allo scopo, fu necessario deviare il fiume Ru, non senza le proteste dei paesani che contrastarono il permesso ottenuto. Lo stagno fu popolato da esotiche varietà di ninfee bianche, rosa, gialle, malva, contornato da canne e salici piangenti che ne spazzolavano le rive e attraversato da un ponticello ispirato alle stampe giapponesi. Nel 1901 Monet estese ulteriormente il bacino e introdusse altre varietà di ninfee la cui cura fu affidata a un esclusivo giardiniere assunto a tempo pieno, “ … il mio stagno è diventato incantato”.
Il laghetto, i fiori, l’arcuata sospesa passerella, cominciarono ad assorbire sempre più la sua attenzione e diventarono il soggetto più ricorrente dei suoi ultimi dipinti. Ninfee sfatte, impalpabili, rese con chiazze di colore immateriale, poggiate su piccole isole galleggianti e trasparenti. L’artista concentrò le sue estreme energie fisiche e mentali nel dipingere uno scorcio di natura sempre più invadente, dominante, maniacale, “…di notte sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo la mattina rotto di fatica … dipingere è così difficile e torturante. L’autunno scorso ho bruciato sei tele insieme con le foglie morte del giardino. Ce n’è abbastanza per disperarsi”. L’indebolimento della vista lo ostacola e lo confonde “Le tonalità del rosso cominciavano a sembrare fangose, i rosa diventavano sempre più pallidi e non riuscivo più a captare i toni intermedi o quelli più profondi”. Più si affatica, più si concentra su un’area sempre più ristretta e più aumentano le dimensioni delle sue tele che raggiungono i 4 metri di lunghezza, occupate da ninfee dissolte nella mescolanza di delicatissime cromie e ormai spinte al limite dell’arte informale. Mai la sua pennellata è stata così libera, sciolta, lontana dall’aderenza alla forma e vicina a una personale spiritualità. Ma non per Monet che di se stesso pensava “Fatta eccezione per la pittura e il giardinaggio, non sono buono a nulla. Il mio capolavoro meglio riuscito è il mio giardino”.
VERSO MONET. STORIA DEL PAESAGGIO DAL SEICENTO AL NOVECENTO
Verona, Palazzo della Gran Guardia fino al 9 febbraio 2014
La mostra continuerà a Vicenza, Basilica Palladiana dal 22 febbraio al 4 maggio 2014
www.lineadombra.it
di Cinzia Albertoni
30 dicembre 2013