Dal Revenge Dress di Lady Diana al kimono giapponese: anche gli abiti possono avere un passaporto

Sembra strano a sentirsi, ma è proprio così: anche gli abiti possono avere un passaporto. I requisiti per il suo ottenimento non passano al vaglio delle autorità di sicurezza nazionali, quanto a quelle della moda e della cultura. Non tutti i capi si qualificano per ottenerlo e una volta preso, ha un significato molto importante, a livello culturale e spesso anche pratico. Dal sari indiano, simbolo di una cultura, al revenge dress di Lady Diana, simbolo di un’era, qui un viaggio nei capi storici con passaporto.
Cos’è il passaporto per gli abiti
Quando si sente la parola “passaporto”, sembra strano che un abito possa riceverne uno. Ufficialmente, il passaporto per gli abiti non è ufficialmente riconosciuto nella moda, ma ha un valore metaforico. Il termine vuole indicare quei capi che hanno fatto la storia e che spesso necessitano di particolari attenzioni per il trasporto, spesso internazionale.
Si tratta di un “passaporto culturale” che alcuni abiti ottengono per la loro simbolicità storica e culturale. In generale, sono eleggibili ad “ottenere” il riconoscimento di passaporto culturale capolavori dell’haute couture, capi storici legati a personalità famose, ma anche costumi di scena o abiti iconici dei red carpet. In tutti i casi, gli abiti in considerazione vengono considerati come vere e proprie opere d’arte o beni culturali, che necessitano quindi una vera e propria protezione e tutela, anche in caso di spostamenti internazionali.
A livello legale, i beni con passaporto culturale a volte necessitano di particolari attenzioni, come autorizzazioni doganali speciali, scorte per il trasporto e a volte anche l’iscrizione ai registri di beni culturali. In questo ultimo caso, il paese in cui l’abito è registrato può impedirne il trasporto o la vendita senza l’autorizzazione da parte del Ministero della Cultura (come nel Musée Yves Saint Laurent a Parigi, Francia).
Abiti con passaporto simboli di una tradizione
I capi con passaporto culturale possono avere questa dicitura per diverse ragioni. In alcuni casi, si tratta di capi che hanno un ruolo storico e culturale, voce di tradizioni e popoli. Quando si parla di abiti tradizionali, non si può non pensare al sari indiano: lungo telo di tessuto, simbolo di femminilità e tradizione. Ogni regione indiana ha il suo stile, tessuto, colore e tecniche di lavorazione che ne identifica il simbolo della stessa area territoriale. Anche se non ufficialmente riconosciuto dall’Unesco come bene culturale, molte delle sue tecniche di tessitura e ricamo sono presenti nelle liste del Patrimonio Culturale Immateriale.
Foto: hadynyah / Getty Images
Un altro iconico capo, simbolo di cultura e tradizione è il kimono. Abito indossato sia come cerimoniale che quotidiano, rappresenta un’identità profonda della cultura giapponese. Ogni dettaglio conta: i colori, la stoffa e il modo in cui viene indossato possono dire molto di chi lo porta, come la sua età e stato civile. Oltre il suo riconoscimento come bene culturale in Giappone, le tecniche di lavorazione e tessitura sono riconosciute come Patrimonio Culturale Immateriale.
Foto: Vadogiappone.it
Sia kimono che sari, sono capi riconosciuti come simbolo culturale di un paese, di una cultura e di una tradizione nazionale. Prodotti e realizzati con materiali particolari e pregiati, il loro valore oltre che economico, la loro ristrutturazione e trasporto viene spesso gestito come con i beni culturali.
Abiti simboli di una cultura (pop)
In altri casi, gli abiti con passaporto culturale sono quelli indossati da personalità importanti o famose, diventati iconici per il simbolo o l’era che hanno rappresentato. Non si può non pensare al famoso Revenge Dress (dall’inglese, vestito della vendetta) indossato da Lady Diana il giorno in cui il marito Re Carlo ammise pubblicamente la propria infedeltà nei suoi confronti. Ad oggi, l’abito disegnato da Christina Stambolian è custodito come un vero e proprio bene culturale ed è stato oggetto di mostre. Questo capo è ad oggi simbolo di un’epoca della famiglia reale ma anche nella moda comunicativa. Per il suo trasporto, sono necessarie particolari tutele, tra cui l’assicurazione museale obbligatoria.
La principessa Diana indossa il Revenge Dressal gala alla Serpentine Gallery di Londra (1994).
Foto: Jayne Fincher/Getty Images
Un altro iconico capo iconico è il Thriller Jacket di Michael Jackson, utilizzato nel videoclip dell’omonima canzone del 1983. Progettata da Deborah Nadoolman Landis, la giacca rossa e nera è simbolo degli anni ‘80 ed è uno degli oggetti più iconici della cultura pop. Ad oggi è parte di alcune collezioni private e museali ed è trattata come un bene culturale di alto valore.
Foto: Barneys Originals
Il passaporto culturale di un abito fa capire quanto la moda vada oltre l’estetica e sia un potente mezzo comunicativo. Che si tratti di abiti tradizionali simbolo di culture o capi diventati iconici attraverso personalità famose, la moda rappresenta una vera e propria cultura, fatta anch’essa di tradizioni e di riconoscimenti.