Il 5 maggio è Festa Nazionale in Etiopia

In Etiopia la data del 5 maggio viene celebrata come festa nazionale in ricorrenza di quando, nel 1941, dopo un lungo di esilio, l’imperatore Hailè Selassiè fece ritorno ad Addis Abeba. Selassiè avrebbe potuto raggiungere la capitale alcuni giorni prima, ma rallentò la marcia perché volle compiere un vero e proprio pellegrinaggio, laddove si consumarono efferate stragi: Debre Marcos, Ficcé, Debra Libanos. In questi luoghi tenne discorsi incentrati sulla pacificazione nei quali invitò la popolazione a non compiere vendette contro tutti gli italiani, ma facendo sempre una netta distinzione tra questi ultimi e i fascisti.
Nel 1936, dopo l’occupazione di Addis Abeba da parte di Pietro Badoglio, il territorio dell’impero d’Etiopia per gli italiani rimase per molto tempo insicuro poiché al di fuori dei centri abitati imperversavano soldati nemici allo sbando e un gran numero di banditi. Nelle regioni occidentali erano ancora in azione alcuni reparti del vecchio esercito etiopico ormai braccati e perennemente in fuga mentre in altre aree venivano segnalati continui scontri e assedi contro residenze, presidi o isolati fortini che il più delle volte si concludevano con pesanti sconfitte per gli etiopici.
Nel 1937, alcuni comandanti partigiani tennero degli incontri nei quali stabilirono di darsi una struttura più snella e di ricorrere alla guerriglia. Diminuirono le perdite e gli attacchi cominciarono ad essere più efficaci. Si trattava però di una lotta condotta nel totale isolamento e con grande scarsità di mezzi, che divenne gradualmente sempre più ardua a causa della carestia. Sono gli anni di Rodolfo Graziani, militare che faceva ricorso all’uso sistematico e indiscriminato dei gas, accogliendo le pressanti sollecitazioni di Mussolini e in aperta violazione delle normative internazionali che proibiscono l’uso di armi chimiche. Nominato maresciallo d’Italia, Graziani diviene, dopo la rinuncia di Badoglio, viceré d’Etiopia. Fu uno dei periodi più tragici e sanguinosi nella storia del popolo etiopico.
Il quotidiano The Habesha ha ricordato alcune delle atrocità più gravi commesse durante il regime coloniale italiano: il massacro di oltre 30.000 civili ad Addis Abeba nel febbraio 1937, noto come i massacri di Yekatit; l’uccisione di circa 3.000 tra monaci e diaconi ortodossi nel monastero di Debre Libanos; l’esecuzione sommaria di tutti gli uomini adulti del villaggio di Gogetti, su ordine diretto di Mussolini. E ancora: la soppressione della resistenza con fucilazioni di massa, campi di prigionia in condizioni disumane in Etiopia, Somalia, sulle isole del Mar Rosso e perfino in Italia. Furono distrutte più di 2.000 chiese ortodosse e oltre mezzo milione di abitazioni.
L’imperatore Selassié, costretto all’esilio, dal 1938 iniziò a riorganizzare i propri seguaci nel paese e a preparare il suo ritorno, cercando di tenere un contatto dall’esilio con il movimento di resistenza. Rientrato in patria ufficialmente nel 1941, contribuì alla resistenza etiope e alla caduta dell’Italia fascista per mano degli Alleati. Selassié rientrò trionfalmente ad Addis Abeba il 5 maggio 1941, a cinque anni esatti dall’occupazione italiana.
Sulla lotta di liberazione dei partigiani etiopici, i cosiddetti arbegnuocc (lett. “patriota”), purtroppo non esistono studi e ricerche esaustive ma solamente abbozzi. Da parte etiopica sono diversi i contributi che si basano sulle testimonianze orali, su interviste che non riguardano i principali comandanti partigiani, oppure su memorialistica e autobiografie non sempre scientificamente attendibili. Dalla controparte italiana, qualche informazione può essere ricavata dai volumi dei reduci che presero parte alle cosiddette Operazioni di grande polizia coloniale o dalle ricerche di storia militare che presentano però il forte limite di essere state svolte utilizzando soprattutto fonti italiane o britanniche.
Ciò che è certo è che è esistito a tutti gli effetti un movimento di resistenza etiope che ha ostacolato e reso difficile la completa conquista da parte dei fascisti. Uomini e anche donne che si sono battuti per non cedere la propria terra al nemico mentre la figura controversa dell’imperatore Selassié abbandonava momentaneamente il Paese. Nonostante la schiacciante superiorità di mezzi e armamenti l’occupante italiano non riuscì mai a raggiungere un successo definitivo contro la guerriglia arbegnuoc. La resistenza, iniziata soprattutto come movimento di difesa contro la brutale repressione dell’occupante, si trasformò nel tempo in un movimento popolare di massa privo, peraltro, di connotazioni rivoluzionarie e di istanze sociali radicali. Le popolazioni non espressero richieste di sovvertimento della società anche se in parte il movimento di resistenza sviluppò una prima coscienza democratica antimperialista. Si trattò di uno dei primi movimenti popolari anticolonialistici dell’Africa e del primo avversario in grado di mettere in difficoltà e sconfiggere il fascismo.