Siamo tutti dentro Il Pollaio di Michele De Stefano

A un primo sguardo, un pollaio dovrebbe rappresentare un riparo per le galline che, in una vita destinata a essere prede, credono di essere protette dai numerosi predatori che attendono solo la notte per uscire allo scoperto. Ma è sotto la luce della luna che la vera natura di questo luogo emerge: un pollaio è un luogo sporco, pieno di corpi che pigiano gli uni contro gli altri e con una terribile tendenza alla violenza che neanche la più classica delle fiabe riuscirebbe a cancellare. Un pollaio è un luogo in cui avvengono continuamente omicidi, perpetrati da chiunque si senta più forte delle povere galline che non possono fare altro che attendere la propria fine. Giorno dopo giorno dopo giorno, quasi anestetizzate davanti ad un simile destino.
Questo è il punto di partenza per Il Pollaio (parte uno) del fumettista Michele De Stefano, pubblicato indipendentemente ad aprile 2024 e definito come “una giga avventura piena di mazzate e riflessioni filosofiche”. Basta aggiungerci una spruzzatina di Pulp Fiction mescolata con The Witcher (serie che l’autore definisce “bruttina” ma da cui ammette d’esser stato ispirato) ed ecco che si ottiene la sintesi perfetta.
La storia prende vita in un medioevo non meglio indentificato, snodandosi lungo acquitrini melmosi e strade invernali dove piccoli villaggi si stagliano all’orizzonte, in grado di offrire poco conforto dal clima incerto che regna sul territorio. E’ proprio in un torneo, dove le grida del pubblico si mescolano con gli sguzz e swish delle armi che aprono crani o cozzano contro l’armatura, che compaiono per la prima volta i due protagonisti della storia, lo Sconosciuto e Filippa. Il primo è un assassino, uno di “quelli nell’ombra che avvelenano re e tagliano gole”, a suo agio in un mondo che molto apprezza le sue capacità; Filippa invece è giovane, inesperta e con il grande desiderio di seguire le orme di quello strano figuro.
Differenti sono anche le motivazioni per seguire un simile percorso: la ragazza non vuole diventare assassina per necessità o vendetta quanto in nome di una curiosità che non la lascia stare e che diventa grande elemento di discussione durante gli incontri con altri assassini che vivrà all’interno dell’opera. Allora cosa c’entra il Pollaio? E chi sono le galline al suo interno?
Passano gli anni e passano le vite davanti agli occhi di Filippa e dello Sconosciuto che, seppur lontani, seguono un percorso parallelo e opposto che li porta a incontrarsi nuovamente a causa di una guerra che né loro né il lettore riescono pienamente a comprendere. Vi sono re, principesse che hanno perso la testa e una Battaglia della Piana che costringono ad abbandonare i toni leggeri usati per gran parte della scrittura in favore di tavole ampie in cui è il bianco a farla da padrone, facendo quasi rimbombare le grida di Filippa mentre si muove in un oceano di corpi che si sovrappongono. I disegni di De Stefano sono asciutti ma sembrano ribollire di una tale forza intestina da farli quasi tremare sulla carta. Non vi è la ricerca di dettagli nel descrivere gli scontri quanto il mettere in risalto chi se lo merita e in ridicolo chi, invece, si riempie la bocca di parole vuote.
Forse è proprio così che Filippa (e lo Sconosciuto) scoprono la vera essenza dell’essere assassini: avere la forza di combattere il proprio essere nati come galline in nome di qualcos’altro, fosse anche solo il tentativo di diventare la faina che caccia di notte o il contadino che decide di liberarle da quel luogo che da sempre è stato sinonimo di carneficina. Quel mondo umido ha cercato di renderli asserviti alla stessa violenza che tanto avrebbe dovuto imprigionarli in meccanismi corrotti ma che invece li ha liberati; per due che hanno vissuto di morte altrui, diviene semplice realizzare quanto la salvezza si possa trovare solo nella creazione.
Allo stesso tempo, il tentativo da parte di Filippa di diventare finalmente Qualcuno segna il primo passo per scardinare i vecchi meccanismi del reame, quel Pollaio che vede in un libro il più blasfemo dei suoi nemici; è nella sua assenza di motivazioni che la neo-assassina riesce a plasmare attivamente il proprio posto nel mondo, mutando il proprio ruolo da pedina a personaggio attivo. Solo lo Sconosciuto sembra superarla in capacità trasformistiche.
Lo stile dell’autore è essenziale, volgare a sufficienza da rendere realistici i dialoghi ma poco interessato a tracciare moralismi; quello che sembra premere è piuttosto il sottolineare quanto questa sia una storia che parla di “quelle passioni che ti bruciano dentro”. Magari il fuoco diverrà abbastanza alto da bruciare l’intero Pollaio. Questo però si potrà sapere solo nella parte due.
Articolo a cura di Giulia Colasante