Bianciardi: di padre in figlia
Figlia di Luciano Bianciardi, Luciana nel 1999 fonda la casa editrice ExCogita a dimostrazione che quando si dice che la mela non cade molto lontana dall’albero qualcosa di vero c’è.
Nel 2022 ExCogita ci ripropone un testo che fece scandalo nel 1965 “La solita zuppa” curato da Federica Albani e dalla stessa Luciana Bianciardi con la quale abbiamo scambiato due chiacchiere.
Ciao Luciana, ti ringraziamo da subito per la possibilità di quest’intervista; partiamo dal libro “Imputati tutti. «La solita zuppa»: Luciano Bianciardi a processo”, come nasce l’idea di questa pubblicazione?
Be’, il tema della censura è oggi più che mai un tema scottante. Abbiamo quindi pensato di riprendere questo racconto del 1965 e ripubblicarlo integralmente, perché dopo la condanna per vilipendio della religione di Stato l’editore fu costretto a tagliare il brano che aveva scatenato la denuncia. Poi, andando a leggere gli atti del processo che il racconto subì (e che videro imputati, oltre a mio padre e all’editore, che era Massimo Pini della Sugar, anche il tipografo), ci siam accorti che gli atti erano, oltre che molto divertenti, anche illuminanti della morale vigente in quegli anni.
Quindi ci siamo chiesti se accanto al racconto non fosse importante anche la trascrizione del processo stesso, o perlomeno di alcuni passaggi di esso.
Nel 1965 la prima edizione del racconto costò una denuncia per oscenità e vilipendio alla religione per la tematica del sesso e della masturbazione. Sicuramente per i tempi che correvano “La solita zuppa” fu un racconto a dir poco “irriverente”, nel 2023 quale tema avrebbe affrontato, secondo lei, suo padre al fine di provocare lo stesso effetto?
Secondo me il problema della censura è ancora oggi -per aspetti diversi- un problema centrale. Tra l’altro, questo è un aspetto che mio padre sottolinea in una lettera a Kent (rivista allora giudicata semi-pornografica) nella quale, con il suo solito sguardo profetico, dice:
“È il principio della censura che dobbiamo combattere. Perché guardate bene, se si stabilisce che è lecito negare il diritto all’esistenza di certe parole e di certe immagini, potrebbe un bel giorno succedere che, cambiato il contenuto e l’oggetto del sentimento del pudore, i censori di domani vietino altre parole e altre immagini, magari proprio le parole e le immagini che sono oggi più sacre ai censori contemporanei.“
Non è forse così oggi, quando si legge della condanna alla fiaba di Biancaneve perché contenente un “bacio non consensuale”? Non è questo il cancel culture di cui tanto si parla?
La scelta di far curare la prefazione a Giancarlo De Cataldo come è nata?
Ci sembrava che una prefazione a un racconto di qeusto genere dovesse essere fatta da qualcuno che conoscesse i meccanismi narrativi e al tempo stesso avesse la capacità e le conoscenze per commentare le varie fasi del processo. Quindi abbiamo pensato appunto a Giancarlo De Cataldo nel suo doppio ruolo di scrittore e magistrato.
Veniamo ad ExCogita
“La verità è che le Case Editrici sono piene di fannulloni frenetici: gente che non combina una madonna dalla mattina alla sera ma che dà l’impressione –fallace– di star lavorando. Si beccano persino l’esaurimento nervoso.”
Si trova d’accordo con le parole di suo padre dal momento che lei stessa ne ha fondata una?
La scelta di mettere nella bandella dei nostri libri quella frase di mio padre è stata una precisa scelta autoironica, in quanto l’autoironia è una costante del suo pensiero. Noi siamo una piccola realtà, abbiamo molti difetti, ma non quello di essere fannulloni: però è vero che alcune realtà editoriali tendono ad avvitarsi su se stesse, a rendere complicate cose semplici e a non prendere mai decisioni per paura di sbagliare. Noi non abbiamo paura di sbagliare e soprattutto siamo liberi nelle nostre decisioni, sia dalle pastoie delle grandi produzioni sia dalle influenze di qualsiasi tipo. Per questo non ci becchiamo esaurimenti nervosi…
Il 2023 volge al termine, quali novità bollono in pentola per il 2024?
Rimanendo ai testi bianciardiani, il 2024 sarà l’anno dell’edizione annotata de La battaglia soda e de I minatori della Maremma, che uscirà accompagnato anche da un docufilm sui temi del lavoro e del paesaggio: partendo da Bianciardi e Cassola, cercheremo di documentare come il lavoro cambia il paesaggio e come il paesaggio cambia il lavoro.
Prima dei saluti qualche domanda personale: un ricordo che la lega profondamente a suo padre?
Quando veniva a Grosseto, mio padre non mancava mai di aspettarmi fuori da scuola, lo stesso Liceo in cui aveva studiato e poi insegnato lui. Io non vedevo l’ora che suonasse la campanella, perché volevo stare con lui. Invece, tutti i giorni c’erano quelli del Liceo (io facevo ancora il Ginnasio) che uscivano prima di noi, e me lo sequestravano, facendogli mille domande. Io cercavo di portarlo via, ma quelli non lo mollavano. Una rabbia…
Ultima domanda prima dei saluti, uno dei valori più importanti lasciato in eredità da Luciano?
Il rigore nel lavoro: non si usciva mai se prima non si era completato il lavoro (le sue 20 cartelle di traduzione) e i compiti (le mie versioni dal greco e dal latino). È una cosa che mi è rimasta appiccicata addosso: non riesco mai ad andare a dormire se non ho fatto tutto quello che mi ero riproposta di fare…