Memoria delle mie puttane allegre di Carlotta Vagnoli
Un viaggio andata e ritorno tra le atmosfere del realismo magico di Márquez e questioni di genere.
Questa è una recensione umile di una giornalista umile. Partiamo da qui, da questa ammissione di ignoranza. Spero nella misericordia di quel lontano “so di non sapere” a concedermi perdono. Qual è l’ignoranza? Non aver mai letto ancora Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez.
Spoiler: mentre porto a termine questa recensione, ho nel frattempo acquistato e iniziato il libro. La curiosità, e al contempo la possibilità di recuperare, mi è stata data dalla lettura del libro di Carlotta Vagnoli, Memoria delle mie puttane allegre, edito per Marsilio. Il libro è pubblicato per la collana PassaParola di Marsilio, che si propone di instaurare un dialogo aperto tra scrittori italiani che raccontano il mondo e si raccontano partendo da un libro, come si fa in genere nei gruppi di lettura.
Carlotta Vagnoli e Gabriel García Márquez. Già nel titolo l’eco di Márquez: Memoria delle mie puttane tristi è infatti l’ultimo romanzo dello scrittore sudamericano. Una contrapposizione solo apparente, questa dei due titoli, tra l’allegria delle puttane della Vagnoli e la tristezza di quelle di Márquez. Un contrasto evanescente, dal momento che una delle chiavi di volta del libro di Vagnoli risiede nell’analisi delle figure femminili della letteratura di Márquez, volta a tratteggiare un cambio di segno. Si tratta di figure femminili protagoniste a vario titolo, incaricate di incarnare ruoli diversi, ma tutte estremamente caratterizzate in senso opposto rispetto alla tradizionale tipizzazione letteraria della donna. I tratti consueti che si attribuiscono agli uomini, come la determinatezza, la forza, la capacità decisionale, perfino l’aggressività sessuale o semplicemente la libertà della vita sessuale stessa, appartengono al mondo femminile. Questo, forse, per Vagnoli la chiave del passaggio dalla tristezza all’allegria.
Tutto prende avvio da un confronto assiduo e costante tra Macondo, il villaggio in cui è ambientato Cent’anni di solitudine, e Marina di Castagneto Carducci, una frazione del comune di Castagneto Carducci in provincia di Livorno, dove è cresciuta Carlotta Vagnoli.
Questo confronto occupa almeno metà del libro in un avvincente storia di parallelismi e isomorfie, che si sviluppano secondo una trama che offre spunti di riflessioni su più livelli. Innanzitutto, si legge di un parallelismo che riguarda i luoghi: a confronto abbiamo Macondo e Marina di Castagneto. Poi è la volta dei personaggi di finzione messi a confronto con persone in carne ed ossa. La vita di Carlotta Vagnoli, o più generalmente la vita vera, la vita che si svolge in un’ambientazione reale del centro Italia dagli anni Cinquanta ai giorni nostri, viene legata a doppio filo con la vita letteraria di personaggi di finzione che vivono nelle atmosfere tipiche del realismo magico di Márquez. Morena, una donna che lavora in un ristorante vicino al mare a Marina di Castagneto è avvicinata a Úrsula Iguarán, la prima donna Buendía; Gabri l’estetista coincide con Pilar Ternera, “la figura più terrena di Cent’anni di solitudine”. La nonna di Carlotta Vagnoli, Iselda Fadini, “la donna più bella dell’emisfero boreale” è paragonata a Remedios la bella.
La seconda parte del libro affronta, per così dire, un parallelismo di natura tematica o contenutistica, approcciandosi alle questioni tipicamente di genere, diremmo noi. Leggiamo pagine incentrate sula malattia psichiatrica rappresentata come malattia esclusivamente femminile, raccontata tramite il riferimento al personaggio di Sierva María de Todos los Ángeles, la giovanissima protagonista di Dell’amore e di altri demoni. L’attualità del dibattito sul lavoro sessuale emerge dal rinvio alla narrazione che fa Márquez di Rosa Cabarcas e Delgadina, due puttane molto diverse tra loro, protagoniste del suo ultimo romanzo Memoria delle mie puttane tristi, da un lato, e dal tentativo di “cancellazione” di quella vergogna morale che è il lavoro sessuale dal territorio di Castagneto, tentativo miseramente fallito e superato da un camper! La questione del sex work è intrinsecamente impregnata di quell’atavica dicotomia su cui si fonda ogni morale, quella tra bene e male, la quale si traduce, in riferimento alla donna, nella scelta tra essere santa O puttana, angelo del focolare O “poco di buono”, senza soluzione di continuità tra i due estremi.
In tutto il libro, l’accento è posto sui personaggi femminili, anziché su quelli maschili, di Márquez nell’ottica di una loro riabilitazione critica. Una riabilitazione che passa attraverso la comprensione di un punto focale, sottolineato molto bene dalla Vagnoli, che ne fa uno dei nodi cruciali tanto nell’interpretazione dell’opera letteraria di Márquez, quanto nell’interpretazione sociale e antropologica del contesto del suo paese di origine, Castagneto Carducci. Il punto interessante su cui l’autrice sembra insistere è la diversità e la complessità. Non esistono personaggi letterari, né tantomeno persone vive in carne ed ossa, che possano definirsi con una sola parola, con un solo aggettivo capace di descriverne a pieno l’essenza o la molteplicità delle sfaccettature che, in quanto essere umani, sono in grado di manifestare.
Non esistono esseri monolitici, monodimensionali, che siano persone vere o personaggi di finzione, per cui vale una facile categorizzazione sotto un’etichetta o un’altra. La complessità è qualcosa, come sottolinea Vagnoli, che neghiamo in primo luogo perché ci spaventa, perché ci impone di metterci nei panni altrui, ci impone uno sforzo di empatia e comprensione che ci coinvolge anche quando pensiamo di dover solo “osservare l’altro”. Nell’osservare l’altro siamo molto più in discussione di quanto crediamo. Giudicare è la strada più facile. Comprendere le motivazioni e le esigenze che fanno da motore dell’agire altrui è la strada più tortuosa.
Il focus sui personaggi femminili si comprende bene se si guarda al curriculum e al profilo dell’autrice, Carlotta Vagnoli. Per chi non dovesse conoscerla, la Vagnoli classe 1987, nasce come sex columnist per GQ e Playboy. Attivista, autrice e content creator,è attiva professionalmente sui social media dove fa divulgazione su tematiche come la violenza di genere, il linguaggio (anche il linguaggio in rapporto alla violenza di genere) e gli stereotipi di genere. Ha all’attivo altri due libri pubblicati nel 2021, Poverine per Einaudi e Maledetta Sfortuna per Fabbri Editore.
È un viaggio, quello di Memoria delle mie puttane allegre, esso stesso all’insegna della complessità. Tanti gli spunti di riflessione, gli orizzonti e gli scenari che si intersecano, al punto tale che nel corso della lettura viene spontaneo e legittimo domandarsi: ma come sta insieme tutto ciò? Eppure sta tutto perfettamente insieme, il libro ha un suo filo conduttore preciso, ha un suo percorso battuto e ne viene fuori una lettura piacevole, intrigante e affascinante. È un viaggio nell’universo del realismo magico di Marquez e al tempo stesso un viaggio nell’Italia della Maremma in un lasso di tempo che va da metà Ottocento, dall’epoca del poeta Carducci, fino alla metà Novecento, alle generazioni dei nonni della Vagnoli e poi alla vita stessa di Carlotta Vagnoli in quei favolosi e scintillanti anni ’90. La trama tiene e tiene bene proprio per la sua multiformità, mentre la scrittura nell’intrecciare temi così distanti, ma così tremendamente assimilabili, realizza una narrazione scorrevole, ironica a tratti, con risvolti drammatici e uno sguardo critico sulla nostra attualità.
Un ringraziamento speciale e, direi personale, a Carlotta Vagnoli. Se la prima lettura del 2023 sarà Cent’anni di Solitudine, il merito è di Memoria delle mie puttane allegre.