“Socrate sotto steroidi”. Žižek, Il sesso e l’Assoluto.
È proprio vero, Socrate sotto effetto di stupefacenti, molto probabilmente, sembrerebbe calmo e pacato come un agnello rispetto a Slavoj Žižek. Definito da Terry Eagleton un “Socrate sotto steroidi”, Žižek è tra i pensatori più originali e dissacranti del nostro tempo. Ponte alle Grazie, nella precisissima traduzione di Valentina Salvati, ha pubblicato l’ultimo corposo volume del filosofo sloveno: Il sesso e l’Assoluto. Leggerlo è stato un’impresa titanica, ma il piacere tratto al termine della lettura si è (quasi) avvicinato ad un amplesso vero.
Slavoj Žižek appartiene a quella che viene definita notoriamente come una filosofia di stampo marxista, in particolar modo per il tipo di approccio materialista e storicistico che la caratterizza. Ciò che permea l’intera opera del filosofo sloveno è difatti una rilettura della società contemporanea basata su quegli strumenti del pensiero che, a partire dalla svolta kantiana sulla conoscenza, attraversano l’intero idealismo tedesco. Che noia starete pensando!? Ma chi le ricorda più le lezioni di filosofia del liceo? Si è vero, la lettura non è agevole, soprattutto per chi non è del settore e non ha più familiarità con un determinato linguaggio, ma fidatevi, ciò che di più spiazza in questo dettagliatissimo e ipertecnico testo, è trovare spiegato l’idealismo tedesco ricorrendo a una scena de La donna che visse due volte di Hitchcock, o ancora, comprendere chiaramente (e finalmente) come funziona nella nostra psiche l’iperrealismo postmoderno, prendendo a esempio la sequenza dei titoli di testa di Batman di Tim Burton del 1989.
Se non lo sapevate già, Žižek è celebre per la sua invidiabile capacità di applicare i concetti più astratti della filosofia al nostro quotidiano e alla popular culture. Che Heidegger venga spiegato ricorrendo a Fight Club non sembra offendere il maestro tedesco e a noi va benissimo perché, da filosofi del venerdì sera, capiamo molto di più.
Il titolo è conturbante, certo, ma non pensate alle zozzerie, qui il sesso, in ottica lacaniana, è strumento per il contatto con l’Assoluto ed è quindi:
“una forza di negatività che perturba ogni costruzione ontologica, e la differenza sessuale è pensata come una differenza pura che implica uno spazio involuto che si sottrae a ogni forma binaria”.
Il richiamo è alla teoria delle antinomie della ragion pura di Kant, ma non perdiamoci subito, cerchiamo di andare per ordine, almeno per analizzare la struttura del testo.
Il volume offre quattro teoremi, ognuno di questi è corredato di un corollario che ne evidenzia le conseguenze, seguito infine da una serie di scolii che ne permettono la concreta osservazione nella realtà. Primo teorema affrontato, nonché punto di partenza, è il tentativo di legittimare una sorta di ritorno dell’ontologia dopo la deriva decostruttivista, tuttavia, Žižek non ritiene ciò possibile, l’edificio ontologico è crollato, non bisogna costruire sulle sue ceneri ma scavare tra le macerie in una dimensione più primordiale. Il secondo teorema, ritornando all’idea di spazio involuto necessario alla sessualità, affronta la tematica di cui il testo porta il nome. Nella terza parte, a nostro dire la più affascinante, ogni concetto incontra il suo opposto in un moto perenne, grazie anche al nastro di Möbius, al cross-cap e alla bottiglia di Klein.
In conclusione, il quarto teorema si focalizza sulla persistenza dell’astrazione e sul suo riflesso nell’agire umano:
“l’eccesso di follia come base permanente della ragione umana, l’eccesso di passione sessuale fatale che minaccia ogni relazione stabile, l’eccesso della guerra che fonda l’etica della vita in comune”.
Può ancora il pensiero filosofico leggere il mondo e agire su di esso? Si, e Žižek, dalle rovine del suo “Assoluto fallito”, indica la strada.