I linguaggi pontifici

Il libro è stato presentato a Roma presso la Chiesa Nuova, il 10 maggio scorso, con un dibattito che ha visto gli interventi di padre Simone Raponi, Oratorio San Filippo Neri e di Filippo Di Giacomo, vaticanista, giornalista de il Venerdì di Repubblica e moderato da Javier Martinez-Brochal del quotidiano spagnolo “ABC”, alla presenza di tanti dei rappresentanti delle diverse ambasciate presso la Santa Sede. Si tratta di un testo capace di interessare non solo esponenti delle istituzioni, formatori e studenti, addetti ai lavori, ma anche i cittadini di Roma. Eppure, fin qui ne sono state date rappresentazioni approssimative e incerte. Linguaggi pontifici. Storia, significati, protocollo della più antica istituzione del mondo, pubblicato da Editoriale Romani nella collana Auxilia Juridica, con una introduzione di Matteo Cantori, è il libro che si propone di fare chiarezza sui principali di questi linguaggi con un preciso obiettivo: introdurre alla loro comprensione senza cadere nell’equivoco che si tratti solo di orpelli. Una istituzione si racconta attraverso il cerimoniale, che è un insieme di elementi strutturati, precisi, simbolici che, appunto, raccontano una storia. E quella della Santa Sede va oltre la sua sovranità di Stato e la sua personalità giuridica internazionale, investita di quella missione universale, etica e religiosa, che pure permea di sé il cerimoniale stesso.

Uno sguardo dal di dentro
Frutto delle conversazioni tra un giornalista e un “interno” del Vaticano, tra Andrea Gagliarducci, vaticanista, giornalista di EWTN e ACI Stampa e monsignor Stefano Sanchirico, sacerdote dal 1992, Ufficiale dell’Archivio Apostolico Vaticano, già Cerimoniere Pontificio e Prelato Chierico della Camera Apostolica, queste pagine ci guidano nel dedalo del corredo di dettagli che compongono un protocollo dalle radici antiche, ma non come “somma di gesti vuoti”, bensì come “lingua complessa fatta di gesti, movimenti e ambienti”, che ha uno scopo ben preciso: dare sostanza ad un incontro. Comprendere il cerimoniale della Santa Sede equivale a comprendere la Santa Sede stessa e la ragione della sua esistenza. A partire da un presupposto fondamentale: Santa Sede e Stato di Città del Vaticano sono due entità distinte, ma nello stesso tempo unite. Lo Stato di Città del Vaticano è «quel tanto di corpo che serve a dare sostegno all’anima» (Pio XI), laddove l’anima è rappresentata dalla missione spirituale del Papa come Sommo pontefice della Chiesa universale, per svolgere la quale ha bisogno di indipendenza.

Una descrizione accurata
Da questa complessità discendono regole e procedure e nascono quesiti che il testo affronta, alcuni pratici, come quello su chi si occupi del cerimoniale del Papa, altri che riguardano piuttosto le differenze di competenze e compiti tra organi quali la Prefettura della Casa Pontificia (Prefectura Pontificalis Domus) – le cui numerose incombenze derivano sia da quelle un tempo affidate al maggiordomo di Sua Santità, sia da quelle della Prefettura dei Sacri Palazzi Apostolici quando prefetto e maggiordomo non erano la stessa persona – e l’ufficio del Protocollo della Segreteria di Stato. Ma il viaggio prosegue anche tra luoghi non fisici come la Cappella Papale e la Famiglia Pontificia, articolazioni, compagini, di cui si serve il Papa nella sua vita quotidiana. Vengono anche elencate e descritte nel dettaglio le varie tipologie di visite e udienze, dalla visita di Stato all’udienza solenne e privata.
Senza dimenticare la carta.
Il linguaggio pontificio, nato e sviluppatosi in duemila anni di storia, si sostanzia anche di testi e documenti diplomatici, molto diversi tra loro: foglio, lettera, nota diplomatica, nota verbale, rapporto, promemoria, appunto, nota d’archivio fino ai documenti pubblici della Santa Sede come bolla, breve, motu proprio, biglietto, autografo e chirografo. Tutte carte, ciascuna redatta e scambiata con le sue precise regole attraverso cui nella Santa Sede si comunica e attraverso cui la Santa Sede si esprime.
Accanto al linguaggio verbale e scritto, riveste estrema importanza quello delle vesti, delle divise, dei gesti, dei riti, anch’essi esiti di tradizioni antiche, nel tempo forse aggiustate ma non abbandonate. Per i motivi che si chiariva all’inizio, per il significato che ciascuna di esse sottende. La piccola galleria fotografica in calce al volumetto restituisce visivamente i chiaroscuri delle udienze, tra il bianco e il rosso degli abiti papali con la loro carica simbolica e il nero indossato dai visitatori nelle diverse vesti ufficiali legate all’occasione, come le posture e le geometrie affatto improvvisate degli incontri, tra sfarzo e semplicità, o rigore, a seconda dello scopo.

Perché leggerlo
Sono pagine innanzitutto di storia. Ci sono nomi di regnanti, ecclesiastici e politici, si citano date storiche, accordi e concordati che è bene riportare alla memoria. Ma allo stesso tempo si parla di rose e pennacchi, stoffe, colori, decorazioni, bande, musici e si svelano simbologie che non possono non incuriosire. Soprattutto si rende un po’ più comprensibile l’articolata teoria dei linguaggi del Papa e dell’istituzione che presiede, tra le più antiche al mondo.