Il tatuaggio come forma di arte sottopelle
Riconosciuto come undicesima espressione d'arte visiva, il tatuaggio rappresenta oggi un linguaggio universale per rivelare emozioni e sentimenti che provengono dall'inconscio.
Discussi, proibiti e condannati, i tatuaggi costituiscono da sempre l’oggetto del desiderio di molti. L’Italia è tra i “Paesi più tatuati al mondo”, ma nonostante i dati in continuo aumento c’è chi lo considera un tabù, chi lo fa per moda e chi invece lo ritiene arte vera e propria.
Esistente da più di cinque millenni, realizzato con finalità estetiche o come segno di appartenenza e ribellione, il tatuaggio viene oggi visto come evoluzione della Body Art in cui il corpo funge da tela bianca e l’inchiostro da medium. L’artista è ovviamente il tatuatore che, dotato di grande manualità e spesso anche di una formazione artistica, si dedica a quella che potremmo definire “arte sottopelle”.
Il tatuaggio nel tempo
Il termine è stato coniato solo nel 1769 quando il capitano inglese James Cook si recò a Tahiti. Tra i suoi appunti compare il termine Tattow (dal polinesiano tau-tau), suono onomatopeico che ricorda il picchiettare del legno sull’ago utilizzato per bucare la pelle e creare il disegno.
Numerose attestazioni si ritrovano nelle pitture funerarie dell’antico Egitto in cui sono visibili disegni sui corpi delle danzatrici e delle sacerdotesse, per esprimere lo status sociale o per mostrare coraggio e sensualità.
Se per gli antichi romani, che credevano nella purezza del corpo, era vietato e adoperato solo per marchiare i criminali, i primi cristiani tatuavano croci sulla fronte per ostentare la propria fede. Successivamente la pratica di tatuarsi il corpo diminuì in Europa per svilupparsi in altri continenti. In Africa, ad esempio, veniva eseguita come rito di iniziazione e come prova di sopportazione del dolore, mentre i disegni tribali servivano da difese magiche contro spiriti maligni e malattie.
La religione islamica li proibisce in quanto sono stati definiti “impuri” nel Corano; in Iran rappresentano un simbolo demoniaco illegale e negli Emirati Arabi una forma di autolesionismo.
Anche l’Occidente sembra guardare con scetticismo questo mondo, se infatti la religione cristiana non li condanna apertamente, alcuni settori lavorativi – soprattutto privati – chiudono le proprie porte a uomini e donne tatuati, obbligati in alcuni casi a rimuoverli.
Il tatuaggio oggi
Frutto del linguaggio non verbale il tatuaggio possiede un suo codice con un complesso patrimonio di simboli dal valore sacro, magico ed evocativo e, sebbene visibile a tutti, il messaggio può essere decifrato solo dalla cerchia di appartenenza.
Nato dunque con connotazioni negative ed osteggiato ancora oggi a causa dei pregiudizi ereditati dal secolo scorso, il tatuaggio continua a dividere l’opinione pubblica.
Passi avanti sono stati fatti grazie ai programmi tv, ai congressi e alle fiere che ogni anno vengono organizzate in varie parti del mondo e che contribuiscono a scardinare ed abbattere le credenze secondo cui il tatuaggio debba essere sinonimo di persona cattiva di cui non ci si può fidare.
Oltreoceano New York è considerata il luogo di nascita del tatuaggio in senso moderno che ne detta le tendenze, ma non vanno dimenticate Londra e Barcellona come centri d’avanguardia.
In Italia Tatto Forever è stata la prima mostra internazionale ad essere ospitata in un museo d’arte contemporanea ovvero il MACRO di Roma per rendere omaggio ad una delle forme grafiche più antiche nella storia dell’umanità. Un’esibizione con l’intento di restituire dignità ad un’arte espressione di purezza e libertà.
Il tatuaggio nell’arte
Fabio Viale (Cuneo, 1975) è uno scultore di successo che ama provocare il pubblico e che ha fatto del tatuaggio la sua cifra stilistica. Noto per le riproduzioni di pezzi iconici della scultura classica, fa rivivere ed incontrare due mondi apparentemente molto distanti tra loro: il passato e il presente, ovvero il marmo bianco e il tatuaggio colorato.
Sperimentatore ed amante dei contrasti, Viale ha studiato una tecnica particolare per tatuare le sue statue, che quindi non sono semplicemente dipinte. Anche la scelta del tipo di tatuaggio non è casuale, ma deriva da una lunga ricerca e parla diversi linguaggi. I tatuaggi sono sempre di stampo criminale, provengono dalla mafia russa, americana o dalla yakuza giapponese e stupiscono lo spettatore se applicati sulla schiena nuda di una Venere pudica.
«I miei lavori hanno sempre tatuaggi che hanno a che fare o con la storia dell’arte o con il tatuaggio criminale. Sono partito tantissimi anni fa, realizzando queste sculture tatuate con un personaggio di nome Nicolai Lilin, che ha scritto un libro che poi è stato tradotto in un film di Gabriele Salvatores “Educazione Siberiana”. Lui mi introdusse un po’ nel mondo del tatuaggio criminale russo, che è un mondo fatto di simboli, croci, pistole, ma estremamente ricco di storia. Questo aspetto, trovavo che potesse dare all’opera uno spessore. Il mio desiderio è far sì che il marmo divenga pelle e che il tatuaggio metta in evidenza ancor di più questo effetto di metamorfosi. Come lo tatuo, è un concetto abbastanza complicato che parte dalla texture: il marmo deve essere molto poroso, come la nostra pelle per far sì che il colore entri in questi micro-buchi e che penetri un po’ dentro la materia come davvero fa l’inchiostro del tatuaggio. Poi, una volta entrato, viene fissato con degli impregnanti che stabilizzano il colore all’interno della materia».
Con la sua maestria l’artista piemontese attualizza capolavori del passato dando loro una nuova vita ed avvicinandoli anche ad un pubblico più giovane.