Borghesia violenta: gli anni di piombo dalle penne di Ventura e Barra
Nicola Ventura e David Barra sono i creatori di Spazio 70, canale YouTube che ha il merito di aver sistematizzato e riorganizzato il vecchio archivio di Radio Radicale, un patrimonio di inestimabile valore storico composto da centinaia di ore di registrazione dei processi che hanno segnato la storia dell’Italia repubblicana, dalle stragi di Stato, alla Mafia, alla malavita organizzata in senso lato.
Recentemente hanno mandato alle stampe Borghesia violenta (Edizioni GOG), che ripercorre le biografie di 4 giovani esponenti della borghesia italiana che sul finire degli anni ’70 scelgono la strada dell’eversione politica, chi in un senso e chi nell’altro.
Rispetto a tanta trattatistica che riguarda questo argomento, il libro in questione ha il pregio di proporre un punto di vista nuovo e diverso, ovvero l’inserimento della violenza politica che ha caratterizzato quella triste stagione all’interno del contesto sociale in cui è nata, ossia quello controintuitivo della borghesia che il sogno rivoluzionario, che provenisse da destra o sinistra, avrebbe invece dovuto distruggere.
La soluzione a questa apparente contraddizione sta proprio nell’analisi dell’ambiente familiare, e delle relazioni interpersonali che al suo interno si sviluppano, in cui questi giovani, che sono poi Ramelli, Valerio Fioravanti, Alibrandi e Marco Donat Cattin, crescono e si formano.
Come nel romanzo di Turgenev Padri e figli il presupposto è lo scontro tra due generazioni che portano con sé visioni del mondo, valori e ambizioni profondamente diversi. La ribellione contro un mondo insoddisfacente e il desiderio di cambiarlo con la violenza è innanzitutto un moto di rivolta contro il proprio lignaggio, una cesura netta con le proprie radici, che più di ogni altro simbolo rappresentano l’anima reazionaria del Sistema che si intende sovvertire.
Spesso quando si leggono saggi che raccontano pagine di storia del nostro amato Belpaese ci si ferma a pensare, quasi in un’eco gattopardesca, di come pur cambiando tutto resti sempre uguale. Mi è capitato di nuovo quando Barra e Ventura riportano la testimonianza di Giuseppe Ferrari Bravo a proposito dei problemi che attanagliavano la scuola di fine Settanta: il numero chiuso della facoltà di Medicina, la preminenza della teoria sugli aspetti pratici, il mancato rinnovamento del piano di studi. Insomma, frasi che se non fossero datate potrebbero essere il contenuto di un articolo di attualità. Altro ricordo mi è stato sbloccato, per utilizzare un’espressione oggi in voga, al termine della lettura di Borghesia violenta. Mi sono tornate alla mente le note e mai invecchiate parole di Pier Paolo Pasolini, di cui quest’anno ricorre il centenario, all’indomani degli scontri di Valle Giulia. Spesso chi lotta, o crede di lottare, per la rivoluzione, è in realtà figlio della porzione più privilegiata della società, mentre chi viene dalla miseria è costretto a stare dall’altra parte perché non può concedersi il lusso di giocare a fare il rivoluzionario nemmeno durante gli anni più spensierati della propria esistenza. Era vero ieri. È vero oggi.