107 anni fa nasceva il reggiseno: obbligo o conquista?
Il 3 novembre del 1914 è stato brevettato per la prima volta un capo di biancheria intima che ha cambiato la vita delle donne: il reggiseno. Viene ideato dalla ricca ereditiera newyorkese Mary Phelps Jacobs, una diciannovenne attivista per la pace, che aveva bisogno di coprire il suo seno in occasione del ballo delle debuttanti, dove avrebbe indossato un abito particolarmente scollato e trasparente. La ragazza voleva inoltre creare un capo che limitasse i disagi delle donne senza costringerle a rinunciare ad indossare capi particolari. Così il primo e rudimentale modello di reggiseno della storia veniva registrato col nome di Backless Brassiere.
Il modello della Jacobs e Madame Herminie Cadolle
Senz’altro più comodo dei corsetti, delle stecche di balena o del mammillare – una fascia di cuoio che appiattiva il petto-, che in quel tempo si utilizzavano per tenere fermo il seno e per sostenerlo, il progetto dell’indumento intimo era molto semplice: due comuni fazzoletti uniti da nastri di raso rosa che si adattavano perfettamente all’anatomia del corpo femminile. Inizialmente, la Jacobs aveva prodotto alcune centinaia di pezzi del suo articolo, con il nome di Caresse Crosby, ma non è mai riuscita a farlo decollare veramente. Decide così di vendere il brevetto alla Warner Brothers Corset Company di Bridgeport, nel Connecticut, per 1.500 dollari, inconscia del successo che il capo avrebbe avuto negli anni successivi. Nonostante la maternità del capo venga riconosciuta all’attivista newyorkese, si dice che nel 1907 la rivista Vogue sia stata la prima ad utilizzare la parola “reggiseno” e che molti altri ne attribuiscano la creazione alla francese Madame Herminie Cadolle, che all’Esposizione Universale di Parigi del 1889 avrebbe presentato un corsetto tagliato a metà chiamato soutien-gorge.
Le torture per stare comode
Il corsetto è l’antenato del reggiseno più conosciuto, comprimeva il petto sollevandolo nella scollatura e stringeva il busto fino a togliere il respiro, per rendere il corpo della donna il più possibile simile a una clessidra. Nell’ultima parte del XIX secolo sono state sperimentate varie alternative, dividendo il corsetto in una simil guaina che schiacciava il torace inferiore, trasferendo la parte superiore a delle fettucce sospese alle spalle. Dalla seconda metà dell’Ottocento tanti sono stati i modelli sperimentati – a partire dalla brassiere avvolgente monopezzo, dal quale sarebbe nato il nome del reggiseno in inglese, bra – che avrebbero lentamente modificato la percezione della comodità e dell’abbigliamento femminile. Le prime tracce di reggipetti si trovano nell’antica Grecia, quando le donne si legavano fasce strette al petto per evitare che i seni si muovessero durante le attività sportive. Dall’idea del Backless Brassiere del 1914 ci vorranno altri vent’anni di studi perché la S.H. Camp and Company inventi le coppe del reggiseno, classificate in base alla pesantezza delle mammelle: le lettere dell’alfabeto avrebbero indicato la misura dei seni. Anche le spalline verranno ottimizzate, più larghe e resistenti per misure abbondanti.
Dal corpetto al No bra
Dalla prima invenzione, che oggi celebriamo, ne è passata di acqua sotto i ponti: le nuove tecnologie hanno aiutato ma soprattutto la storia sociale. Prima il reggiseno era simbolo della scelta di libertà personale, liberarsi del corsetto che tappava il respiro era la più grande conquista; oggi la tendenza No bra di molte donne che scelgono consapevolmente di non indossarlo, contrarie a un sistema opprimente e patriarcale. Le motivazioni alla base della scelta del rifiuto di indossare il reggiseno sono svariate: body positivity, postura, respirazione, libertà di scelta. La ragione di chi aderisce al movimento è per lo più di ordine sociale: liberare il corpo dagli standard estetici dominanti e smettere di nascondere parti cariche di simbolismi. Con la pandemia, i lockdown e lo smartworking la propensione a non indossare il reggiseno è aumentata. In Francia, ad esempio, la percentuale di donne tra i 18 e i 25 anni che lo non indossa è quadruplicata. Oltre al comfort e alla comodità, ci sono però questioni più profonde dietro a questo cambiamento. Il seno femminile è infatti ritenuta ancora una parte del corpo fortemente sessualizzata, utilizzata con carica erotica: a dimostrazione di questo social come Instagram oscurano contenuti con seni femminili in evidenza senza obiettare sui capezzoli maschili o ancora gli uomini stessi rispondono alla filosofia No bra definendo il seno nudo sotto un abito come uno strumento di eccitazione sessuale, un elemento a rischio di aggressione per la donna. Simbolo della liberazione dagli stereotipi di genere e dal sessismo, il movimento No bra cresce tra le donne, con lo scopo di liberarsi dalle convenzioni sociali sulla base dell’autodeterminazione e della riappropriazione del proprio corpo.