Una mostra itinerante per Chiara Fumai
Da Ginevra a Prato, da Bruxelles a Madrid
L’occasione dell’esposizione belga Chiara Fumai, Poems Will Never Release (2007-2017), permette di ripercorrere un decennio del lavoro dell’artista visuale e performativa tragicamente scomparsa nel 2017 a soli trentanove anni, lasciando in eredità una realtà poetica multiforme, attuale e parlante tra anarchia, femminismo e violenza concettuale. Quest’anno, un nuovo progetto espositivo itinerante di ampio respiro internazionale vede protagonista l’artista di origini romane, nell’intento di indagare, attraverso la sua complessa e profonda personalità, i segni distintivi della società moderna.
Una carriera cominciata nelle stanze del Politecnico di Milano come architetto, di cui ha conservato il rigore procedurale, e proseguita alla prestigiosa Fondazione Ratti come artista, Chiara Fumai ha, fin dagli inizi, scavato un solco profondo nell’ambiente artistico maggioritariamente patriarcale, dimostrando un piglio spiccato e categorico nel rifiutare la diminutiva e denigrante connotazione di “artista femminile”.
La militanza contro il patriarcato artistico
Questo rifiuto categorico è diventato parte integrante del suo processo analitico e artistico, portandola a esplorare con veemenza, distorsione e decostruzione il vocabolario della scomodità e dell’ironia. Lo dimostrano le sue numerose performance e installazioni, che gli sono valse importanti riconoscimenti e premi, ma soprattutto la stima e la riconoscenza del pubblico più esperto, ma anche di quello meno provvisto di codici di lettura e decodificazione. Perché il mondo di Chiara Fumai, soprattutto nella scelta delle opere effettuata per la mostra, è un mondo magico, esoterico, penetrante e occulto, totalmente immerso nell’esperienza teosofica tardo ottocentesca di Helena Blavatsky. Perché per Chiara Fumai, il corpo e la voce sono (e restano) un medium di trasmissione potente ed insostituibile, nonché la tangibile e più alta manifestazione dell’autorità femminile. Senza dimenticare il dialogo con l’architettura e con lo spazio, soprattutto quello di Bruxelles, che è stata dimora dell’artista negli anni tra il 2013 e il 2014. Uno spazio denso di storia e significati reconditi con cui l’artista sperimenta attraverso collage, distorsioni linguistiche e etimologiche (da Loge, ex sede massonica e ora luogo espositivo, a loggia, a lobby) con riferimenti artistici e letterari eterogenei e complementari.
Il sovvertimento dell’establishment
Delle sue video-performance, che rappresentano di gran lunga la più commovente dimostrazione meta-artistica della giovane donna, I Did Not Say Or Mean “Warning” (2013) rimane una pietra miliare della sua produzione. Nei panni di una splendida guida turistica dell’altrettanto illustre collezione Querini Stampalia, Chiara Fumai fornisce informazioni turistiche sui ritratti rinascimentali, prettamente femminili, instillando nel discorso inquietanti messaggi cifrati. Le silenti immagini femminili, che sembrano sovrapporsi al corpo militante dell’artista, sembrano liquefarsi di fronte alla carica terrorista dei messaggi cifrati, sintomo di un’espressione alternativa della rabbia. Per non tacere dell’ormai storica performance Chiara Fumai reads Valerie Solanas, sempre del 2013, nella quale Chiara Fumai reinterpreta, in chiave politica “nostrana”, alcuni dei brani più salienti dell’opera SCUM (Society for Cutting Up Men, 1967), manifestando, attraverso una propaganda fittizia, la parabola crescente dell’odio sessista, dominatore della nostra società. Con quest’opera, che gli è valsa il riconoscimento del premio Furla, Chiara Fumai celebrava il gesto radicale della scrittrice americana, nota anche per aver attentato alla vita di Andy Warhol alla fine degli anni Sessanta, sovvertendo così provocatoriamente le tacite e aberranti regole imposte dal benpensante e patriarcale establishment artistico.