Cubisti. Cubismo «Lasciami recitare ciò che la storia insegna. La storia insegna».
Dall’8 marzo ha luogo a Roma, al Complesso del Vittoriano, la mostra “Cubisti. Cubismo”. Per dare spiegazione della frase che abbiamo citato nel titolo, si tratta del verso conclusivo della poesia “Se glielo dicessi. Un ritratto esauriente di Picasso”, scritta da Gertrude Stein, amica e sostenitrice dell’artista. In un continuo di ripetizioni e di ritmi a lungo andare quasi ipnotici, questa dedica, un ricambiato omaggio del ritratto che l’artista aveva fatto alla Stein nel 1905-1906, la poesia ci introduce al percorso della mostra. La prima sezione è dedicata ai cubisti, alle opere di importanti esponenti del movimento pittorico sorto nel primo Novecento a Parigi ad opera di Picasso e Braque. L’esposizione presenta quadri di Picasso, Braque, Léger, Metzinger, Gris, Gleizes, Picabia, Hartley, Rivera, Goncharova, Severini, Soffici, Lewis e Bell. Fu il critico Louis Vauxcelles che, per la prima volta e a proposito dei dipinti di Georges Braque, parlò di pittura fatta di ‟piccoli cubi” in un articolo pubblicato sul ‟Gil Blas” del 14 novembre 1908. “Quando inventammo il cubismo, lo facemmo senza intenzione;volevamo soltanto esprimere quello che avevamo dentro”. Con queste parole si esprime Picasso sull’origine del cubismo, movimento che si colloca in una linea teorica di continuità con le avanguardie della seconda metà dell’Ottocento e del primo Novecento che reagiscono ai canoni e alle regole dell’arte Romantica. Allo stesso modo sempre nel primo Novecento, negli stessi anni, in musica si avvia il processo che porterà all’affermazione della musica atonale e poi della dodecafonia come reazione alle regole della tonalità, da intendersi non più, sostiene Schönberg, come legge eterna, come legge di natura della musica. Tra musica e arti figurative viene ad instaurarsi proprio a partire dai primi decenni del XX secolo un sodalizio forte, preso in esame in una delle prime sale del percorso espositivo. L’arte figurativa, come sostiene il critico Guido Gatti nel 1958, prende il posto della letteratura come ispiratrice delle composizioni musicali. Il cubismo è arte di rottura, in cui a cambiare e modificarsi è il concetto stesso di arte. Nel 1913 Guillaume Apollinaire, uno dei primi difensori e sostenitori teorici del cubismo, scrive che esso è ‟l’arte di dipingere nuovi insiemi con elementi presi non dalla realtà della visione, ma dalla realtà di concezione”. I pittori cubisti non imitano la realtà pur rivolgendosi ad essa.”Non si tratta di partire dall’oggetto:noi andiamo verso l’oggetto. È il cammino che prendiamo per andare verso l’oggetto che ha importanza per noi”, così scrive Braque. La genesi e il processo della produzione artistica è l’arte. L’arte non deve essere pedissequa immagine di ciò che è, ma deve ripercorrere e riproporre l’esperienza artistica interna, dunque la realtà che l’artista ha visto e esperito attraverso la sua mente e la sua creatività. Il cubismo è il movimento del dinamismo, della pluralità, della molteplicità di punti di vista da cui guardare e con cui guardare la realtà. Ecco perché un paesaggio può essere rappresentato in spazi geometricamente separati, che lasciano pensare non si tratti di un unico paesaggio ma di squarci e rotture di ambienti diversi (Albert Glaizes, Paesaggio, 1913,92×73, olio su tela, Columbus Museum of Art., dono di Ferdinand Howald). Quello che va in scena è la vitalità che ha il luogo e il mezzo per esprimersi nelle forme e nelle strutture più varie, di una varietà che non ha limiti se non quelli imposti dai mezzi pittorici stessi. Così le regole prospettiche classiche e rinascimentali vengono meno, ma ciò nonostante attraverso l’uso del colore e delle tonalità calde e fredde quel pino nel Parco a Carrières-Saint-Denis di Braque (1909, 38,5×46,5, olio su tela,Museo Thyssen Bornemisza, Madrid) si percepisce in lontananza, nella profondità più remota del bosco. Tutto il percorso della mostra è incentrato sulla messa in luce di questo dinamismo e di questa pluralità della realtà e dell’uomo a cui appartiene l’esperienza dell’arte. La seconda sezione della mostra, invece, ci dà un ampio quadro delle influenze che il cubismo ha avuto in tutto il corso del secolo in vari campi dell’arte, dal teatro alla musica, al cinema, fino all’architettura, al design e alla moda. Molti artisti di questo movimento hanno avuto modo di esprimersi anche nel mondo del teatro, del balletto e del cinema. Fernand Léger negli anni Venti si dedicò con creatività alla realizzazione di scenografie teatrali; spaziò anche nel cinema curando le scenografie del film L’Inhumaine del 1924 e fu regista del film Ballet Mécanique dello stesso anno. Lo stesso Picasso realizzò sipario, scenografie e costumi per il balletto Parade del 1917 e realizzò scene e costumi per il Balletto Pulcinella di Igor Stravinskij eseguito per la stagione dei Ballets Russes nel 1920. La mostra è stata curata da Charlotte Eyerman e rimarrà al Complesso del Vittoriano fino al 23 giugno.
Raffaella Antonini
9 giugno 2013