Riattiviamo il sistema culturale italiano con il digitale

Cultura e normalità è una delle dicotomie che accompagneranno l’Italia nelle prossime fasi di transizione verso una quotidianità di vita lavorativa. Molti operatori culturali auspicano ad un ameno ritorno al passato possibile forse solo fra qualche anno, ma sono tutti sempre più coscienti del fatto che con la quarantena siano giunti al pettine alcuni nodi che legano stretto il sistema da tempo. È evidente che l’epidemia Covid-19 abbia messo in luce alcune grandi falle di uno straordinario sistema culturale delicato e neanche lontanamente preparato ad attutire i colpi inferti dalle conseguenze del lock-down di questi mesi né a livello economico-finanziario, né a livello di infrastrutture e mezzi.
L’orizzonte appare incerto anche per le miriadi di iniziative spontanee nate dalla resilienza di alcune istituzioni, enti ed associazioni culturali che hanno sentito il bisogno di continuare a svolgere in maniera diversa e anche più intensamente che mai in questi giorni il proprio lavoro. Purtroppo arriverà il momento in cui tutta questa offerta culturale alternativa, come il materiale e le prestazioni ad oggi diffusi sulle pagine e sui canali mediatici, avrà bisogno di essere necessariamente disciplinata e soprattutto completata da una giusta retribuzione economica affinché la parte della popolazione impegnata nel settore possa sopravvivere anche in autonomia rispetto alle misure di sostegno finanziario che speriamo saranno presto intraprese.
Franceschini: «Bisognerà adattarsi, non è che arriva un giorno di colpo la normalità»
È proprio riguardo questo argomento che si pronuncia il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Dario Franceschini, in videochiamata con Massimo Gramellini su Rai3 durante il programma Aspettando le parole del 19 aprile 2020. Il Ministro risponde alle domande del conduttore circa la situazione attuale lanciando un progetto temerario, ma interessante: una piattaforma ufficiale della cultura, una sorta di rete a pagamento delle istituzioni culturali che garantisca un’offerta strutturata, concordata da un comitato tecnico scientifico ufficiale e costruita nelle sue varie parti come una risposta unitaria alla necessità di fruire a livello transnazionale del patrimonio artistico-culturale della penisola anche durante le prossime fasi di allentamento del lock-down. Franceschini chiama il progetto “il Netflix della cultura” adducendo alla celeberrima piattaforma streaming tv, la cineteca casalinga che permette agli utenti di pagare un canone mensile per avere in cambio film, serie tv, cartoni e documentari di diverso tipo grazie ad una programmazione ciclica.
L’idea su carta si presenta magnifica in quanto si offre di sfruttare le infinite potenzialità del web e dei sistemi tecnologici ad esempio nell’ambito della catalogazione di libri e di documenti, in quello del visivo con scansioni di foto ed immagini 3D, in quello sociale per un collegamento ed una condivisione sempre più salda tra persone e contenuti storico-artistici lontani o difficili da raggiungere. Tuttavia obbliga nel bene e nel male a trasferire quasi definitivamente una cospicua parte del patrimonio artistico culturale sul network.
Netflix della cultura. Pro e contro
Tale pratica necessita di un’attenzione certosina e serrata per far avanzare il progetto in tempi non eccessivi e poi di una deontologia professionale nuova e seria basata in primis su un assiduo confronto tra parti, tra pubblico e privati; tra specialisti e musei sia grandi come quelli nazionali, sia piccoli come i locali o i comunali; tra biblioteche, cineteche, fototeche e soprintendenza; tra teatri e università; tra utenze, mezzo e prodotto finale. Tutto ciò deve quindi avvenire nel nome di un ascolto continuo ed una comprensione totale delle entità che concorrono al concetto di cultura con l’obbiettivo di accogliere la trasformazione, lo sviluppo e l’innovazione che i media porteranno. Posta in questi termini pare più facile a dirsi che a farsi ed in effetti non ci stupiremo se gli addetti all’impresa sonderanno ancora per un po’ approcci e scenari.
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Fonte: Dario Franceschini in conversazione con Massimo Gramellini ad Aspettando le parole su Rai3.
Una prima risposta del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e per il turismo arriva al 42° giorno di quarantena con la dichiarazione di Franceschini durante il question time alla Camera circa la firma di un decreto specifico che avvierebbe delle procedure di sostegno economico per la arti performative pari a 20 milioni di euro. Tale provvedimento è solo una piccola parte dei 130 milioni di euro stanziati istituiti dal decreto “Cura Italia” del 17 marzo per lo spettacolo ed il cinema. I beneficiari della clausola, gli operatori che non hanno ricevuto contributi provenienti dal FUS nel 2019, potranno riscuotere la sovvenzione, erogata entro e non oltre il 30 giugno 2020, previa presentazione di una domanda ufficiale secondo le modalità e solo se in possesso di requisiti specifici presto resi chiari dalla Direzione generale Spettacolo.
Arriva così il primo intervento per attutire il colpo inferto dalla situazione di persistente e indubbia chiusura di cinema e teatri dei prossimi mesi, immaginiamo che la prossimo ambito produttivo ad essere preso in considerazione sarà quello storico-artistico.
Così nella speranza che venga ideato un complesso di misure a sostegno ed appoggio all’innovazione del futuro culturale italiano, continuiamo a godere dell’azione volontaria di chi ad oggi ha sempre pensato che l’arte e la cultura non si siano mai fermati.