Al MAXXI Zerocalcare – Scavare fossati, nutrire coccodrilli

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere su Zerocalcare (al secolo Michele Rech) e l’Armadillo (sic) non vi ha mai raccontato.
Nello spazio “MAXXI Extra” fino al 10 Marzo 2019 (c’è tempo, ma non fatevi pigri, non sapete cosa potreste perdervi …) è allestita la mostra monografica dedicata al più trendy e più schivo … fumettista? illustratore? narratore di una generazione?

Definirlo non è facile, nemmeno dopo aver attraversato le quattro sezioni (“Pop”, “Tribù”, “Lotte e resistenze”, “Non-Reportage”) in cui si articola questa mostra davvero generosa: tantissime tavole, volantini, copertine di dischi, intere storie (anche inedite) ordinatamente allineate sulle pareti.
Quello che con certezza si può dire, di lui e dei suoi lavori, si riduce a questo: profondamente autoironico, ha saputo creare, rendere fruibile e condividere un immaginario collettivo trasversale (i visitatori in mostra andavano dai primi “-enti” ai profondi “-anta”, come il sottoscritto…), davvero molto realistico, rileggendo il suo e il nostro quotidiano collettivo in una chiave assolutamente originale, una sorta di trascendenza beffarda, che attinge continuamente dall’immaginario stereotipato, adolescenziale e post-, trasfigurando e mescolando identità reali e ‘normali’ (i vicini di casa, i compagni, le amiche, la mamma), ai volti stereotipati e idealizzati dei cartoon giapponesi o a fattezze animalesche sempre con la scusa della privacy.
È un personaggio singolare, Zerocalcare, profondamente radicato nel la vita del suo quartiere (Rebibbia, periferia est di Roma, dove “Qui manca tutto, non ci serve niente”), ma consapevole del mondo; arrabbiato ma ragionevole, impigliato nelle sue nevrosi ma sempre pronto a spiccare il volo, a raccogliere e raccontare un’emozione, uno sguardo, un battito d’ali: così l’amicizia, l’impegno politico, ma anche le paranoie delle amiche, i continui ‘accolli’ (leggasi: impegni estorti per dovere civico e/o solidale), l’esasperazione dei cliché e della grettezza che ci circonda, ma anche il racconto di amicizie, dolori e stupori che vanno oltre la quotidianità, dandole un senso, forse chissà, anche una direzione.
Il tutto condito da una (auto)ironia dissacrante e mordace, che non risparmia niente e nessuno, in primis lui stesso, che sorprende, espone e dilata i nostri tic, le quotidiane insensatezze nostre e del sistema in cui viviamo, i continui inciampi nella precarietà, nella bulimia televisiva, nella latitanza culturale, nelle maglie improvvisamente strette di un ‘sistema’ che – vivaddio – per nostra fortuna ci riempie il tempo e la vita di colorate scatole vuote, e felicemente ci impedisce di vedere e di pensare.
Capace di passare svariate ore negli stand delle Fiere o delle Mostre, per autografare con ‘disegnini’ le sue copie per i fan, ma capace anche di farsi risucchiare in serate nichiliste tra merendine, plumcake ed estenuanti prime (iterative) visioni delle ‘serie’ (tutto divano-e-Armadillo), Michele Rech è soprattutto capace di farci (amaramente) ridere di noi stessi: tra le pareti di cartone e di lamiera dell’allestimento di “Scavare fossati, nutrire coccodrilli”, rimbalzano improvvise, liberatorie risate, ogni volta sorpresi da un’iperbole, da una gag, dall’ennesima paranoia esagerata.
Ma non mancano la consapevolezza e l’orgoglio di sostenere, con il suo tratto preciso e sferzante, la possibilità di un mondo diverso, il diritto a cercarlo, la rabbia e la sfida a cercare – con i propri mezzi e la propria arruffata e malconcia dignità – la strada per essere visibili, per avere parola: che sia di affetto per il proprio piccolo grande mondo, di memoria per chi s’è perso per strada o di sete di giustizia, e fame di libertà.
Generosa, colorata, non convenzionale, graffiante e divertente, questa mostra raccoglie e racconta passato e pensieri di quello che ormai, suo malgrado, è diventato un vero e proprio fenomeno culturale.
Avete tempo fino al 10 Marzo per vedervela, se non lo fate, peggio per voi.