Intervista esclusiva alla scrittrice Valeria Fioretta
La protagonista dell’intervista di oggi è Valeria Fioretta. Torinese DOC, vanto dunque della mia città natale, che riesce a ricoprire quei plurimi ruoli che scatenano un’immediata domanda: ma come fa a fare tutto? Mamma, blogger, scrittrice, lavoratrice a tempo pieno, ci parla oggi del suo primo romanzo “Se tu lo vuoi” edito da Piemme, approdato nelle librerie da qualche mese. La storia di un’amicizia particolare, nata tra una bambina e una donna, che tramite questo inaspettato legame saranno in grado di imparare molto l’una dall’altra. Sullo sfondo, la Mole Antonelliana, il parco del Valentino, il Museo del Cinema e molte altre bellezze del capoluogo piemontese.
Ciao Valeria e benvenuta su 2duerighe. Passo subito alla prima domanda: mi piacerebbe proprio sapere come hai costruito un personaggio così ben riuscito come quello di Elisabetta. Una bambina dotata di una maturità e di una delicatezza tale da far innamorare anche un piccolo Grinch, che sembra essere veramente una mosca bianca, soprattutto se messa a confronto con la maggior parte dei bambini odierni.
In verità non lo so, perché frequento pochissimi bambini -a parte il mio, chiaro!- e bambine ancora meno, e comunque nessuna di quella fascia di età! Quindi credo di essermela inventata di sana pianta mettendo insieme alcuni dettagli e caratteristiche di bambine della letteratura che sono state importanti per me: Pippi Calzelunghe, Martina di Poggio di Giugno e sua sorella Lisa, Anna dai Capelli Rossi, Lavinia…
Elisabetta non ha paura della solitudine, è poco pretenziosa, non ha desiderio di compiacere, è sincera, ma sa anche stare al suo posto.
Il romanzo “Speciale Violante” viene presentato dalla protagonista come una guida, dunque ti chiedo che significato ha avuto nella tua vita da ragazzina? Te lo domando perché è stato uno dei primi libri da me letti alle medie, riletto anche più avanti e amato ogni volta di più.
Per me è stato importante perché parlava di amicizia tra ragazze. “Speciale Violante” è stato, anche in anni successivi, il mio modello per ciò che un rapporto di amicizia deve essere: ammirazione, stima, supporto reciproco, rete di salvataggio, divertimento.
Avendo fatto tutt’altro percorso di studi, ti confesso che quel poco che so di fiction, regia e montaggio l’ho imparato lì.
Romanzi ambientati a Torino ce ne sono davvero pochi ed è un vero peccato, perché è una città che offre davvero tanti scenari per ambientare le storie di generi più disparati. Ho apprezzato particolarmente la scelta di posti suggestivi, ma non così noti, come per esempio il Refettorio, in cui hai ambientato alcune scene del romanzo: come hai scelto i restanti? Sono luoghi che hanno avuto un peso/una certa importanza nella tua vita torinese?
L’unico a cui sono particolarmente legata è Piazza Maria Teresa, che non è menzionata espressamente ma è la location di un episodio importante (l’aperitivo, NDR). Di fatto, Margherita sceglie come e dove trascorrere la giornata insieme a Elisabetta, che è una bambina: i restanti luoghi li ho scelti perché mi sembravano sufficientemente baby e kid friendly!
La scelta di sviluppare il romanzo intorno al legame che Margherita riesce a creare con Elisabetta, una bambina di soli 9 anni, è particolare e riuscitissima: come è nata l’idea di usare questo rapporto come fulcro dell’intera storia in un mondo letterario (e non) in cui spesso si opta per la rassicurante e consolidata classica storia d’amore?
Per merito o per colpa di Bianca Pitzorno, io prediligo le storie di amicizia e fratellanza -preferibilmente femminili- più che quelle d’amore. Insomma, ho seguito una inclinazione spontanea.
Per concludere raccontaci un po’ come hai vissuto questa prima esperienza da autrice e come sei riuscita a conciliarla con i tuoi impegni lavorativi e da mamma. Inoltre, dal momento che il tuo romanzo è davvero di una bellezza rara, l’accanita lettrice che c’è in me vuole anche sapere se hai in mente un nuovo romanzo.
“Se tu lo vuoi” è stato quasi interamente scritto prima che nascesse mio figlio, ad eccezione di poche pagine e ri-lavorazioni che ho fatto quando era molto piccolo. È stato incredibilmente collaborativo, nonostante avesse solo 3 mesi. Quindi si è trattato di una impresa fattibile, portata avanti nei weekend, in serata, durante i momenti liberi di cui la vita pre-figli è ricchissima (sì, è un monito a chi ancora non ha bambini e crede di avere poco tempo!). È e sarà più difficile la promozione del romanzo, che comporta degli oneri organizzativi e delle trasferte non facilmente conciliabili con un lavoro full-time e con il ruolo di madre. Ma ce la faremo, spero.
Al momento no, non sto pensando né scrivendo un altro romanzo.
Rebecca Cauda