Nel mondo delle AI sarà l’immaginazione al potere

C’è un libro di Ian McEwan di qualche anno fa che, in chiave distopica, ben prefigura il futuro degli esseri umani sul pianeta Terra. Il suo titolo è Macchine come me e indaga il rapporto sempre più sottile tra uomini e intelligenze artificiali.
Una delle domande del romanzo infatti è: «cosa accadrà quando il confine tra vivente e macchina diventerà pressoché impercettibile?»
Del resto, l’evoluzione delle AI non è cosa di oggi. Di oggi, semmai, è l’effettiva presa di coscienza che presto il deep learning delle macchine riuscirà a scansare l’essere umano in molte delle sue attuali mansioni.
È ormai un dato di fatto: la maggior parte dei mestieri più ripetitivi, in cui l’elemento creativo non è contemplato, molto presto non dovranno più contare sull’intervento delle persone.
Ciò renderà sicuramente meno alienante la giornata lavorativa, ma rischierà di lasciare in strada milioni di lavoratori poco specializzati.
Ad affrontare il problema è un bel libro di Kai-Fu Lee e Chen Qiufan dal titolo Ai 2041 – Scenari dal futuro dell’intelligenza artificiale, edito da LUISS University Press.
Si tratta di una serie di racconti per analizzare come l’intelligenza artificiale andrà a incidere sulla nostra società. L’intento dei due autori — rispettivamente un ex Executive di Apple, Google, Microsoft e un acclamato scrittore di fantascienza — è quello di individuare i possibili scenari aperti dall’intelligenza artificiale rigenerativa, su una prospettiva temporale di circa vent’anni.
Tra i contributi più interessanti, Il salvatore di posti di lavoro, capitolo con cui i due autori mettono al centro il tema della disoccupazione causata dall’AI e la necessità di pensare ad un reddito universale di base.
L’evoluzione del processo lavorativo, inoltre, rischia di innescare gravi problemi sociali come depressione, incremento dei suicidi, abuso di droghe, crescenti disuguaglianze e disordini sociali.
E se McEwan si domandava cosa succederà quando le macchine sapranno confondersi con gli uomini, Lee e Qiufan si chiedono invece cosa succederà quando le lunghe ore trascorse a lavorare per produrre valore economico non saranno più una caratteristica necessaria della vita umana.
Di certo sarà necessario applicare una tassazione sugli extraprofitti delle multinazionali per garantire una redistribuzione del reddito e assicurare a tutti la possibilità di vivere in maniera dignitosa. Ma ciò non sarà abbastanza.
Bisognerà investire su scuola e università per fornire alle persone dei know how non più tecnici ma creativi. Il futuro sarà nelle mani umanisti, non più degli ingegneri.
Come per un famoso slogan sessantottino ripreso da Marcuse, nel mondo popolato da intelligenze artificiali sarà davvero l’immaginazione al potere.
Quindi non più i dati — quelli serviranno alle macchine — ma le parole, la poesia, la bellezza per gli esseri umani. Perché se vorremo sopravvivere a ciò che è artificiale, non ci resta che scommettere sul nostro saper essere umani.