La preoccupante ondata di politica “fai da te”

Prima negli Stati Uniti, poi le Filippine, la Polonia, l’Ungheria, la vittoria del Brexit, la spinta elettorale in Germania, in Austria e ora i risultati dalla Francia. L’ondata di populismo si espande nel mondo.
L’elezione di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti ha provocato un sisma. L’uomo eletto presidente come candidato repubblicano senza nemmeno aver mai maturato un’esperienza politica, ha promesso di “restituire la grandezza all’America” facendo leva sulla paura del popolo spaventato dalla mondializzazione (immigrazione, rifugiati, libero scambio…). Nella sua campagna ha insultato donne, musulmani, ispanici e non ha certo risparmiato la comunità afroamericana.
Noto per le sue dichiarazioni grottesche, l’avvocato 71enne Rodrigo Duterte invece è stato eletto il 9 maggio scorso al termine di una campagna elettorale populista come presidente delle Filippine. Ha qualificato come “figlio di puttana” il papa così come l’ex presidente Barack Obama. La sua guerra al narcotraffico ha provocato la morte di oltre 3700 persone in quattro mesi. Si dice socialista e manifesta apertamente il suo odio nei confronti degli Stati Uniti, alleato storico con il quale ha annunciato la separazione a vantaggio della Cina.
Dalle Filippine si passa alla Gran Bretagna dove il referendum del 23 giugno scorso in favore del “Brexit” (52%) lascia evidentemente pochi spazi ai dubbi. Dopo una violenta campagna elettorale segnata dall’assassinio del deputato Jo Cox, il Consiglio d’Europa si è preoccupato dell’odio e della violenza razzista diffusasi nel Regno Unito. In Ungheria, il Primo ministro Viktor Orban, presidente di Fidesz (conservatore) al potere dal 2010 ha amplificato da due anni la sua campagna che pone l’accento sullo xenofobismo e contro l’immigrazione extraeuropea. In Polonia, il partito conservatore ed euroscettico Diritto e Giustizia (PìS) è tornato al potere dalla fine del 2015. I l capo Jaroslaw Kaczynski ha messo in guardia i cittadini contro i parassiti rifugiati. In Austria, il partito della libertà (FPO), uno dei partiti di estrema destra più importanti in Europa, ha fallito di poco la vittoria alle presidenziali, un dato che avrebbe rappresentato una prima storica in Europa. In Germania l’Alternativa per la Germania (Afd, populista di destra) ha ottenuto importanti successi elettorali, soprattutto, in una città come Berlino.
In Francia, il Front National (FN, estrema destra) ha incassato successi rilevanti dal 2012 e il presidente, Marine Le Pen, è presente nel secondo turno delle elezioni francesi. Le candidature dell’estrema destra hanno un punto in comune: rimettono in discussione i trattati europei e il regime attuale della concorrenza esacerbata tra paesi e territori. Sembra dunque, un dato incontrovertibile quello del populismo nel mondo che ottiene consensi proprio perché la gente, stufa della gestione di moltissime situazioni, immigrazione e integrazione in primis, vota di pancia. Questi risultati, a mio parere, attestano una verità: il fallimento della globalizzazione, voluta dai grandi ma certamente non più gradita alla gente.
In politica, il populismo simboleggia la difesa degli interessi del popolo prima di quelli dell’élite. Le politiche di austerità, la crisi economica, le défaillances della costruzione europea, le differenti politiche migratorie e l’aumento della xenofobia senza contare gli attentati che si susseguono, hanno generato una perdita della fiducia nei confronti dei partiti e spingono la gente a scegliere altre vie.
Sul piano geopolitico e sociale, le guerre in Oriente e le crisi in Africa incoraggiano ogni anno il più gran numero di persone all’esodo verso l’Europa. Oggi però il continente non sembra più disposto ad aprire le porte né a sud né a nord dove il posizionamento delle guardie costiere operano il controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo.
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