Festival a luci spente

Tutti si attendevano il suo “desculpami”. Ma Celentano ha operato solo qualche lieve modifica alla traiettoria dei suoi strali.
Forse l’Hyde Park Corner di Londra ha perso un efficace predicatore, ma le sue argomentazioni sul palcoscenico dell’Ariston non sono poi apparse tanto fuori luogo.
D’accordo, un po’ troppo dirette le frecce contro quella stampa d’ispirazione cattolica, che ora si sente in dovere di rivedere certe sue impostazioni. Celentano, diciamolo, ha saputo risvegliare qualche coscienza. Non è forse vero che ci stiamo dimenticando di certi valori, che il mondo si sta annichilendo nel buco nero del relativismo, quella stessa filosofia che si è impadronita dei nostri stili di vita e che lo stesso Papa Ratzinger va da tempo condannando?
Ed ora un breve flash sulla kermesse, al di là della cronaca di cui tutti si sono occupati e citando solo alcuni nomi fior da fiore. Lo spettacolo ha prevalso sulla canzone, ma succede da tempo a Sanremo. Si sono imposte le femminucce ed evviva… Ed ha vinto il “sociale”, come se in questo momento si potesse parlare tanto d’altro. Forse dell’amore? L’amore c’era, c’era, sia quello universale di Celentano sia l’amore coi ‘ cuoricini’ che, inevitabilmente, resta coinvolto nei seri problemi di oggigiorno. Purtroppo i giovani, senza portafoglio, faticano a coronare le loro aspettative…e in una coppia succede di tutto.
La canzone di Emma Marrone, “Non è l’inferno”, ha forse vinto sulla scia dei sermoni di Celentano.Non a caso, hanno la stessa origine pugliese. E lei lo difende a spada tratta. Spirito d campanilismo? La ragazza esce dalla palestra di “Amici” della Maria De Filippi, ha grinta, passione e sensibilità , non si atteggia né ha grilli per la testa. Ma l’urlato del brano che non prevede chiaroscuri non riesce a mettere in risalto le sue vere potenzialità vocali. Il testo è significativo ma tanto articolato da non aver sortito un appoggio musicale così pregevole. La voce ha forza ma non di timbro particolare. Forse meglio in altre prestazioni. E forse meglio la voce di Dolcenera…
Di sicuro spessore la limpidezza vocale di Arisa, arrivata seconda con “La notte”. Scrollatasi dalla prima goffa immagine, d’altronde ben costruita, conferma la sua padronanza del mezzo comunicativo con un motivo e un testo assai ammiccanti e piacevoli, congeniali alla musicalità di una voce cristallina.
Sembra assai indovinato il pezzo di Samuele Bersani dal titolo “Un pallone”: un gioco di… rimbalzi sonori, divertente, apparentemente leggero ma in realtà con un testo assai riflessivo.
Un ‘pezzo d’autore’ lo ha portato Lucio Dalla con “Nanì”, assai ben reso da Pierdavide Carone. Brano commovente, che riscatta l’italianità del festival, con musica e parole nello stile inconfondibile di un Dalla. La classe non è acqua.
Mediocre il brano cantato da Loredana Bertè e Gigi D’Alessio. Forse la trasgressiva Loredana avrebbe fatto bene a presentarsi all’ultimo suo festival – come ha annunciato – senza calcare troppo sulle labbra, smodatamente gonfiate. Un’aggiunta del tutto superflua a una personalità che è soltanto sua. Ma la fragilità si annida nelle sicurezze… più sicure.
Ultimo, ma non ultimo, proprio Celentano, che ha spettacolarizzato ancora la serata con i brani “Ti penso e cambia il mondo” e “La cumbia di chi cambia”. Il primo pezzo ci ha riportato ai suoi nostalgici melodici in “si bemolle”, il secondo una divertente filastrocca ballabile, che la dice tutta nel titolo, con un testo che rincorre certe libertà di metrica da perdonare. Chi non ama le prediche lo preferisce quando canta.
Qualcuno ha detto che sia stato il Festival peggiore degli ultimi anni. Di sicuro è stato un Festival pieno di scossoni, che va ad inserirsi a pieno titolo nel fatidico Anno del Signore 2012!
Angela Grazia Arcuri
19 febbraio 2012