La lunga domenica del sindaco Sala

Nel cuore di un luglio che sa di resa dei conti, Milano attende. Non è l’attesa di un cantiere che si apre, né quella di una nuova inaugurazione in vetro e acciaio. È l’attesa di una decisione politica e personale che potrebbe segnare un prima e un dopo nell’amministrazione di Giuseppe Sala. Il sindaco, travolto da un’indagine per falsa dichiarazione e concorso in induzione indebita, ha trascorso la domenica lontano da Palazzo Marino. Nessuna dichiarazione ufficiale, nessun incontro con la stampa. Solo una “giornata di riflessione”, come la definiscono fonti vicine.
Martedì 21 luglio parlerà in Consiglio comunale. Sarà allora che Milano saprà se il suo sindaco intende resistere, convinto della propria correttezza, oppure cedere, magari per non trascinare con sé l’intera giunta in una crisi che da giudiziaria sta diventando sempre più politica.
Nel frattempo, la Procura va avanti. L’attenzione dei magistrati si concentra ora sui dispositivi informatici sequestrati nei giorni scorsi: telefoni, tablet, computer. Tra i nomi più in vista, l’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi e l’architetto Stefano Boeri. I tecnici stanno effettuando copie forensi, analizzando chat, mail e documenti interni. Non si cercano più solo prove, ma anche riscontri, contraddizioni, omissioni. Secondo fonti investigative, le ricerche procedono per parole chiave, nomi in codice e riferimenti temporali a progetti sensibili.
Nel corso di una perquisizione è emerso un elemento curioso, seppure non ancora penalmente rilevante: 120 mila euro in contanti, rinvenuti a casa di Andrea Bezziccheri, manager immobiliare di Bluestone. La cifra, di per sé, non è reato, ma in questo contesto pesa più del dovuto. Almeno sul piano dell’immagine.
Tancredi, figura centrale della vicenda, pare ormai prossimo alle dimissioni. È atteso nei prossimi giorni un suo passo indietro, non tanto per ammissione di colpa, quanto per alleggerire la pressione sull’intera giunta e permettere a Sala – se decidesse di restare – di non portare sulle spalle anche il fardello degli altri. Una scelta tecnica travestita da gesto politico.
Sala, invece, resta in silenzio. Non una parola pubblica da sabato. Ha parlato con i suoi, con alcuni alleati, con chi gli è rimasto vicino. Sa bene che ogni frase oggi è una miccia. Lunedì, in Aula, sarà chiamato a pronunciare parole pesanti. Non basterà una dichiarazione di innocenza, né la rivendicazione di una carriera amministrativa brillante. Dovrà dire alla città se intende continuare a governare sotto indagine. E soprattutto se è in grado di farlo senza paralizzare Milano.
Nel frattempo, la politica si muove come da copione. Il Partito Democratico si schiera compatto al fianco del sindaco, invocando la presunzione d’innocenza. Elly Schlein parla di fiducia e rispetto istituzionale. Anche Calenda e Renzi, in un raro momento di convergenza, difendono Sala, ricordando i suoi meriti e il suo profilo internazionale. Dall’altra parte, le opposizioni chiedono le dimissioni. La Lega e Fratelli d’Italia accusano il sindaco di aver compromesso la credibilità dell’istituzione, ma l’impressione è che il gioco sia più elettorale che etico.
Perfino Giorgia Meloni, in un raro intervento equilibrato, ha ricordato che un avviso di garanzia non è una condanna. Una posizione garantista, che detta da lei ha il sapore di una linea difensiva destinata a tornare utile in futuro anche altrove.
A ben vedere, il punto non è più se Sala sia colpevole. Lo stabiliranno i giudici. Il punto vero è se, oggi, Milano possa permettersi un sindaco sotto inchiesta in una fase così delicata per i grandi progetti pubblici e per la tenuta politica del centrosinistra. Il rischio, ormai evidente, è che si crei un corto circuito istituzionale, dove ogni decisione – anche la più ordinaria – venga letta attraverso la lente dell’inchiesta.
Martedì sarà un passaggio cruciale. Non solo per il futuro di Giuseppe Sala, ma per quello di una città che negli ultimi anni si è raccontata come il simbolo della modernità, dell’efficienza e del progresso. E che oggi, proprio in nome di quella narrazione, è chiamata a decidere se è più importante continuare a correre o fermarsi un momento, guardare in faccia la realtà e ripensare i propri equilibri.