Il ddl Pillon contro le donne e la loro libertà di scelta

Dopo aver spiegato le critiche mosse al ddl Pillon da parte degli psicologi, è la volta di soffermarsi sul ruolo che il disegno di legge riserva alle donne, qual è il volto che ne racconta e per quale motivo le associazioni femministe ritengono che il ddl Pillon sia contro le donne. Qui la petizione della Casa Interazionale delle Donne.
In tema di violenza domestica, il ddl fa molti passi indietro: il reato di maltrattamento viene considerato tale solo se “costante, quotidiano e sistematico”.
Inoltre nascondendosi dietro la teoria dell’alienazione genitoriale lascia intendere che molte delle accuse mosse dalle donne nei confronti dei coniugi violenti sarebbero esagerazioni, strategie vendicative o strumentalizzazioni per ottenere l’affido esclusivo dei figli.
Il Ddl Pillon contro le donne “non va emendato ma ritirato”
Il disegno di legge potrà essere varato direttamente dalla Commissione Giustizia del Senato, della quale fa parte anche il senatore leghista Pillon, e solo in secondo momento l’Aula potrà approvarlo o meno. Eppure il testo viene contestato per essere ritirato e non semplicemente modificato.
D.i. Re su Change.org ha lanciato una petizione, che adesso sfiora le 154mila firme, non per modificare ma per ritirare il ddl Pillon, affermando che «porterebbe – se approvato – un grave arretramento per le libertà e i diritti civili di tutte le donne e, in particolare, per le donne e i bambini vittime di violenza».
Durante l’iniziativa organizzata in Senato da Emma Bonino e Valeria Fedeli lo scorso 27 febbraio proprio la Bonino ha denunciato la tardività dell’iniziativa stessa, “dovevamo svegliarci prima” ha sottolineato.
Il ddl si spinge contro le donne perché: abolisce l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa familiare, non ripone la giusta attenzione sul grave problema della violenza domestica e introduce l’obbligo di sottoporsi a sei mesi di mediazione famigliare prima di separarsi, anche nel caso in cui il motivo della separazione siano maltrattamenti e violenze subite da parte della donna.
Onu: il ddl Pillon aumenta la disuguaglianza di genere
Contrariamente a quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul, che all’articolo 1 si propone di: «a] proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; b] contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne», il ddl Pillon osteggia il diritto delle donne ad essere protette.
Il ddl spinge su l’equità genitoriale ad ogni costo, rafforzando la figura del padre e del marito a discapito della madre e della donna. Non importa quale sia il motivo della separazione o dell’allontanamento, prima che questo avvenga i coniugi devono obbligatoriamente sottoporsi alla mediazione di una terza figura giuridicamente riconosciuta.
A proposito della mediazione obbligatoria, prevista dal ddl Pillon, Linda Laura Sabbadini, direttore del dipartimento delle statistiche sociali dell’Istat, dice: «è una cosa gravissima. La mediazione funziona se condivisa. La Convenzione di Istanbul dice che nei casi di violenza contro la donna la mediazione deve essere vietata perché mette in pericolo la sua vita».
E di fronte alla preoccupazione dell’Onu, riguardante “una grave regressione che alimenterebbe la disuguaglianza di genere, Sabbadini afferma che “il pericolo c’è, ma possiamo e dobbiamo vincere la battaglia contro il ddl Pillon, che va ritirato. Uniti e determinati contro questa legge mostro” che rappresenta nient’altro che “un atto punitivo nei confronti dei bambini e delle donne, specie di coloro che hanno osato separarsi”.
A favore degli uomini che vogliono controllare le donne
A dirlo è la presidente della casa delle donne maltrattate di Milano e avvocato, Manuela Ulivi: «Questo disegno di legge è scritto da uomini che vogliono dominare le donne, controllarle. È a tutti gli effetti una violenza psicologica ed economica. E come se volessero dire loro: “se ti separi da me non avrai più niente”. Ed è anche insensata da punto di vista giuridico. Lo stanno discutendo in Senato, speriamo che non passi mai e che lo buttino via».
Il ricatto economico, al quale naturalmente fa seguito quello psicologico, è la negazione dell’assegno di mantenimento: la quasi totalità delle donne si ritrova in una condizione di svantaggio economico rispetto al marito e, se private anche della stabilità materiale, saranno sempre meno propense a interrompere il vincolo matrimoniale. La Ulivi la definisce una “propaganda ideologica contro le donne e la loro libertà di organizzazione della vita”.