Trump-Netanyahu. L’incontro chiave su Gaza

I due leader Donald Trump e Benjamin Netanyahu, che vantano da sempre un rapporto politico e personale eccellente ma i cui interessi e obiettivi non sempre coincidono, si vedranno oggi a Washington per la quarta volta dall’inizio del secondo mandato di Trump. Il premier israeliano è atteso alla Casa Bianca alle 11 ora locale – le 17 in Italia. Sono previste poi due ore abbondanti di discussioni tra i due leader con i rispettivi consiglieri, compreso un pranzo congiunto. Poi, alle 13.15 – le 19.15 in Italia – è prevista una conferenza stampa congiunta dove Trump avrà modo di annunciare l’«accordo degli accordi» di tregua che spera di poter dare da mesi, e che nelle ultime 48 ore ha provato a spingere sui social.
A poco meno di due anni dall’inizio della guerra «totale» tra Israele e Hamas, con la strage del 7 ottobre, torna a farsi fortissima la pressione americana su Israele perché accetti un cessate il fuoco e una svolta condivisa per il futuro della Striscia di Gaza. Il nuovo piano per la fine delle ostilità lo ha messo a punto l’inviato speciale Usa Steve Witkoff e sarà al centro del faccia a faccia di oggi tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca.
Il piano è stato messo a punto da Witkoff insieme con Jared Kushner, genero ed ex consigliere di Trump per il Medio Oriente, a partire dalle varie bozze di accordo partorite nell’ultimo anno dagli Usa e dagli altri Paesi mediatori tra Israele e Hamas. A collaborare alla sua ideazione è stato anche l’ex premier britannico Tony Blair, anch’egli già inviato speciale per il Medio Oriente del cosiddetto “Quartetto”, che potrebbe finire per avere un ruolo di primo piano nella governance transitoria della Striscia. Il piano, allo stato attuale, accontenta alcune esigenze chiave espresse nel tempo da Israele, ma ne delude altre. Lo stesso può dirsi per gli obiettivi principali di Hamas e dei leader palestinesi.
Tra i suoi punti chiave, secondo quanto anticipato dai media più accreditati che hanno potuto visionarlo come Axios e Times of Israel, ci sono il cessate il fuoco permanente tra Israele, Hamas e altre milizie palestinesi, il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani rimanenti (vivi o morti) entro le 48 ore successive, il ritiro progressivo dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza, l’ingresso di aiuti umanitari ingenti nella Striscia, con la distribuzione riposta nelle mani dell’Onu e della Croce Rossa «insieme ad altre organizzazIoni internazionali», ricostruzione e sviluppo della Striscia di Gaza, con finanziamenti da parte di Paesi arabi e musulmani. Tra questi punti, però, anche nessuna annessione né della Cisgiordania né della Striscia di Gaza da parte di Israele e l’impegno di Israele a non attaccare più il Qatar.
Arrivato negli Usa Netanyahu ha fatto capire di essere pronto ad alcune concessioni, ma anche di avere remore su alcuni nodi chiave del piano. Venerdì ha tenuto un discorso all’Assemblea Generale dell’Onu tutto al contrattacco, in cui ha spiegato per filo e per segno perché né lui né il 90% degli israeliani hanno intenzione di accettare veda mai la luce uno Stato palestinese. «Loro non ne vogliono uno che viva accanto a Israele, ma al posto, e infatti ogni volta che s’è presentato loro un piano di partizione territoriale lo hanno rifiutato», ha spiegato.
A proposito del Qatar, Donald Trump, ricevendo il leader israeliano a Washington per discutere del suo piano in 21 punti, ha imposto all’alleato mediorientale di chiamare il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman al-Thani per presentargli le scuse per l’attacco del 9 settembre, che peraltro non ha raggiunto gli obiettivi prefissati. L’attacco aveva fatto infuriare l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani, il quale aveva definito un caso unico l’attacco mosso dagli israeliani: “un paese che è parte dei negoziati, il quale bombarda lo Stato che ospita i negoziati per ammazzare la controparte“.
L’incontro alla Casa Bianca è servito anche per istituire un meccanismo trilaterale Usa-Israele-Qatar per rafforzare il coordinamento in vista di porre fine al conflitto a Gaza. “I leader hanno accettato la proposta del presidente Trump d’istituire un meccanismo trilaterale per migliorare il coordinamento, ottimizzare la comunicazione, risolvere le reciproche controversie e rafforzare gli sforzi collettivi volti a prevenire le minacce” riporta la Casa Bianca. I leader hanno inoltre “sottolineato il loro impegno comune a collaborare in modo costruttivo e a eliminare le percezioni errate, basandosi sui legami di lunga data che entrambi hanno con gli Stati Uniti”. Hamas non è stato coinvolto in questa fase decisionale. Almeno a sentire Taher al-Nunu, il quale ha dichiarato all’emittente qatariota Al-Arabi che “finora non ci sono state discussioni dirette o indirette sul piano promosso dagli Stati Uniti, e che Hamas ne è a conoscenza solo attraverso indiscrezioni sui media. Hamas non ha preso parte ai negoziati sul piano americano”.