Ponte dello Stretto, il Cipress da l’ok: il centro-destra esulta

Il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina è stato approvato ieri a Palazzo Chigi dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess). Si tratta di “un investimento sul presente e per il futuro dell’Italia” come lo ha definito il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, presente all’incontro insieme a Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture e principale sostenitore del progetto.
Quasi tutti i membri del governo hanno partecipato, incluse le regioni coinvolte: il presidente Roberto Occhiuto per la Calabria e l’assessore alle infrastrutture Alessandro Apricò in delega per la Sicilia. L’opera avrà un costo di 13,5 miliardi di euro e i lavori partiranno tra settembre e ottobre 2025, non prima del via libera dalla Corte dei Conti. Ad esso si aggiungeranno diverse opere connesse, tanti progetti separati tra cui pontili, gallerie e 40 chilometri di collegamenti ferroviari e metropolitani.
Le preoccupazioni dello Stretto
Tra i possibili ostacoli alla realizzazione dello Stretto di Messina ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. Primo tra tutti gli impatti sull’ecosistema che dovranno essere valutati attentamente. I materiali per la costruzione – in particolare l’acciaio – e la presenza di una faglia attiva a meno di 20 metri dal punto in cui dovrebbe sorgere la parte calabrese del ponte, sono al centro della discussione sulla fattibilità del progetto. Secondo la Società Stretto di Messina S.p.A. però, non ci sarebbero reali pericoli di maremoti o terremoti nell’area.
Un altro aspetto spinoso è quello legale. In caso di interruzione dei lavori, il governo dovrà pagare un risarcimento contrattuale di 1,5 miliardi di euro a Eurolink, il consorzio che si occuperà della costruzione del collegamento. La preoccupazione che il progetto si blocchi c’è anche perché non è la prima volta che accadrebbe.
Da Berlusconi allo Stretto di Messina oggi
I primi progetti dello Stretto di Messina, infatti, non sono recenti, ma risalgono agli anni Sessanta, quando sotto impulso del governo italiano viene fondata la Società Stretto di Messina S.p.A. per valutare la fattibilità del ponte. Sia Democrazia Cristiana che Partito Socialista Italiano spingeranno per la costruzione dello Stretto. Tuttavia negli anni Ottanta a causa di mancanza di fondi e instabilità politica, il progetto non si realizza.
Con Tangentopoli, l’iter di realizzazione si blocca ulteriormente fino al governo Berlusconi. Il leader di Forza Italia sarà il più grande promotore del progetto negli anni Duemila. Nel 2012 il governo Monti sospenderà l’iniziativa per problemi legati al rispetto delle direttive ambientali comunitarie e lo Stretto di Messina rimarrà solo un sogno nel cassetto fino al 2023.
Durante il governo Meloni diversi tentativi e riunioni a più livelli hanno prodotto quello che sembrerebbe un ottimo risultato. A settembre sarà la Corte dei Conti a valutarne la fattibilità economica. Nel frattempo restano molti i dubbi circa la sua realizzazione e la possibilità che, più che un’opera di vanto nazionale, diventi un motivo di disagio con impatti fortissimi sulla mobilità e l’ambiente urbano.