Raffaello Sanzio a Trastevere. Tra lavoro e passione.

La domanda che ci dobbiamo porre oggi, a 500 anni dalla morte sconvolgente di Raffaello, è perché Raffaello oggi ha perso di forza nell’amore e nell’immaginario collettivo della cultura occidentale, dopo essere stato divinizzato per tre secoli almeno come il più grande pittore e artista del Rinascimento italiano.
Generazioni passate hanno visto il Raffaello riprodotto nelle camere da letto delle loro nonne, nei cartelloni pubblicitari.
Oggi forse non si usa più, ma è diventato più che altro pop. Gli angioletti li puoi trovare trasformati in icone vere e proprie sui gadget per ragazzi, le trovi sulle tazze che puoi comprare in giro.
Nelle maglie, sono l’iconico lodo del brand “Fiorucci”.
Da questo punto di vista, Raffaello è nostro. Però nessuno sa che quegli angioletti sono qualcosa di straordinario che Raffaello aggiunge alla Madonna Sistina, che oggi si trova a Dresda.
Egli ha tre grandi committenti della devozione, che sono i cardinali o anche le grandi famiglie che vogliono le sue Madonne, quelle che aveva mostrato di eccellere già a Firenze.
Il Papa ha bisogno di Raffaello per raccontare il proprio trionfo. Giulio II affidò a Raffaello la pittura delle stanze per raccontarne la sua magnificenza . E poi c’è Agostino Chigi.
Chigi è una delle figure forse ancora poco capite del nostro Rinascimento, perché è un committente di tipo nuovo, non è un politico, non è un teologo, quindi non appartiene al clero colto raffinato. Probabilmente era un uomo che individuava nello sviluppo della cultura anche la propria emancipazione sociale. Quindi è un uomo nuovo in quel tipo di società . Con Agostino Chigi, Raffaello toccherà uno dei momenti più felici della sua produzione: gravida di immagini sacre, esotiche, e pagane.
Il Chigi gli affido il suo palazzo facendoli giurare che ne avrebbe fatto meraviglia.
Un ingresso dal giardino nel versante settentrionale, quindi il versante che guardava il Vaticano di fronte ai meravigliosi giardini, che in parte sono stati ricostruiti, ma che in parte hanno un assetto diverso, perché ovviamente non c’era nulla di permanente. L’area era diversa da quella attuale. La loggia di Amore e Psiche: 1200 elementi iconografici vegetali, ma soprattutto ci sono 70 specie diverse di flora. L’organizzazione di tutto lo schermo botanico è articolatissima.
Altro strumento che meravigliai e di grande importanza dal punto di vista della storia e della scienza: è il fatto che questo sia il primo luogo in Europa dove abbiamo la testimonianza dell’introduzione di piante americane a meno di vent’anni dal ritorno di Cristoforo Colombo. Troviamo diverse zucche, il mais, fiori, il cacao, e altre piante sacre alle popolazioni americane. Meraviglia, dimostrazione di potere lusingano e infervorano di orgoglio il Chigi. Ma il palazzo non è ancora finito, e l’artista di Urbino si rilassa per Trastevere in cerca del piacere, che sempre caratterizzò la sua esistenza.
Immaginare Raffaello camminare innamorato per i vicoli di Trastevere ma sobbarcato dal lavoro, è un’ immagine assai contemporanea.
Un ragazzo come tanti che unisce lavoro e piacere in uno dei quartieri più galeotti della città eterna:
lui è uno dei più grandi artisti del Rinascimento, conosciuto in tutto il mondo, nato ad Urbino il giorno di venerdì santo del 1483, figlio di un celebre pittore, Giovanni Santi, che lavorò alla corte dei Montefeltro. È allievo del Perugino e amico del Pinturicchio. Dopo aver compiuto viaggi tra Firenze e Siena, si trasferisce a Roma, dove realizzerà i suoi più grandi capolavori per volere di Papa Giulio II e di Papa Leone X, due papi diversissimi che lo amarono.
Lei è Margherita Luti, una giovane di origine italiana, figlia di un fornaio di Trastevere. Il soprannome “La Fornarina” deriva proprio dal mestiere del padre. Secondo la leggenda, Raffaello e Margherita ebbero una tra le più appassionate storie d’amore di tutti i tempi. Raffaello si innamorò di Margherita al primo sguardo, mentre lei si stava pettinando i capelli dietro il vetro della finestra, tra le strade di Trastevere, esattamente in via Dorotea 20, angolo di Porta Settimiana.
Raffaello chiese con insistenza al committente, il banchiere Agostino Chigi, di avere con sé la sua amante, minacciando di non portare a compimento il lavoro. Margherita diventò la sua musa e ispiratrice dietro ogni suo quadro. È protagonista della “Velata”, della “Madonna della seggiola” e di quella di Foligno. Il suo volto ritorna anche nella “Trasfigurazione”, la sua ultima opera.
Il suo più celebre ritratto, conosciuto come “La Fornarina”, non aveva un committente, ma fu realizzato da Raffaello per se stesso e conservato nel proprio studio fino alla morte. La Fornarina è raffigurata come una Venere pudica, ma con un gesto di dolce e immediata sensualità. La scienza moderna ha confermato che la Fornarina è stata lavorata in due momenti differenti, sostituendo o celando alcuni particolari.
La Fornarina è adornata da un bracciale sul quale si legge chiaramente la firma elegante in oro Rafael Urbinas chiaro segno di possesso, simbolo erotico e di eleganza.
Il giovane artista lascia una produzione immensa ed un’eredità che è obbligatorio raccogliere.
Muore dopo quindici giorni di febbre alta a soli trentasette anni a causa forse di una malattia sessuale.
Margherita, la Fornarina che in seguito sposò si chiuse straziata dal dolore in convento per il resto della sua vita.
Né Leonardo né Michelangelo avevano quella capacità che rende Raffaello il primo dei moderni, riunire accanto a sé i migliori. La sua bottega farà scuola nel mondo per secoli.