“Gesù, che fatica!” La traduttrice e la curatrice di “S. La nave di Teseo” raccontano la complessa realizzazione della straordinaria opera di J.J. Abrams alla Casa delle Traduzioni
Se “Gesù, che fatica!” è stato il commento di un lettore di fiducia della Rizzoli dopo averne concluso solo la lettura, possiamo immaginare cosa abbia potuto esclamare chi si è ritrovato nella scomoda posizione di dover realizzare materialmente un volume singolare e tecnicamente complesso come “S. La nave di Teseo”.
Probabilmente ne avete sentito parlare, perché la sua pubblicazione non è certo passata inosservata, e quasi sicuramente conoscete il suo ideatore, il celebre J. J. Abrams, regista, produttore e sceneggiatore, noto ai più per essere il creatore di varie serie tv di culto come Lost e dell’ultimo capitolo della saga di Star Wars. Nato dall’idea dell’osannato J.J. ma scritto dal romanziere Doug Dorst, “S. La nave di Teseo”, edito nella versione italiana da Rizzoli Lizard nel novembre 2014, è un libro complesso che, come hanno spiegato la curatrice e la traduttrice, ieri protagoniste di un piacevole e interessante incontro presso la Casa delle Traduzioni di Roma, ha richiesto un notevole impegno e procurato qualche difficoltà.
Sebbene fresco di ristampa (la quarta), il volume ha la forma e le sembianze di un vecchio libro. Si tratterebbe infatti del romanzo incompiuto, pubblicato negli anni Cinquanta, di un misterioso autore sulla cui identità iniziano a indagare due lettori, Eric e Jennifer, che si appassionano alla faccenda. I due ragazzi comunicano tra loro indirettamente, attraverso le note e gli appunti che scrivono ai margini del testo portante. In questa sorta di metalibro, alle annotazioni dei due ragazzi si aggiungono le note a piè di pagina del traduttore del romanzo e una serie di inserti e allegati (fotografie, tovaglioli scritti, telegrammi, ritagli di giornale) che forniscono indizi importanti per poter risolvere l’enigma racchiuso nel libro.
Enrica Budetta, che dal 2009 traduce dall’inglese e dallo spagnolo per i più importanti editori italiani, ha evidenziato gli aspetti più significativi del libro dal punto di vista linguistico e le difficoltà incontrate nella realizzazione della traduzione, dovute principalmente alla sovrapposizione dei diversi livelli del testo, al doversi, per esempio, destreggiare continuamente tra la lingua arcaizzante del testo principale e il linguaggio contemporaneo dei due ragazzi. La traduttrice si è poi soffermata sulla complessità di rendere in italiano la natura ibrida della lingua parlata dal personaggio del comandante Maelstrom, problema che ha efficacemente risolto inventando un idioma che altro non è che un miscuglio di varie lingue di popoli storicamente legati all’arte marinaresca (portoghese, veneziano, genovese etc.). Particolarmente laboriosa è stata anche la resa dei numerosi codici e messaggi cifrati disseminati nel volume, che è stato necessario decriptare, interpretare e riprodurre in italiano.
Enrica Budetta ha voluto evidenziare come nel libro si sia lasciato ampio spazio al rapporto tra l’autore fittizio e il suo altrettanto fittizio traduttore che, come Eric e Jen, finiscono in qualche modo per intrecciare un dialogo ideale attraverso le note a piè di pagina. Per quanto l’immagine del traduttore che emerge da “S. La nave di Teseo” sia poco credibile, poiché sorta di figura “prebabelica” capace di tradurre agilmente da e verso innumerevoli lingue, la Budetta ritiene che Abrams abbia voluto rendere omaggio alla professione del traduttore letterario, facendo emergere con nettezza i due elementi che ne guidano il lavoro, ovvero l’amore e la cura.
Francesca Martucci, che insieme a Elisabetta Sedda ha seguito tutte le fasi della realizzazione del libro, ha spiegato il modo in cui si è proceduto con la costruzione tecnica del volume. Ha evidenziato le differenze che intercorrono tra l’edizione americana, francese e italiana, e ha spiegato ad esempio come in quella italiana si sia riusciti a restituire l’effetto di veridicità e verosimiglianza delle note a margine. Per la creazione delle annotazioni, lo studio grafico a cui Rizzoli Lizard si è affidata per l’occasione ha creato ben dieci pennelli diversi in Photoshop. Le note sono state riprodotte manualmente tramite tavoletta grafica, poi si è passati a realizzare il lettering al computer.
“La nave di Teseo”, per il modo in cui è stato concepito e costruito dai suoi autori, è una vera e propria dichiarazione d’amore al libro in quanto oggetto. “Miracolo della cartotecnica”, sfrutta tutte le potenzialità del libro nella sua dimensione più fisica, analogica e cartacea, per offrire più che una semplice lettura, un’esperienza il più possibile multisensoriale, che arriva, nell’edizione originale, a coinvolgere oltre alla vista e al tatto, anche l’olfatto. Sembra infatti che la versione americana odori di libro vecchio.
20 febbraio 2015
di Cristina Nicosia