Il Derby è giallorosso: Roma-Lazio 2-1.

Partiamo dalle conferme: la Roma è forte. La Roma non è quella squadra bistrattata dai media, quella squadra che sì, si è trasformata rispetto allo scorso ma che ha una pelle difficilmente scalfibile e un’anima ben definita, merito di quell’allenatore che l’ha presa tra mille dubbi e che, col carico di pazienza che bisogna avere a Roma, l’ha portata a vincere un derby difficile, rendendo allo stesso la vittoria una cosa talmente normale che a fine partita tutte quelle dicerie sul fatto che la Roma fosse più debole dello scorso anno, orfana dell’allenatore più forte del mondo, magicamente sono spirate via. E Di Francesco è tornato al centro del villaggio, lavorando con quella dose d’umiltà che non ti porta a buttarti avanti per non cadere indietro ma che ti fa realizzare le tue idee di calcio. La vittoria di ieri è sì della Roma, perché la Roma viene sempre prima di tutti i suoi protagonisti, ma stavolta Di Francesco un posticino d’onore se lo è meritato, annichilendo una squadra, la Lazio, che veniva da 6 vittorie consecutive e 32 reti in campionato. Una Lazio che ha, rigore escluso, tirato seriamente verso la porta – e tra l’altro senza inquadrarla – una sola volta con Parolo nel secondo tempo, nonostante una linea offensiva altissima e composta da quattro calciatori. E la Roma non si è snaturata per contenerla, affatto. Si è plasmata sulla pelle dei laziali e allo stesso tempo ha sviluppato quello che sa fare, giocando in verticale contro chi crea la profondità, aggredendo più in alto dell’avversario, combattendolo ad armi pari ma con individualità indubbiamente più forti. Perché l’organico della Roma, sminuito da agosto, sembrava esser diventato più debole della Lazio; c’era addirittura chi si stupiva positivamente dell’attuale posizione in classifica dei giallorossi, come se avere in squadra – prendendo ad esempio un giocatore per ogni ruolo – Alisson, Manolas, Nainggolan e Dzeko la mettesse alla pari di una Fiorentina qualsiasi (con tutto il rispetto per la Viola).
I 97 minuti totali hanno parlato chiaro, i calciatori biancoazzurri e Simone Inzaghi, nonostante gli si debba riconoscere un ottimo lavoro svolto fin qui, sono tornati sulla terra dopo aver sognato (ma è anche giusto che sia così) di battere la Roma e combattere per qualcosa più grande di loro. Ma loro non hanno Radja Nainggolan, il supereroe con la Lupa sul petto che si carica gli orchestrali con tutti gli strumenti e li porta a suonare una sinfonia dove tutti mordono tutto, dove il centimetro in più è l’unica cosa che conta – Al Pacino dixit – e la vittoria riporta la normalità rispetto ai valori visti in campo.
Ed è già la vigilia di un qualcosa di altrettanto importante, perché la Roma mercoledì volerà a Madrid nella sfida decisiva per il proseguo in Champions League, un sogno all’epoca del sorteggio. Ma il calcio è bello anche per questo, smentisce i saccenti e zittisce gli scettici.
Nel frattempo Di Francesco è tornato al centro del villaggio e ci ha portato tutti i suoi allievi, alzando il vessillo della Roma dove è più giusto che stia, lì in alto. E sopra la Lazio.
Meritano 2duerighe
[su] Nainggolan: Martinez non lo convoca perché ogni tanto fuma. Sembra una barzelletta ma non lo è
[giu] Luis Alberto: a centrocampo cerca ancora la sua posizione, chiuso ovunque dai 3 dobermann giallorossi.
ROMA – LAZIO 2-1
MARCATORI: 4’ st Perotti rig., 8’ st Nainggolan, 27’ st Immobile rig.
ROMA (4-3-3): Alisson, Florenzi, Manolas, Fazio, Kolarov, Nainggolan, De Rossi, Strootman, Perotti, Dzeko, El Shaarawy Allenatore: Di Francesco.
LAZIO (3-5-1-1): Strakosha, Bastos, De Vrij, Radu, Marusic, Parolo, Leiva, Milinkovic-Savic, Lulic, Luis Alberto; Immobile Allenatore: Inzaghi.
ARBITRO: Rocchi