Generazione Derby, passioni senza tempo – Vite Biancoazzurre
La partita che consegna le chiavi della città ad una tifoseria che si nutre e vive esclusivamente di quest’evento vede, schierate contro, due realtà che nella stagione in corso hanno vissuto, parallelamente, contrastanti e altalenanti momenti. Il risultato finale, consegna, al cospetto di migliaia di romani che come ai tempi dell’imperatore Flavio asserragliavano il Colosseo, una Lazio in forte discesa, sfilacciata, e ancora ammaccata dalle beccate dei canarini turchi. La partita delle partite, per una squadra che da pochi anni si é riaffacciata sul palcoscenico europeo, ha un valore assoluto e squisitamente fortificante. Vincere vuol dire avere, se pur per pochi giorni, diritto di parola contro i cugini perdenti.
Che viva di luce propria contornata da un’aura magica la si può facilmente evincere per le vie di principali di realtà contenute ed autentiche come quelle paesane dei Castelli Romani o, ancor di più, in quelle periferiche dell’urbe. Qui si svolge la nostra piccola indagine volta a carpire ed interpretare come da tempo ormai immemore generazioni si tramandano il culto e la sofferenza di sostenere e tifare i propri colori, come legati a filo doppio da cromosomi antenati, in questo caso di colore biancoazzurro.
Sin da piccoli si è sempre sognato giocare questa partita, nei campetti periferici ognuno di noi si è immedesimato nei grandi campioni, gruppi di ragazzini colorano, con magliette e gesti improbabili terreni di gioco, trasformandoli in fatiscenti “Olimpici”. Qui tra urla e risa si alzano voci e giudizi. La palla rotola verso una panchina, si avvicina un bambino paonazzo dallo sforzo e dalle troppe merendine mangiate, Walter: “ Vince la Lazio, je ne famo tre, ne segna due Klose poi Hernanes, vado allo stadio con papà ho già pronta la sciarpa“, incuriositi i suoi compagni si avvicinano e gli danno man forte, Jacopo:” Vinciamo noi, loro stanno 3 punti sotto e non so boni”, mostrando l’album di figurine con attaccati a testa in giu i giocatori della Roma. Filippo vestito Macron dalla testa ai piedi esplode: “La Lazio vince 2 a 0 segnano Candreva e Klose, mi sono scommesso il posto sull’autobus vicino al finestrino”. Sicuri dei loro pronostici riprendono a correre e simulare come verranno siglati i gol.
La spensierata immaginazione unita a fervente speranza è tempestivamente smorzata dai pareri di ragazzi che, tra una lezione e l’altra, all’Università non perdono lo spirito goliardico dello sfotto, ma che davanti a richieste di pronostici, tra riti scaramantici, non si pronunciano, memori di derby persi e sofferti. Claudio: “la settimana del derby la vivo con sofferenza mistica che ha dello zen, bruciano i molti derby persi forse quello più amaro fu quello perso 3 a 0 credo segnarono Balbo e Fonseca”. Interviene Max: “E perchè quello in cui c’hanno bastonato 5 a 1…spero di togliere presto l’onta senno chi li sente,” e all’unisono: “però quello di Paoletto e di Klose al 94’…che goduria!..spero risucceda”. Una voce fuori campo urla, “Ragazzi dovemo anna’ a lezione”, gli fa eco Marco: “piame il posto entro dopo stamo a parla’ de Lazio”,e prosegue: “il derby non lo vedo per scaramanzia mi chiudo in camera con la birra e aspetto, ricordandomi del derby vinto 3 a 1, quello magico di Mancini,Casiraghi e Nedved, il primo del grande slam…forse pure sta volta…”e si aggiusta il cavallo dei pantaloni. Del pronostico non si parla, ma si preparano solo simpatiche rappresaglie in caso di vittoria.
Chi di battaglie ne ha viste tante e non solo calcistiche, propone un ottica così amaramente veritiera seconda solo a Schopenhauer. Un simpatico quartetto di anziani si gode il primo sole primaverile tra un goccio di vino e una partita a carte. Romano, grande laziale , ex abbonato curva nord: “Ormai si gioca solo per soldi, i veri valori sono finiti, ora provo tanta pietà per quelli che vanno allo stadio solo per menarsi. La mia Lazio è inferiore alla Roma, ma nei derby ci siamo sempre fatti valere”,conclude lanciando un monito: “Spero solo che sia una partita dell’ amicizia con i giocatori che si stringono la mano alla fine, tra di noi se vinciamo c’e’ una ripicca che è solo ironica, al massimo ci pagano da bere”. Armando: “C’è tanta corruzione nel calcio per me e tutto combinato, però il primo che segna vince e speriamo di essere noi!”. La triste constatazione viene smorzata da Francesco: “Si è vero non è più come ai tempi belli, 15 20 anni fa, però io lunedì sera mi preparo una boccia de vino bianco e una de rosso perche la Lazio je ne fa 3″. Scoppia l’ilarità tra quel simpatico gruppetto, che riprende a giocare a carte rimembrando momenti gioiosi e goliardici in compagnia della loro squadra, che potrà vincere o perdere, giocare bene o far ridere, ma una cosa è certa: al mondo poche cose riescono a far star insieme, ad unire cuori, a gonfiarli di gioia o di dolore come una squadra di calcio, come il Derby, come la Lazio.
Damiano Rossi (Redazione Frascati)
8 aprile 2013