Nel basket la “Superlega” esiste già ma il grande spettacolo è per pochi
Lo scontro tra club e Federazione ha generato enorme confusione e accontentato soltanto i club più facoltosi
Non intendo, in questa sede, addentrarmi in noiosi tecnicismi (che neanche conosco alla perfezione) ma, al contrario, offrire spunti alla discussione sull’argomento che in questi giorni occupa le prime pagine dei grandi giornali internazionali, addirittura a scapito della pandemia: la creazione di una Superlega calcistica, indipendente dalla Federazione. Lo faccio portando all’attenzione il caso del basket che, di recente, ha vissuto una vicenda del tutto simile per la quale il movimento cestistico internazionale sconta ancora gli effetti. Il dispiegarsi dello scontro avvenuto nel basket europeo tra Federazione e club privati rende l’idea di quello che potrebbe attraversare il calcio europeo nei prossimi anni, a meno di vedute più lungimiranti e compromessi favoriti dal coinvolgimento dei Governi, sicuramente più attenti all’industria calcistica e al suo indotto di quanto non lo siano ogni giorno per il basket.
Nel basket, la più prestigiosa competizione europea a livello di club paragonabile alla nascitura Superlega calcistica è l’Eurolega (Euroleague), organismo di diritto privato che, di recente, ha divorziato dalla FIBA (International Basketball Federation), con la quale negli anni passati aveva convissuto grazie ad una sorta di partnership che garantiva il rispetto del merito sportivo. Lo scontro tra Eurolega e FIBA è nato dalla volontà dell’Organismo di creare un sistema competitivo europeo sostanzialmente fondato sulle licenze, relegando al margine il merito sportivo, dal quale oggi si attinge sporadicamente soltanto a parziale compensazione (in sostanza, per attenuare le polemiche da parte dei tifosi dei club meritevoli, ogni anno vengono assegnate un paio di wild card qualora dei club privi di licenze si siano distinti nelle rispettive competizioni nazionali, sempre che soddisfino rigidi requisiti e parametri). In un primo momento lo scontro ha suscitato veementi reazioni da parte delle Federazioni, esattamente come sta avvenendo in questi giorni per il calcio: minaccia di esclusione dai campionati nazionali, impossibilità di convocazione in nazionale, ecc. Alla fine, niente di tutto questo è avvenuto, a parte un contenzioso dinanzi alle istituzioni europee. L’impressione è che le Federazioni abbiano in sostanza fatto un passo indietro e instaurato una tregua fondata però su incertezza, instabilità e vicendevoli colpi bassi (per il momento, però, nessuna sanzione).
Lo scontro lacerante tra Eurolega e FIBA si esprime in una mancanza di dialogo fra le parti, con le conseguenze pratiche di seguito elencate e che ben potrebbero immaginarsi anche per il calcio:
- oggi l’Eurolega stila un calendario che non tiene conto degli impegni internazionali FIBA: in concreto, quando ci sono le pause per le nazionali i migliori giocatori europei non partecipano alle competizioni della nazionale di appartenenza perché contemporaneamente impegnati in match di stagione regolare (o playoff) di Eurolega. Come si può immaginare, lo spettacolo delle nazionali, private dei loro migliori giocatori, è avvilente. L’unico aspetto positivo è il lancio di giovani in queste competizioni;
- può accadere che la squadra vincitrice del campionato sia privata della possibilità di partecipare alla massima competizione europea, in quanto non detentrice né di una licenza né di una wild card gentilmente concessa dall’Eurolega sulla base di parametri negoziati internamente all’Organismo. È accaduto, di recente, alla Reyer Venezia che, pur avendo vinto lo scudetto del basket nella stagione 2018/2019, in quella successiva non ha preso parte all’Eurolega. Alla quale, invece, ha partecipato l’Olimpia Milano, che non si era neanche qualificata alla finale scudetto in quanto eliminata in semifinale dalla Dinamo Sassari con il risultato di 3-0.
- la Federazione internazionale ha reagito allo scontro creando una competizione europea “parallela”, dedicata ai club non partecipanti all’Eurolega. La competizione ha aumentato i premi economici per le partecipanti, ha investito molto sulla comunicazione, ma i rendimenti per i club restano lontanissimi da quelli di Eurolega. La competizione FIBA, denominata “Basketball Champions League” (il nome rappresenta un maldestro tentativo di evocare nei fan il richiamo alla grande competizione calcistica) è teoricamente fondata sul merito sportivo: in realtà, la stessa FIBA concede oggi alcune licenze pluriennali, e qui risiede la grande incoerenza della federazione cestistica, che sembra riconoscere un inevitabile e progressivo scivolamento verso il sistema delle licenze. Il risultato è che oggi nel basket convivono – difficilmente – più competizioni europee, alcune di “diritto privato” (Euroleague e, a dire il vero, anche la meno competitiva Eurocup) e altre sotto il patrocinio FIBA (Basketball Champions League e la – molto – meno competitiva Fiba Europe Cup, peraltro vinta dalla Dinamo Sassari nel 2019);
- le competizioni si contendono i migliori arbitri, con la conseguenza che alcune di queste possono contare sui più accreditati e altre no.
Ne viene fuori un sistema arzigogolato per il quale le nazionali sono al margine (impossibilitate a divenire fattore di promozione dello sport) e il sistema di partecipazione alle competizioni europee è sostanzialmente slegato dal merito sportivo. Il proliferare di competizioni rende impossibile ad un esterno comprenderne i meccanismi. Vallo a spiegare ad un tifoso di calcio che prova ad avvicinarsi al basket come mai la squadra vincitrice dello scudetto non partecipa all’Eurolega oppure perché, quando la nazionale italiana di basket passa in tv (per il vero assai raramente), dei più noti campioni non si abbia alcuna traccia.
Questo è il panorama che anche il calcio potrebbe trovarsi ad affrontare qualora le Parti non pervenissero ad un accordo. Una confusione totale, potenzialmente in grado di minare le fondamenta del sistema. Da un lato, il maggior peso finanziario e politico del calcio fa pensare che le pressioni saranno tali da non poter evitare un’intesa, dall’altro proprio l’enormità degli interessi in gioco potrebbe estremizzare lo scontro. Gli interventi già espressi da parte dei Primi Ministri (Boris Johnson e Emmanuel Macron su tutti) rendono già l’idea di come la tematica sarà affrontata di petto e non lasciata a sé stessa come avvenuto invece per il basket, alla cui vicenda hanno preso parte solo i diretti interessati e gli organi del contenzioso. E chissà che l’interesse delle istituzioni non possa generare soluzioni, auspicabilmente condivise, valide tanto per il calcio quanto per il basket e gli altri sport federali.
Roberto Arcidiacono
@robe_arci