Da grande voglio fare il pastore. La storia di Mirko Roncolato

Yuri Kazepov, professore di politiche sociali sostiene che i ragazzi del terzo millennio sono più flessibili, più dinamici, più aperti a diversità e cambiamenti. Non gli si può dare torto, specie se poi ci si imbatte in storie – decisamente diverse dal solito – come quelle del ventenne veronese Mirko Roncolato. Faccia da angelo, occhi azzurri, capelli ricci biondi. Potrebbe fare il modello, ma ha scelto di fare il pastore.
Mirko è un ragazzo sveglio, lo senti dalla sua voce quando racconta come ha iniziato: “Ho la passione per le pecore” –dice- “come molte persone. Fin da bambino, spesso le vedevo pascolare vicino casa mia e già da piccolo ne ero affascinato. Con il passare degli anni non ho perso questo interesse, anzi posso dire che si sia rafforzato. Ho conosciuto diverse razze e ho imparato molte cose sulle pecore da allora. Però devo dire che tutto è cominciato quando, dopo le scuole medie, i mie nonni mi regalarono tre pecore di razza Brogna, e – con mia grande soddisfazione – iniziai un percorso di piccolo allevamento familiare, costruendomi un recinto dietro la loro casa”.
A Mirko non importa diventare un avvocato, un medico, o un dirigente altolocato. Lui vuole fare il pastore. “Molti, specie tra i miei compagni” – continua – “non hanno mai capito la mia scelta di stare dietro al gregge, la ritengono una cosa strana. Altri finiscono proprio per disprezzarti e questo mi dispiace, ma in fin dei conti mi importa poco. Personalmente vedo molte persone che sprecano le proprie vite stando non facendo niente dalla mattina alla sera. Con le pecore io invece, per la prima volta mi sono messo in gioco. Mi sono sentito responsabile per qualcosa. Avevo la responsabilità di gestire la loro alimentazione, la loro cura, le nascite degli agnellini. Inizialmente mi trovavo spiazzato di fronte a responsabilità così grandi. Ma poi, dopo la morte di una pecora che aveva appena partorito, ho dovuto farmi carico dell’allattamento dell’agnello rimasto orfano, ogni giorno con il biberon di latte vaccino. Mi resi conto che la sensazione di realizzazione che provavo ogni volta che l’agnellino mi vedeva ed iniziava a belare, era una cosa davvero unica. Mi rendeva felice”.
Una sensazione che Mirko continua a provare tutt’ora, oggi che -grazie ad un gentile signore di sua conoscenza che gli ha messo a disposizione un angolo della sua stalla- può continuare a coltivare la sua passione, con la speranza di poter “crescere e di allargare sempre di più il mio gregge, tanto da farne una vera e propria professione”.
“Capisco che sia una cosa “strana” fare il pastore oggi”– continua Mirko- “ma non ci vedo niente di male. Anzi credo sia molto utile recuperare mestieri di un tempo e cercare i conservare le razze animali, come – ad esempio – sto facendo io con la razza Brogna, minacciata dall’estinzione. I miei genitori pur approvando la mia scelta, tante volte sembrano ripensarci e mi vorrebbero a lavorare sotto le dipendenze di qualcuno. Ma a me piace così: la mia felicità sono loro, gli agnellini appena nati, le pecorelle che ti guardano di primo mattino ancora assonnate e belando ti chiedono di uscire all’aperto. E non importa se ci vogliono tante energie, se bisogna uscire anche con la pioggia o sotto la neve, o se c’è l’erba da raccogliere per l’inverno. Quando una cosa ti piace la stanchezza non si sente”.
di Luigi Carnevale
22 gennaio 2014