Ecco dove andrà a finire il patrimonio di Armani

“Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia” Se questo è il patrimonio spirituale che il re indiscusso dell’alta moda italiana ci ha lasciato alla sua morte, anche quello materiale è altrettanto cospicuo. Più di 600 boutique ovunque, 8.700 dipendenti e un gruppo che ha diversificato le attività con i ristoranti e gli hotel di lusso, fino alla Capannina di Forte dei Marmi acquistata poche settimane fa. Come spesso accade quando si parla di patrimoni così importanti, la curiosità si rivolge proprio qui e la domanda sorge spontanea. A chi andrà il patrimonio Armani?
Giorgio Armani ci lascia un impero, ma non un erede diretto. Niente figli, niente coniuge. Non si pone, quindi, la questione della legittima, lasciando allo stilista la possibilità di disporre interamente del suo patrimonio. Lo statuto, già pronto da tempo, sarà reso effettivo con l’apertura dell’eredità.
Tutto studiato nei minimi dettagli
Armani aveva previsto tutto. Neanche dopo la sua scomparsa intendeva lasciare ad altri il controllo di ciò che è sempre stato suo. Fedele al suo stile, anche l’eredità è stata organizzata nei minimi dettagli. Secondo quanto stabilito da “Re Giorgio” il 99,9% di azioni del brand che porta il suo nome sarà suddiviso in sei categorie, dalla A alla F. I soci della categoria A deterranno il 30% del capitale, quelli dalla B alla E il 15% ciascuno, mentre i soci F avranno il 10%. Tuttavia, il vero potere non sarà distribuito in base alle quote azionarie, ma ai pesi dei voti: le azioni A valgono 1,33 voti, le F 3 voti, dunque, avranno insieme il 40% del capitale, ma il 53% dei voti.
L’amministrazione sarà strutturata in modo preciso: i titolari delle azioni A nomineranno tre consiglieri su otto, compreso il presidente; i soci F ne designeranno due, tra cui l’amministratore delegato. A loro spetteranno anche le decisioni più cruciali, come l’approvazione dei piani industriali o le operazioni di acquisizione e cessione superiori ai 100 milioni di euro. Infine, lo statuto prevede un’ulteriore evoluzione: trascorsi cinque anni dall’entrata in vigore del nuovo assetto, sarà possibile procedere con la quotazione in Borsa del gruppo Armani, aprendo così la strada a una nuova fase nella storia del marchio.
Ad esser tramandata sarà anche un’ eredità morale
Nello statuto che regola il futuro dell’impero Armani, non è stabilito solo cosa passerà a chi, ma anche un testamento morale che guiderà i suoi eredi nelle scelte. Il documento indica chiaramente i valori e le strategie che dovranno orientare la gestione dell’azienda. Fondamentale sarà la capacità di mantenere una coerente diversificazione dei diversi marchi aziendali, salvaguardando però l’identità e lo stile che da sempre caratterizzano l’immagine, il prodotto e la comunicazione del brand. Non manca un richiamo alla qualità, all’eccellenza e all’innovazione, elementi imprescindibili per conservare la posizione di eccellenza conquistata nel settore del lusso. Le acquisizioni dovranno seguire un approccio prudente, finalizzato esclusivamente a colmare eventuali lacune di competenze interne, senza mai compromettere l’identità aziendale.
Questo testamento morale rappresenta così la vera eredità dello stilista: non solo un patrimonio economico, ma una guida fondata sui valori di sempre, che assicureranno al gruppo coerenza, stabilità e lungimiranza.