Repubblica di San Marino: storia di una libertà silenziosa

Se è vero che ogni popolo ha trovato nella storia il proprio posto da protagonista lottando, raggiungendo e tenacemente difendendo la propria autonomia, una menzione d’onore va indirizzata a quella che è passata alla storia come “la terra della libertà”: la Repubblica di San Marino, ufficialmente Serenissima Repubblica di San Marino. L’epiteto affibbiato non è certo frutto del caso, e si pone in coerenza con una storia fatta di lotte, rivendicazioni e giochi politici, sempre condotti con l’abilità diplomatica che ha permesso la sopravvivenza della Repubblica più antica al mondo. Il concetto di libertà potrebbe essere definito ontologicamente immanente all’anima dello Stato, per lo meno ragionando con uno sguardo attento alle radici della allora Comunità. Tralasciando le preistoriche testimonianze di civiltà nel castello di Borgo Maggiore, la leggenda rimanda al 257 d.C., quanto un tagliapietre cristiano di nome Marino arrivò a Rimini dalla Dalmazia, trovando asilo sul Monte Titano, luogo sicuro in un tempo segnato dalle persecuzioni volute da Diocleziano. Fu proprio attorno alla figura di colui che passerà alla storia come San Marino che si sviluppò la Comunità, facendo del Monte Titano la propria casa, ricevuto in dono da Donna Felicissima, infinitamente grata a quel tagliapietre che emerse per le sue capacità da taumaturgo, e che riuscì a determinare la guarigione del figlio. Siamo così al principio di un ideale di libertà, spirito indomito di autonomia e inguaribile intolleranza alle ingerenze esterne. È interessante a tal riguardo citare un episodio particolarmente emblematico, che si data 3 settembre 301 d.C., quando Marino, prossimo alla morte, disse: «Relinquo vos liberos ab utroque homine» ossia “vi lascio liberi da ambedue gli uomini”; il riferimento alle due figure è ovviamente quella dicotomia tra papa e imperatore che macchiò di sé larga parte della storia italica. Questa frase fu percepita come il coronamento della missione personale del santo, sopravvivendo nei secoli ed improntando ancora oggi quello spirito di indipendenza che ha saputo nella storia declinarsi, senza mai piegarsi. Sarà però nell’ 885 che avremo, con il Placido Feretrano, il primo documento a testimonianza della vita della comunità sammarinese. Nasce allora la vita di una Comunità, legata ed avvolta alle dinamiche della storia italiana, ma mai dissolta in essa; furono tre i principali tentativi di riannessione del Paese: il primo si data 1503 con Cesare Borgia che per 10 mesi riuscì ad occupare San Marino, fino alla morte del padre Papa Alessandro VI; a distanza di oltre due secoli, nel 1739, è ancora lo Stato della Chiesa, attraverso il Cardinale Alberoni, a tentarne l’annessione, ma decisiva in quella occasione sarà la disobbedienza religiosa -oltre che civile- con il gran coinvolgimento delle monache clarisse e le loro proteste davanti a Papa Clemente XII. Arriviamo in fine in giorni più recenti e proiettiamoci nel 1944, quando ormai l’armistizio è stato firmato, l’Italia è spaccata in due e San Marino vide l’occupazione delle truppe tedesche con tentativo di annessione alla Repubblica di Salò prima, e occupazione alleata poi. Eppure quella comunità unitasi attorno ad un fuggiasco tagliapietre, ha mostrato nei secoli un feroce attaccamento alle proprie radici e un’inderogabile fame di libertà, tanto da porsi ancora oggi come Stato indipendente, non chinando il capo neppur davanti ai moti del ’48, davanti all’unificazione italiana del 1861, davanti ad ambedue le guerre mondiali. Questi eventi furono anzi occasione per dar mostra di tutta la scaltrezza politica di cui il popolo è custode, come quando diede asilo a Garibaldi, circondato da quattro eserciti mentre tentava di raggiungere Venezia: aiuto adeguatamente ricompensato nel 1862 con il primo trattato d’amicizia con il neo-Stato italiano. Ed ancora, non è irrilevante che in occasione del primo conflitto mondiale, le istanze interventiste interne al Paese portarono molti cittadini ad arruolarsi nell’esercito italiano. La fratellanza che lega i due popoli è evidenziata da uno stesso sangue che scorre nelle vene, da una storia comune e da radici profondamente radicate nel tessuto della cultura italiana. L’orgoglio patriottico campeggia ancora oggi alto nelle coscienze dei suoi oltre 30 mila abitanti, sventolando fiero sulla bandiera nazionale e racchiuso in quello sfondo bianco simbolo di libertà, interrotto dalla banda azzurra ad indicare il cielo. È interessante allora riscontrare oggi questo piccolo spazio di autonomia, ampiamente difeso senza mai la pretesa di un’espansione, come quando Napoleone offrì uno sbocco sul mare in segno di amicizia e fratellanza tra i popoli, cortesemente declinato dal Reggente Antonio Onofri, illuminato di lungimiranza politica che è valsa a fugare i pericoli per l’indipendenza dello Stato. E forse in ciò risiede la forza della Repubblica, la capacità di coltivare la propria comunità sulla base degli ideali che ne determinarono la nascita, senza cedere alle trame politiche ed economiche che hanno tolto identità agli Stati, rimanendo coerente e fedele a quel tagliapietre che può, a buon diritto, ritenere di esser riuscito nell’adempimento della propria missione.