La parità tra i sessi, almeno in ambito prettamente emotivo, è stata, è e sarà una delle tesi più false mai sostenute.
Ci sono tunnel emotivi che solo il genere femminile può percorrere. L’uomo sa rispettare gli schemi, è capace di amare oltremodo ma la donna sa portare agli estremi la passione come nessun essere. Che sia un bene o un male, rompere gli argini o fermarsi poco prima del bordo non è importante: in quel frangente, in quel preciso momento della vita conta solo amare e nel caso di Margot Ruddock ne fu l’esempio lampante.
La Ruddock, fiamma d’amore che spense solo la follia mentale, fu una cantante, un’attrice, poetessa con un solo libro edito, The Lemon Tree (edito in Italia per Edizioni Magog con il nome di Vita, l’assalto), fu soprattutto l’ultima musa ispiratrice di un quasi settantenne W. B. Yeats.
Margot ne ha ventisei, il Nobel sessantanove, lei ama da Donna… in un tempo piccolo rende incendiario un sentimento del quale non saprà domare le fiamme. Lui cerca emozioni tra le braccia di altre donne, la giovinezza poetica non serve più, Yeats vuole chiudere definitivamente il loro rapporto e le sinapsi della Ruddock ardono in pochissimo tempo.
Margot impazzì d’amore.
Iqbal in una sua opera scrisse “la vita è sincerità e purità, la vita è crescita e impulso. Dona a questi sdolcinati l’amaro di una forte passione”, Vita, l’assalto è la dimostrazione poetica della frase del filosofo pakistano.
In apertura della raccolta, Il cigno freddo ci fa già capire di che pasta umana è fatto quel diamante grezzo della Ruddock
“…pregavo che la morte mi facesse visita in quello stato d’estasi che non ammette grida, che annienta il dolore”.
Per la morte Margot dovrà aspettare il 1951… per il dolore molto meno, voleva raggiungere Yeats a Palma, nella tappa a Barcellona si arrampicò su una finestra per poi cadere attraverso un tetto di una panetteria; la morte no, il dolore si.
Ho sempre pensato che l’arte, quella pura, sia una sorta di salto verso un angelico cielo che puntualmente termina con lo schianto verso l’inferno; nel caso di Margot lo schianto è solo verso il terreno, i demoni, seppur alimentati da spasmodico ed impossibile amore, già si erano impossessati della sua mente.
In acqua sacra la penna della Ruddock è praticamente inconscia (nemmeno troppo) autobiografia
…la via è sfrangiata
realtà
tra sangue e pianto
per inseguirti.
Il susseguirsi di altre brevi poesie che compongono l’opera non deve essere letto in chiave prettamente tecnica, gli “sleghi” poetici ci sono ma possono deviare l’attenzione del lettore. La vera poesia del libro è la stessa Ruddock… il resto è esercizio stilistico.