La persona giusta, al momento giusto, nel paese giusto: Frederick De Klerk

È vero che nella mia giovinezza ho sostenuto sistemi separati. Ma in seguito, mi sono scusato in diverse occasioni con la gente del Sud Africa per il dolore e l’umiliazione che l’apartheid ha significato per le persone di colore in Sud Africa.
(Willem De Klerk)I grandi eventi storici hanno molti padri.
(Sergio Romano)
Lo scorso 11 novembre all’età di 85 anni è deceduto Frederik Willem De Klerk.
Le attuali generazioni scoprono i valori della giustizia sociale guardando in streaming serie tv come “La casa di carta” o ascoltando i loro rapper preferiti, ma probabilmente non conoscono né possono immaginare come la storia più recente sia stata contraddistinta da due agguerriti antagonisti, i cui appassionanti intrecci politici e personali hanno segnato un’epoca.
Uno dei due antagonisti si chiamava Frederik Willem De Klerk, è stato Presidente del Sudafrica dal 1989 al 1994 e Premio Nobel per la Pace nel 1993. Invero è necessario riconoscere che la notizia della sua morte è stata data marginalmente dai giornali nazionali e che nei programmi scolastici è solitamente oscurato dal gigante della storia del Sud Africa e leader mondiale nella lotta contro le discriminazioni razziali, che fu Nelson Mandela, pur avendo de Klerk, suo avversario di una vita, condiviso con lo stesso Mandela il Nobel per la Pace.
Segnò la storia, l’annuncio del neo Presidente De Klerk al Parlamento sudafricano in occasione della riabilitazione del partito democratico African National Congress, degli altri movimenti e della liberazione di Mandela, – condannato all’ergastolo con un’accusa di sabotaggio nel 1964 e liberato settantunenne dopo 27 anni, sei mesi e sei giorni di carcere.
Tuttavia, nel 1990, da poco instauratosi De Klerk al vertice del Paese, la presidenza era di fatto ancora in mano ad un uomo bianco che aveva accanitamente rappresentato gli interessi degli Afrikaner, (i sudafricani di origine olandese) ed era stato il capofila dei falchi del National Party, l’estrema destra nazionalista che nel passato aveva appoggiato la segregazione tra bianchi, coloured e neri Bantu.
Il neo Presidente aveva edificato una carriera difendendo il regime razzista. La sua strada politica era cominciata nel 1972 ed era stata segnata da numerosi eventi drammatici come le sanguinosissime rivolte di Soweto o il decreto governativo che obbligava l’utilizzo delle lingue inglese e afrikaans (dialetto germanico proveniente dall’olandese) nelle scuole nere. Eletto al Parlamento con il Partito Nazionale sudafricano, diventò ministro nel 1978 e si formò in quell’ambiente che alimentava la maggior parte delle politiche di segregazione razziale. Sono gli anni della foto simbolo del corpo senza vita di Hector Pieterson un bambino di dodici anni ucciso il 16 giugno 1976 dalla polizia sudafricana durante la più sanguinosa delle rivolte della township di Johannesburg Soweto insieme ad altre 575 vittime. Da allora ogni 16 giugno si festeggia la Giornata del bambino africano, in ricordo di Hector e dei giovani sudafricani che hanno contribuito ad abbattere il regime di apartheid, sacrificando la propria vita.
L’apartheid ha rappresentato la misura delle aspettative della minoranza bianca e De Klerk ne era stato un perfetto modello.
De Klerk è oggi ricordato come un traghettatore, colui che ha smantellato l’apartheid e revocato le leggi razziali, come l’uomo che ha riabilitato il partito democratico dell’African National Congress, ha supervisionato la fine del governo di minoranza bianca, tolto le limitazioni alla stampa e dopo anni di feroce opposizione politica, liberato dalla prigionia Nelson Mandela.
L’attuale presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, nelle sue condoglianze alla vedova di De Klerk ha commentato che la notizia della morte dell’ex leader: “spinge tutti noi a riflettere sulla nascita della nostra democrazia”.
Come è possibile tutto ciò?
Nel 1990 De Klerk fu nominato alla guida di un Paese che si trovava in un drammatico stato di emergenza, sull’orlo di una crisi civile e di un’imminente dittatura. Trentamila tra persone incarcerate e torturate, la stampa costretta a chiudere, l’epidemia di HIV diffusa con oltre un milione di sieropositivi. La storia del neo Presidente prosegue parallelamente agli accadimenti personali e politici del suo avversario nero, Nelson Mandela, dalle rivolte delle baraccopoli di Soweto degli anni ’70, al Nobel di cui sono stati insigniti entrambi, fino alla morte di “Mandiba”(soprannome di Mandela) annunciata il 5 dicembre 2013 all’età di 95 anni.
Per raccontare ai più giovani cosa mobilitò la strategia di De Klerk è necessario tenere presente chi è stato per lui Nelson Mandela e le due società alte e basse a confronto che si sono prima ferocemente scontrate e infine incontrate. Il neo Presidente bianco al momento dell’elezione incarnava l’esempio ideale di coincidenza tra l’individuo e le circostanze: la persona giusta, al momento giusto, nella situazione giusta.
Gli studiosi della mente umana che approfondiscono il tema della leadership e delle masse, hanno sviluppato tra le altre anche una teoria detta della contingenza, secondo la quale “capo” non si nasce ma al contrario la leadership possiede un carattere evolutivo, è una questione di opportunità, nulla di più lontano dall’entità a sé stante delle vecchie teorie individualistiche che sostenevano l’eroe e il leader come una divinità.
Frederik De Klerk, in parte dimenticato anche in patria, considerato dai neri superato residuo del passato e da molti “suoi” afrikaner un traditore, si è trovato al centro di uno scenario politico internazionale dal quale era impossibile prescindere. La sua presidenza fu al centro di un effetto domino geopolitico che caratterizzò, con tutto il suo peso e fascino storico, quell’epoca cruciale.

Tutto ebbe inizio tra il 1986 e il 1989 quando l’allora Presidente dell’Unione Sovietica, Michail Gorbaciov nel corso delle celebrazioni per il quarantesimo anniversario della fondazione della repubblica democratica tedesca si scontrò con il dissenso pubblico ma ordinò ai carri armati di restare in caserma nella progressiva convinzione della necessità di riforme e manifestazioni democratiche.
La crisi dello stato comunista tedesco alimentata dal cancelliere della Repubblica Federale Helmut Khol e la conseguente unificazione ebbero inevitabili ricadute sugli affari europei come la caduta del muro di Berlino e l’effetto di accelerare la crisi dell’Unione Sovietica e dei regimi comunisti.
Con l’implosione dell’Unione Sovietica tutto si velocizzò, si trattò di un processo che a livello globale rimise in discussione ruoli, strategie, obiettivi, relazioni, zone di influenza. La definitiva decomposizione della Cortina di Ferro non fu un affare solo europeo, il crollo del Muro di Berlino e il trattato sull’unione monetaria e sociale delle due Germanie venivano da lontano e da quell’ordine mondiale del dopoguerra ormai in bilico e arrivarono altrettanto lontano.
Nell’emisfero australe ebbe luogo il passaggio politico destinato a diventare uno degli eventi più importanti del secolo: la fine dell’apartheid con la salita al potere di De Klerk il 6 settembre 1989 e la trasformazione insieme con Nelson Mandela del Sudafrica in una democrazia.
Il divario tra i due leader, colmato nel passaggio delle consegne, attraversò un lungo e delicato processo diplomatico di risanamento, seguìto da numerosi negoziati segreti. De Klerk decise che il razzismo non poteva più funzionare e Mandiba che lo nominò anche suo vicepresidente una volta alla guida del Paese, lo considerò sempre un rivale, tra di loro la cultura del sospetto non fu mai di fatto sopita.
Caro nativo digitale, i fatti storici dell’apartheid sono stati magistralmente romanzati e documentati dagli scritti del premio Nobel Nadine Gordimer, la cui casa, tra l’altro, fu teatro dei memorabili incontri tra De Klerk e Mandela per la costruzione degli accordi di pace, e dalla pellicola del 2009 di Clint Eastwood regista due volte Premio Oscar che descrisse perfettamente in Invictus il pragmatismo politico e l’inesorabile crescendo di intenti di quel cruciale momento. I romanzi della Gordimer e il film di Eastwood donano intensità e realismo artistico alla strategia dei negoziati messi in campo per abbattere definitivamente l’apartheid, che ha significato letteralmente separazione e politica di segregazione razziale istituita nel 1948 dal governo di etnia bianca del Sudafrica, e rimasta in vigore fino al 1991.
Il film Invictus raccontando uno spaccato poco noto della storia dei negoziati intrapresi per riunificare il Paese in occasione della Coppa del Mondo di rugby a Johannesburg nel 1995, illustra tutte le capacità del leader e guida carismatica Nelson Mandela, abilità che solo passando attraverso una cultura di comunità, di buon esempio, di assunzione di responsabilità e di incoraggiamento senza ordini precostituiti avrebbe potuto orientare lo sguardo del mondo intero verso l’evoluzione nazionale con basi solide per sopravvivere.