Tra riti e magia, il calcio raccontato da Francesco Fasiolo

Il calcio è lo sport probabilmente più seguito ed amato sull’emisfero terrestre, difficilmente
troveremo una persona che non abbia mai visto almeno uno spezzone di partita o non abbia mai
dato un calcio ad un pallone. Francesco Fasiolo nel suo “Calcio magico”, uscito per edizioni Ultra
Sport, ci descrive una faccia diversa di questo sport, dietro quel pallone di cuoio infatti, oltre le
regole del gioco e l’economia che ne è derivata con il passare degli anni, esiste un mondo di rituali
e scaramanzie adottate dai suoi protagonisti e non solo.
Ciao Francesco, partiamo subito con una domanda sul libro, com’è nata l’idea di descrivere
quest’aspetto del calcio?
Da diverso tempo raccoglievo articoli sulle scaramanzie dei protagonisti del mondo del calcio – che
fossero il polpo Paul che “azzeccava” i risultati delle partite o i rituali raccontati da grandi star
come John Terry – , mi hanno sempre incuriosito. Pian piano ho cominciato a pensare che oltre a
raccoglierli, questi episodi dovevano essere in qualche modo analizzati, spiegati. Insomma, leggere
che un giocatore di alto livello può arrivare a compiere una precisa e immutabile sequenza di
decine di gesti rituali prima di una partita è di per sé un aneddoto particolare, spesso anche
divertente. Ma se questa ritualità è calata in un contesto che è quello delle squadre quotate in
borsa, degli affari miliardari, del marketing e degli sponsor, allora la cosa si fa interessante anche
dal punto di vista antropologico: il calcio non si presenta come un mondo governato dalle leggi
della razionalità? Perché allora permangono tutte queste scaramanzie? Dopo questa riflessione
alla raccolta di aneddoti si è unito un approfondimento più teorico di impronta appunto
antropologica: io rimango un giornalista e non sono un accademico, ma il tentativo è stato quello
non solo di descrivere il fenomeno, ma di provare a spiegarlo.
Nel tuo libro descrivi episodi scaramantici che vanno da semplici rituali come il bacio sulla testa
di Barthez a quelli con aspetti magari più religiosi come in Brasile ed in Argentina, quale di questi
ti ha colpito di più?
Mi affascina in generale il corto circuito tra la più avanzata tecnologia, una delle massime
espressioni della razionalità, e il mondo dell’irrazionale. E dunque: il fatto che una multinazionale
come Adidas organizzi e dia grande visibilità online alla distruzione del “pullman della sfortuna”
della nazionale francese, simbolo della fallimentare partecipazione dei Bleus al Mondiale del 2010.
Un vero e proprio rito catartico collettivo con finalità beneauguranti in vista del Mondiale 2014.
Ma anche il Borussia Dortmund che realizza un video sul suo canale Youtube in cui raccoglie tutte
le peripezie compiute dal suo portiere Roman Bürki per riuscire a toccare il pallone prima di tutti
gli altri suoi colleghi in campo prima che inizi la partita: un rituale a cui non voleva mai rinunciare.
Oppure la copertura mediatica che il Colonia realizza per Hennes, il suo caprone, mascotte vivente
che accompagna la squadra e la cui vita è seguita da una webcam e raccontata sui social del club
tedesco. Questi e altri sono casi in cui il rituale è rafforzato e amplificato dai media
contemporanei: un vero e proprio incontro tra mondi.
Oltre a riti e magia ti affacci anche sui cambiamenti del calcio dalla sua nascita ad oggi,
cambiamenti che, come tu stesso scrivi, influiscono sia sulla società che sull’economia. La pay tv ed il “calcio spezzatino” stanno spegnendo la passione di una parte dei tifosi, esiste un modo per far rinnamorare quella parte delle tifoserie?
Ci sono delle ricette che si sono dimostrate efficaci. Ad esempio rendere l’”esperienza stadio”
qualcosa di comodo e piacevole porta a recuperare quella parte di pubblico che un po’ si era
disamorata. Gli stadi di proprietà dei club ma anche alcune politiche mirate di contenimento dei
prezzi dei biglietti e di vendita di “pacchetti” di partite (miniabbonamenti ad esempio per i gironi
delle coppe europee) si sono dimostrate buone soluzioni. Penso allo Juventus Stadium ma anche
alla politica sui biglietti che stanno attuando i Friedkin a Roma.

C’è un aneddoto scaramantico che, tornando indietro al momento della stesura del libro,
inseriresti?
Sì. Nel libro ci sono diversi aneddoti legati alla nazionale azzurra, ma ho privilegiato quelli più
recenti e quindi non ho inserito le scaramanzie dei campioni del 1982: Bruno Conti indossava
sempre una catenina che gli era stata regalata dal leggendario “mago di Buscate”; Paolo Rossi ne
aveva ricevuta una in regalo da un amico prima di Italia-Brasile, la indossò per quel match
leggendario e poi non se la tolse più; Tardelli portava sotto i parastinchi il ciondolo di una
Madonna. Col senno di poi avrei inserito anche quelli, se non altro per omaggiare gli eroi Mundial
a 40 anni da quella vittoria…
Hai seguito i mondiali del 2014 in Brasile, un paese dove il calcio è lo sport nazionale, che ricordo
hai di quell’esperienza?
E’ stata un’esperienza molto bella e intensa, che mi ha confermato quanto il Brasile sia un paese
complesso e dalle mille sfaccettature. C’era un forte movimento contrario alla coppa all’epoca,
che contestava i soldi spesi per l’organizzazione del torneo in un paese con grandi sacche di
povertà. Ricordo questo sentimento ambivalente, il tifo per la Seleção e le manifestazioni in
piazza. Io seguivo entrambi gli aspetti, quindi mi è capitato di essere tra gli studenti in corteo e
poche ore dopo allo stadio a seguire proprio il Brasile.
Come scrittore, hai qualche progetto che bolle in pentola?
Sì ed è legato a un altro mio settore di interesse oltre allo sport: i fumetti. Con il collega Andrea
Guglielmino stiamo lavorando a un saggio sul fenomeno dei cosiddetti “Bonellidi”, tutte quelle
testate che hanno invaso le edicole italiane a partire degli anni ’90 sull’onda del successo di Dylan
Dog e di altri personaggi Bonelli. Fumetti che potevano andare avanti per cinque o per più di cento
numeri, di alta qualità o di fattura dozzinale, un vero e proprio mondo che aveva attirato tanti
appassionati e che pensiamo sia il momento di riportare alla luce.
Serie A: ti viene in mente un episodio scaramantico degli ultimi anni legato ad un giocatore?
Mi viene in mente un episodio che racconto nel libro e che trovo molto esemplificativo. Parliamo
di Serie A, anche se in effetti tutto parte non da un giocatore ma da un presidente: Massimo
Cellino, all’epoca alla testa del Cagliari. Inizio campionato 2011: i sardi devono affrontare in casa il
Novara. Il problema è che bisogna giocare il 17 settembre e l’avversione di Cellino per il numero
“sfortunato” 17 è fortissima. Accade così che un comunicato ufficiale del club inviti i tifosi a recarsi allo stadio indossando qualcosa di viola, colore ritenuto sfortunato. La negatività del viola avrebbe
dovuto compensare e annullare la negatività del 17. Ora, dico che questo episodio è
esemplificativo perché non stiamo parlando qui di discorsi privati tra tifosi, ma di comunicati di
club che invitano (seppure con ironia) i propri supporter a indossare uno specifico colore per
rispondere a una presunta data sfortunata. Capite bene che qui nasce un possibile interessante
paradosso: nel fatto che tutto questo accada nel calcio contemporaneo, apparentemente
ipertecnologico e razionale.
Ti ringrazio per il tempo dedicatoci e ti auguro un grande in bocca a lupo per tutti i progetti
futuri.