S. Martino: tradizione salentine e nostalgie
Ero piccola, da sempre questa era la prima festa prenatalizia in casa mia e non solo. Mia mamma trascorreva tutta la giornata affaccendata a preparare il cenone serale:“la carne alla pignata”, carne rigorosamente di cavallo cotta al fuoco del camino con tutti i suoi aromi dal prezzemolo, ai pomodorini , all’aglio, alla cipolla, al peperoncino, all’alloro. Già dal mattino la metteva a cuocere e gli aromi della cottura si diffondevano per tutto il giorno nella casa, poi preparava l’impasto per le “pittole”, dovevano lievitare molto e solo quando tutti erano in casa per la cena si mettevano a friggere, bisognava mangiarle calde, fumanti e se ne facevano di molte tipologie da quelle fritte con il solo impasto di farina, acqua e lievito da inzuppare nel miele riscaldato all’uopo o nel vin cotto, a quelle farcite con il baccalà o le rape, a quelle piccantissime alla pizzaiola con pomodorini, capperi, acciughe, peperoncino molto piccante e olive nere.
Io bambina aiutavo mia mamma a tagliare i pomodorini, a snocciolare le olive e poi la osservavo incuriosita quando, dopo essersi bagnata le mani le friggeva e la prima era sempre la mia.
Mio papà metteva l’arrosto sulla griglia, in primis le “mboggiacate”, involtini di budella, fegato e cuore di agnello, una vera prelibatezza e poi le bistecche di maiale, la salsiccia, l’agnello …
Papà lo spolverava di sale, pepe e vari aromi messi a macerare nell’olio con un filino di aceto e per farlo usava un rametto di rosmarino, poi entrava nel magazzino, mio papà era un produttore vinicolo ed avevamo molti vigneti, sceglieva per il cenone il vino migliore dell’annata , il vino nuovo era quello che si doveva bere in quella serata e poi il finale della cena: le castagne arrostite al fuoco e il loro scoppiettio era già una festa.
Arrivava l’ora di cenare, mia mamma aveva già apparecchiato il grande tavolo in sala da pranzo, non eravamo mai meno di venti, c’erano tutti : i nonni, gli zii, gli amici più intimi e tutti noi bambini che eravamo davvero in tanti e facevamo tanto chiasso, ma nessuno ci diceva mai di stare zitti, c’era tantissima allegria e tutto veniva vissuto con grande partecipazione.
La cicoria fresca, i finocchi e il sedano intinto nel vino chiudevano la cena.
Che bei tempi allora e quanto rimpianto dentro ora che quasi tutti non ci sono più e allora per portare avanti le tradizioni di famiglia,per anni anch’io ho cercato di ricreare quell’atmosfera di festa con i miei fratelli, i miei figli, i miei nipotini, gli amici, sempre con il pensiero a chi non c’era più …
Poi inevitabilmente, la vita che toglie e dona, ha tolto anche a noi : gli amici ad uno ad uno non ci sono più, morti troppo giovani, i fratelli hanno i figli con cui festeggiare, i figli sono lontani per lavoro, altre persone che amavamo non ci sono e allora non c’è più voglia di festeggiare come si faceva.
E’ così triste sentirsi soli quando ti mancano gli affetti più cari e il mio pensiero corre a tutti quegli anziani che questa sera sono soli in ogni parte del mondo e non ci sarà nessuno che cucini per loro un pasto caldo, che chiacchieri e li faccia sorridere e dimenticare , anche se solo per un po’, la loro solitudine e la tristezza dei loro giorni che si trascinano lentamente, dopo aver dato tanto …
Maria Teresa Manta
11 novembre 2014