Elezioni USA. Facciamo il punto
La tanto attesa data del 5 novembre 2024 si avvicina e, con essa, la necessità di fare un punto sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. In alcuni Stati, come in Georgia, Minnesota e Virginia, il voto anticipato, che permetterebbe una maggiore affluenza alle urne e una soluzione per evitare le folle, è già iniziato dal 20 settembre e dal 16 ottobre. Nella lunga lista dei candidati, i principali sono Kamala Harris per il Partito Democratico e Donald Trump per il Partito Repubblicano.
Attualmente, i sondaggi mostrano un vantaggio di Trump su Harris in sei degli stati chiave: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina e Pennsylvania. Gli stati in bilico saranno cruciali per determinare l’esito e Trump ha recuperato terreno rispetto a qualche mese fa. Inoltre, l’affluenza elettorale, soprattutto tra le minoranze come gli afroamericani, sarà determinante. Secondo le previsioni, il risultato potrebbe non essere chiaro immediatamente a causa dell’ampio uso del voto postale, il cui conteggio potrebbe richiedere giorni dopo l’Election Day.
Kamala Harris è attualmente vicepresidente e porta avanti una campagna che si concentra sui diritti civili, il cambiamento climatico e le misure per la classe media. Il suo compagno di corsa è Tim Walz, governatore del Minnesota, noto per le sue politiche progressiste sui diritti civili e la legalizzazione della cannabis. Harris sta cercando di distanziarsi dalla presidenza di Joe Biden, dichiarando che il suo governo non sarà una sua continuazione. Donald Trump, ex presidente, punta su tematiche come la sicurezza e l’immigrazione, criticando Harris per l’inadeguata gestione dell’amministrazione Biden. Trump è supportato dal senatore dell’Ohio JD Vance, un ex marine, noto per le sue posizioni conservatrici su aborto, immigrazione e diritti LGBT+.
Le elezioni saranno un momento cruciale anche per capire quali saranno, dopo il 5 novembre, le sorti dei due conflitti più seguiti dai media negli ultimi anni: la guerra tra Russia e Ucraina e la guerra in Medio Oriente. Kamala Harris sostiene un approccio multilaterale e cooperativo, in linea con la politica dell’amministrazione Biden-Harris. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, Harris è a favore di un forte sostegno all’Ucraina, sia in termini di aiuti militari che economici. Sul conflitto israelo-palestinese, Harris sostiene una soluzione a due stati e un cessate il fuoco, in contrasto con il più aggressivo approccio di Trump.
Trump, invece, si concentra su una politica “America First” e ha più volte dichiarato che terminerebbe rapidamente il conflitto in Ucraina, pur senza spiegare in dettaglio come. Ha criticato l’enorme quantità di aiuti forniti all’Ucraina e suggerito che il conflitto non è una priorità strategica per gli Stati Uniti. Durante la sua presidenza, ha dimostrato una certa simpatia per Vladimir Putin e ha messo in discussione l’importanza dell’alleanza con la NATO.
Per quanto riguarda il Medio Oriente, Trump insiste su una politica di “massima pressione” sul regime iraniano. Nonostante il partito repubblicano provi ad affermarsi come il maggior alleato statunitense di Israele, anche l’ex presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che il conflitto “contro Hamas a Gaza deve finire presto” perché Israele sta “perdendo la guerra delle pubbliche relazioni”. Esattamente come per la guerra in Ucraina, Trump afferma che se fosse stato lui alla presidenza degli Stati Uniti il conflitto non sarebbe mai scoppiato e si concluderebbe in fretta se dovesse essere rieletto.