Stop al gas russo attraverso l’Ucraina

Il 1° gennaio 2025, Gazprom ha annunciato la cessazione dei flussi di gas dalla Russia, attribuendo la responsabilità al rifiuto ucraino di rinnovare l’intesa. L’accordo precedente, siglato nel 2019, prevedeva il transito di 40 miliardi di metri cubi di gas russo all’anno attraverso il territorio ucraino. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha definito lo stop agli accordi sul transito del gas “una delle più grandi sconfitte di Mosca”.
Kiev da diversi mesi aveva messo in chiaro che l’accordo sul transito di gas russo sul suo territorio non sarebbe stato rinnovato, e anche Vladimir Putin nella sua conferenza stampa di fine anno tenuta il 19 dicembre scorso ha messo in chiaro che Mosca aveva da tempo previsto questo scenario. L’Ucraina ha rifiutato ogni prospettiva di dialogo sui flussi di gas per una due motivi. Da un lato, Kiev è in sintonia con i suoi alleati occidentali nel voler cercare di danneggiare la macchina bellica del Cremlino riducendo i suoi introiti. Dall’altro, era diventata insostenibile per l’Ucraina una situazione che vedeva al contempo la Russia far fluire il suo gas sul suo territorio e bombardare infrastrutture critiche come gli impianti di generazione e trasmissione dell’elettricità o gli oleodotti non passanti verso il territorio del Paese invasore con l’obiettivo di mettere in difficoltà le forze armate, l’economia e la società ucraina, esponendo la repubblica ex sovietica al gelo dell’inverno.
La Commissione Europea ha rassicurato gli Stati membri, affermando che l’impatto sulla sicurezza dell’approvvigionamento sarà limitato grazie alla disponibilità di rotte alternative e alla flessibilità delle infrastrutture energetiche europee. Le reazioni in Europa sono naturalmente dovute anche al livello di dipendenza energetica dal gas russo. Ungheria, Austria e proprio Slovacchia, per esempio, sono molto legate a quelle forniture, per vari motivi (sia politici sia contrattuali). “L’Ue è ben preparata” si legge nelle conclusioni delle valutazioni della Commissione europea. E l’esecutivo comunitario indica 4 alternative per sopperire allo stop dei contratti con Mosca. Si parla in particolare di Gnl, il gas liquido, che ha i suoi approdi – specifica la Commissione – in particolare in Germania, Grecia, Italia e Polonia “ma forse anche dalla Turchia“. Secondo la Commissione, insomma, i 14 miliardi di metri cubi di gas l’anno che finora sono transitati attraverso l’Ucraina possono essere completamente sostituiti da importazioni di gas naturale liquefatto e di gasdotti non russi attraverso percorsi alternativi.
Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha lavorato per ridurre la dipendenza dal gas russo, diversificando le fonti di approvvigionamento. Le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) da Stati Uniti, Qatar e Australia sono aumentate, e sono state sviluppate nuove infrastrutture per facilitare l’accesso a fornitori alternativi. Di positivo c’è che l’UE oggi è in una situazione ben diversa rispetto a qualche anno fa: oggi gli stoccaggi sono quasi pieni, il numero di rigassificatori è cresciuto e sono stati trovati nuovi fornitori. Detto questo, il 18% del gas importato dall’UE arriva tutt’ora dalla Russia. A rischio è circa il 6%: sembra poco, ma potrebbe far crescere prezzi già più alti che in passato. L’interruzione delle forniture attraverso l’Ucraina potrebbe comportare un aumento dei prezzi del gas in Europa, con possibili ripercussioni sulle bollette dei consumatori. Alcuni analisti stimano che l’Europa potrebbe affrontare costi aggiuntivi significativi nel 2025-2026 a causa dei prezzi energetici più elevati.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo discorso di fine anno, ha dichiarato: “Che il 2025 sia il nostro anno. L’anno dell’Ucraina. Sappiamo che la pace non ci verrà data come un regalo. Ma faremo di tutto per fermare la Russia e porre fine alla guerra”. Questa dichiarazione riflette la determinazione dell’Ucraina a proseguire nella sua lotta per l’indipendenza e la sovranità, nonostante le sfide energetiche e geopolitiche in corso.