COP 29, in Azerbaijan le energie fossili grandi assenti

La conferenza di Baku del 2024 sul cambiamento climatico, o COP 29, è la 29ma conferenza delle Parti sul Clima organizzata dalle Nazioni Unite.
Si è svolta dall’11 al 22 novembre 2024 e ha visto riuniti più di 200 Paesi.
Quali risultati dal lato energetico?
Per capire l’andamento preso dalla conferenza, dobbiamo prima cercare di capire il Paese ospitante.
L’Azerbaijan è un Paese dalle limitate ambizioni energetiche. Nell’aggiornamento fatto nel 2023 riguardo al suo contributo fissato a livello nazionale (NDC clima), l’Azerbaijan si è posto come obbiettivo una riduzione del solo 40% da qui al 2050 (enerdata.net), salvo ottenere un contributo internazionale.
Per un confronto, altri Stati post-sovietici ricchi in idrocarburi come il Kazakistan, l’Uzbekistan e la Russia hanno adottato obbiettivi zero emissioni per lo stesso periodo.
Il settore energetico genera il 75% delle emissioni gas serra dell’Azerbaijan. Il petrolio e il gas rappresentano il 45% del PIL del Paese, più della metà del gettito fiscale dello Stato e almeno l’85% dei proventi derivati dalle esportazioni.
L’Azerbaijan cerca di frenare il declino della sua produzione petrolifera più che pianificare una rinuncia al suo utilizzo.
Da qui al 2033, il Paese prevede di aumentare di un terzo la sua produzione di gas, per arrivare a 49 metri cubi (contro i 37 miliardi di metri cubi nel 2024). Grazie all’aumento del prezzo del gas, le entrate da esportazioni sono passate da 5,56 miliardi di dollari nel 2021 a 14,99 miliardi nel 2022 e 13,68 nel 2023 (superando per la prima volta nella storia del Paese e entrate derivanti dal petrolio).
Nel 2022, il gas naturale in Azerbaijan rappresentava il 93% della produzione totale di elettricità, mentre le energie rinnovabili non rappresentavano che il 6% (quasi tutto idroelettrico).
L’Azerbaijan, che ha tardato a lanciare lo sviluppo dell’energia solare ed eolica, attua oggi progetti ambiziosi in questi settori, soprattutto in partnership con imprese emirati ne e saudite.
Tuttavia, l’aumento della capacità di produzione di energia rinnovabile a beneficio del mercato nazionale sembra avere come unico obbiettivo la possibilità di vendere più volume di gas al vantaggioso mercato europeo.
L’Azerbaijan è un piccolo produttore di idrocarburi se posto su scala mondiale. Anche su scala europea, essendo il quarto fornitore di gas attraverso gasdotti nell’UE dietro a Norvegia, Algeria e Russia, non rappresenta che il 3% delle sue importazioni di gas naturale.
Ma, anche se non rappresenta una parte importante del mercato europeo, queste piccole percentuali hanno un enorme peso geopolitico.
Di fatto, il Paese diventa una fonte fondamentale per l’approvvigionamento della Regione dalla sicurezza più precaria d’Europa, l’Europa centrale e orientale storicamente dipendente dal gas russo.
Sanzionando questo rodato meccanismo, il 18 luglio 2022, l’UE e l’Azerbaijan hanno firmato un protocollo di intesa per un partenariato strategico in campo energetico.
Il protocollo prevede soprattutto di raddoppiare la capacità del corridoio di gasdotti sudeuropeo, per arrivare almeno a 20 miliardi di metri cubi all’anno a partire dal 2027.
Il primo marzo del 2024, la Commissaria all’energia Kadri Simsonnel riconfermare questo obbiettivo ha detto:” di fronte alla crescente violenza russa e al proseguirsi di una guerra ingiustificata alle nostre porte, è sempre più chiaro che, per l’Europa, non ci sarà un ritorno alla normalità nelle sue relazioni energetiche con la Russia. Questo spazio è ormai occupato da altri partner energetici affidabili e di fiducia. Ed è quello che abbiamo trovato in Azerbaigian (ec.europa.eu)”.
Una dichiarazione dal sapore amaro se si pensa alle due offensive militari dell’Azerbaijan contro le forze armene nell’Alto Karabakh nel 2020 e nel 2023 e le accuse di pulizia etnica che hanno colpito il Paese in relazione alla riconquista di questo territorio.
Cinicamente, a questi territori l’Azerbaijan ha riservato un posto di riguardo nei suoi piani di transizione energetica.
Nell’aggiornamento del suo contributo determinato a livello nazionale, l’Azerbaijan ha annunciato la sua intenzione di rendere queste terre, classificate ormai come regioni economiche di Karabakh e Zangezur orientale “un’area a zero emissioni” da qui al 2050, nel quadro dell’impegno della loro ricostruzione.
L’idroelettrico avrà un ruolo di primo piano, ma sono previste anche centrali solari ed eoliche. Una di loro rappresenta la sintesi delle sfide relative allo sviluppo dei rapporti tra le imprese occidentali e l’Azerbaijan.
La Compagnia britannica BP, produttore di gas e petrolio nel mar Caspio, conta costruire nel distretto di Jebrayil (Zangezur orientale), una centrale solare da 240MW la cui elettricità permetterà di decarbonificare le operazioni del terminal petrolifero di Sangachal che funziona attualmente grazie all’elettricità prodotta dal gas.
Così, un territorio nel cuore di un conflitto che coinvolge l’Azerbaijan sarà messo a profitto per rendere “green” la sua produzione petrolifera e contribuirà al passaggio verso l’obbiettivo di liberare più gas per le esportazioni verso l’Europa.
Ma sul piano della COP 29, quale risultato dal lato energetico?
La conquista più grande derivata dalla COP 28 di Dubai in questo campo, l’appello alla “transizione” verso l’abbandono delle energie fossili, non appare esplicitamente nei principali testi finali presentati a Baku.
Per contro, uno dei documenti pubblicati dalla presidenza azera poco prima la plenaria conclusiva afferma che “i combustibili di transizione possono giocare un ruolo per facilitare la transizione energetica assicurando nel contempo la sicurezza energetica”.
Questa è un’illusione diretta al gas naturale, che abbiamo visto avere un’importanza vitale per il Paese.
Secondo Elnur Soltanov, il viceministro azero per l’energia, incaricato di condurre questa COP 29, l’Accordo di Parigi, in virtù del quale gli Stati hanno concordato di mantenere il riscaldamento climatico sotto i 2 gradi Celsius e idealmente a 1,5 – non vuol per forza dire una riduzione della produzione di combustibili fossili.
Questa visione implica un uso generalizzato della captazione del carbonio.
Constatiamo una continuità con l’approccio “tecno-evolutivo” che aveva caratterizzato la COP 28, un approccio che può essere considerato come una sorta di fuga in avanti.
Gli Europei speravano nella creazione di un dispositivo che permettesse un monitoraggio annuale degli sforzi di transizione verso l’uscita delle energie fossili.
Non lo hanno ottenuto.
Il gruppo arabo dell’ONU Clima è sicuramente più contento, visto che affermava attraverso il rappresentante saudita, Albara Tawfiq, che “non avrebbe accettato nessun testo che prendeva di mira settori specifici, combustibili fossili compresi”.
Emerge però una modesta iniziativa del Paese ospite che riguarda proprio il fossile.
Il Governo azero ha annunciato la nascita di un Climate Finance Action Fund.
Questo fondo di investimento dovrà ricevere contributi finanziari da parte di imprese e Paesi produttori di combustibili fossili e avrà come obbiettivo di investire in progetti che porteranno alla riduzione di emissioni di gas serra e rafforzerà la resilienza agli effetti del cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, i contributi saranno esclusivamente volontari.
L’Azerbaijan cerca di ottenere almeno un miliardo di dollari da almeno 10 attori per capitalizzare il fondo.
Il suo consiglio di amministrazione sarà composto da rappresentanti dei sostenitori.
La creazione di questo fondo rappresenta un primo timido tentativo, nell’ambito dei negoziati climatici delle Nazioni Unite, di attribuire ai produttori di combustibili fossili la responsabilità degli aiuti ai Paesi poveri nel coprire i danni causati dal cambiamento climatico.
La COP 29 si è aperta con un discorso del Presidente azero Ilham Aliev, nel quale definiva le energie fossili un “dono di Dio”. Ma, se le cose non andassero per il verso giusto, il contraccolpo per l’Azerbaijan potrebbe essere molto pesante.
Al di là dell’impatto climatico negativo, lo sviluppo delle capacità di produzione di gas del Paese potrebbe far nascere un rischio importante di progetti potenzialmente già falliti.
In effetti, la fattibilità di questi progetti dipende dalla domanda europea che non è affatto certa.
La domanda di gas naturale nell’UE dal 2022 è in calo, per via di tre fattori: la diminuzione del consumo industriale, dell’aumento dell’efficienza e dell’accelerazione nello sviluppo delle energie rinnovabili.
Gli obbiettivi climatici europei indicano una continuità in questa tendenza.
Inoltre, il diritto dell’UE stabilisce che i nuovi contratti di approvvigionamento in combustibili fossili non possono superare il 2049. Ne consegue l’impossibilità per le imprese europee di concludere degli accordi di approvvigionamento di gas a lungo termine con l’Azerbaijan.
Senza impegno a lungo termine, sarà difficile finanziare l’ampliamento del corridoio sudeuropeo necessario per la distribuzione di maggiori volumi.
Non è poi esclusa la possibilità che gli Europei non siano poi così propensi a sviluppare questi gasdotti, strutture rigide che non permettono la flessibilità negli approvvigionamenti che invece permette il trasporto di gas naturale liquefatto (GNL) attraverso metaniere.
Il trasporto marittimo di gas risponde maggiormente all’interesse degli Europei in una prospettiva di transizione energetica che i nuovi terminal per l’importazione di GNL dell’UE sono solitamente delle piattaforme galleggianti, cosa che permette di renderle soluzioni temporanee (e quindi essere rivendute per il mondo), mentre i gasdotti sono fatti per durare nel tempo.
Se le energie fossili sono state volontariamente dimenticate nei testi finali presentati a Baku, volendo esser la presidenza azera compiacente nei confronti delle posizioni prese dal gruppo dei Paesi arabi, Laurence Tubiana, direttrice della Fondazione europea per il clima, ritiene che la discussione non sia chiusa, ma solo posticipata (connaissancedesenergies.com). Il testo che menzionava la “transizione” verso l’uscita dalle energie fossili, che non è stato adottato durante questa COP, sarà probabilmente discusso nuovamente nella riunione tecnica di negoziati pre-COP che si terrà a Bonn il prossimo giugno.